Recensione di Giona di Alessandro Marenco, edizioni temposospeso.
"Sceso in un fosso per attingere acqua di fonte, Giona si ritrova intrappolato da un grosso masso rotolato improvvisamente. Siamo alla fine del Settecento, non ci sono vigili del fuoco da chiamare, macchine o catene per liberarlo. Giona dovrà organizzarsi la vita, diventando addirittura un personaggio quasi magico. Ne sappiamo di più grazie al memoriale del fratello, Giosuè, più piccolo di lui, che finirà per raccontare anche la sua vita, tra studi in seminario, battaglie sul Montenotte, arruolamenti nella grande armata francese, marce forzate, traversate oceaniche, visioni di isole magnifiche e irraggiungibili. Ma anche l’orrore estremo del campo di battaglia, il ritorno e tutti gli sforzi per liberare il fratello."
Al lettore non è necessario sapere se la storia sia vera o inventata. Dopo avere gustato le prime pagine di questo romanzo, quello che conta è procedere nella lettura. Una scrittura genuina che solletica i cinque sensi, che apre la mente e che emoziona.
L’autore racconta una storia importante di straordinaria umanità e lo fa usando uno stile consono alla vicenda stessa. Si cala in ogni personaggio che risulta vero in pregi e difetti. Il romanzo non è suddiviso in capitoli, ogni parola è frutto dell’altra così come ogni pagina richiama la precedente.
Un romanzo che suscita riflessioni, una particolare: cosa saremo se non avessimo memoria? Perché è la memoria la vera protagonista dell’ultima fatica di Marenco. La memoria, questa funzione psichica che ci permette di ricordare, di immagazzinare ricordi e di assimilare quello che è stato anche se non vissuto da noi in prima persona. La memoria che è frutto dell’ascolto, della conoscenza. Ed è quest’ultima la coprotagonista di questo componimento. La conoscenza, arma fondamentale in ogni ambito della vita umana perché ci permette di crescere, di progredire sia dal punto di vista sociale, culturale, economico, scientifico e soprattutto individuale.
Una storia antica quella di Giona ma che in realtà è una finestra spalancata sul futuro che appare sempre più incerto e più fragile. Duecentoquarantacinque pagine intrise di vita che, per quanto passata, è necessario ricordare. Perché anche il ricordo è un’arma che ci permettere di camminare andando avanti, evitando di inciampare e cadere negli stessi errori commessi da altri.
"Ricevemmo l’ordine perentorio di non avvicinarsi a lui e non dargli nessuna confidenza poiché in quanto negro sarebbe stato sicuramente pericoloso e per i contagi e per l’indole selvaggia e fiera che contraddistingue quella razza. Erano uomini che venivano dall’Africa e che sull’isola furono portati prigionieri per lavorare da schiavi questa terra posseduta dalla Francia. La Repubblica, poi, decise che gli schiavi avessero diritto di vivere come uomini liberi, ma presto si tornò all’uso antico: ‘Troppo selvaggi’, dicevano alcuni, sostenendo che i negri erano al mondo per lavorare, data la loro resistenza e forza, così come i bianchi per comandare i negri. E concludevano che ribellarsi al destino porta sempre a male le cose."
Un piccolo grande capolavoro il Giona di Marenco che attraverso le parole di Giosuè Baccino, pone l’attenzione sul fatto che ci sono vite che, anche se non temerarie, meritano di essere ricordate…
... "Per quanto io ebbi una vita dura e avventurosa, quella di mio fratello merita ancora più della mia di essere raccontata, poiché egli la passò tutta nello stesso paese, e per la maggior parte del suo tempo, tutta nello stesso luogo, ben essendo egli in buona salute, di buona nomina e non sottoposto ad alcun regime o pena detentiva."