giovedì 29 febbraio 2024

Recensione di "Una sola vita infinita" di Mimo Lovanio, edizioni Montag.

Recensione di "Una sola vita infinita" di Mimo Lovanio, edizioni Montag.


“Raimondo, narratore di storie, cercatore di parole e di luoghi, vive nel villaggio di Arboreto, preservato dalla sua ubicazione montana, mondo chiuso, vitale, seppure al tramonto. “Giardino” dei suoi anni giovanili, nel quale aleggiano lo spirito dell’arte e lo spirito della conoscenza. Una ricerca orientata da Azoth, un professore di liceo girovago, che riconosce in Raimondo una curiosità speciale per la bellezza assoluta. Una storia che percorre la natura, le profonde esplorazioni della sua anima, il mistero delle parole, la religione, l’arte, la scienza, il tempo, l’amore, l’universo, Dio, la morte… Fino a che a Raimondo apparirà il senso imperscrutabile della vita: lo spirito creativo delle arti e delle scienze, il segreto impulso, continuo e inesauribile, presente non solo negli uomini, ma nell’intero universo.”

Con una scrittura sicura e una buona tecnica narrativa l’autore cattura il lettore facendolo diventare protagonista di una storia singolare e soprattutto non banale.
Arte e spirito, natura e religione si amalgamano offrendo un “prodotto” di qualità. L’autore con un’ottima padronanza linguistica mescola parole dando un senso compiuto alle stesse, mostra personaggi e ambienti con precisione.
Quanto è importante creare? E soprattutto quanto è fondamentale per vivere appieno la nostra vita? Possiamo insegnare agli altri agli cosa significhi creare? Possiamo portare a galla lo spirito vero della creatività?
«Le cose create dall’uomo, le invenzioni degli artisti e degli scienziati, appartengono al mondo delle idee?» chiese Raimondo.
«Apparentemente sembrerebbe di no» rispose Azoth, «potrebbero sembrare delle “creazioni dell’uomo”. Ma io penso che non sia così. Preferisco credere che provengano dal mondo delle idee, dove le anime sono state e dove le hanno vedute. Gli artisti e gli scienziati hanno il merito di “ricordarle”…»


lunedì 19 febbraio 2024

Recensione di "Immemòriam" di Giulia Depentor, Feltrinelli Editore

Recensione di "Immemòriam" di Giulia Depentor, Feltrinelli Editore


"Visitare i campisanti, leggere le lapidi, osservare le foto dei defunti sono attività piene di sorprese e un modo per conoscere culture e popoli. "In questo libro, una sorta di atlante cimiteriale, vi porterò con me in giro per l’Italia a visitare cimiteri e luoghi legati alla morte, e ve ne racconterò storie, misteri, aneddoti e tradizioni. Andremo di fronte alle tombe di personaggi famosi, esploreremo cimiteri abbandonati su cui circolano strane leggende, ripercorreremo eventi della storia italiana, indagheremo su delitti rimasti senza colpevoli e racconteremo vicende quasi dimenticate.” Se è vero, come dice qualcuno, che i cimiteri sono luoghi fatti dai vivi per i vivi e dove i morti in realtà c’entrano poco, è anche vero che tutte le storie, anche quelle apparentemente insignificanti, meritano di essere raccontate. E le storie, nei cimiteri, non finiscono mai."

Questo libro non poteva che entusiasmarmi. La mia “passione” per i cimiteri è ben nota a tanti. Ognuno, in fondo, ha le proprie di passioni. E il mio ottavo libro parla proprio di questo: della vita nei cimiteri…
Giulia Depentor con una scrittura chiara e al contempo frizzante narra di tombe, di cappelle funebri, di cenotafi, lapidi, loculi, mausolei, sarcofaghi, sepolcri, urne…
Lo fa con disinvoltura senza cadere nella banalità e senza essere mai troppo didascalica. Non ha la presunzione di insegnare ma semplicemente di condividere quello che ha appreso girovagando per cimiteri su e giù per l’Italia e anche all’estero.
Sono tante le cose che racconta e vado a citarvene qualcuna.
Ci narra che a Napoli, oltre al più famoso cimitero delle Fontanelle, è presente quello delle 366 fosse, dove i defunti venivano sepolti in una buca differente l’una dall’altra a seconda del giorno in cui morivano.
Ci rende edotti del fatto che esistono cimiteri dove non c’è nemmeno una croce, dove i morti sono indicati solo da un numero, come nel cimitero del manicomio abbondonato di Volterra.
Ci spiega che Garibaldi voleva essere cremato ma che, in un primo momento, la cremazione fu impedita, perché il governo italiano voleva mostrare la sua salma…
Stimola la nostra curiosità quando narra che alcune delle mummie meglio conservate al mondo non si trovano al Cairo e nemmeno a Torino nel museo Egizio, ma a Palermo in una cripta.
Insomma, in poche parole Giulia, come me, crede che i cimiteri siano in grado di raccontare la vita, le storie di chi ha oltrepassato il ponte, quello che attraverseremo tutti.
Parla di uguaglianza davanti alla morte, perché la morte “livella” tutti come afferma Totò nella sua poesia ‘A livella’. Antonio De Curtis affronta con ironia e leggerezza il tema della morte, ricordando come al di là delle professioni e posizioni che occupiamo in vita, davanti all’ultimo passo siamo tutti uguali e umani.
Giulia Depentor ha scritto un libro di “nicchia”, questo è vero, ma gli appassionati dei cimiteri sono molti di più di quello che si pensa. Io nei cimiteri respiro la vita e soprattutto do alla vita il valore che merita e credo che questo sia così anche per l’autrice.


venerdì 2 febbraio 2024

Recensione di "Un caldo mortale" di Nora Venturini, Edizioni Mondadori.

Recensione di "Un caldo mortale" di Nora Venturini, Edizioni Mondadori.


“Ci troviamo a Torvajanica, luogo noto ai romani per i continui episodi di violenza - risse, spaccio, aggressioni... Ma quando il commissario Raggio arriva sul posto con il suo vice Milillo scopre che la vittima, Davide Jodice, è un cittadino incensurato, un operatore sanitario a cui nessuno poteva voler fare del male. Un uomo mite che viveva solo con il suo cagnolino, insieme al quale aveva l'abitudine di fare lunghe passeggiate sulla spiaggia non ancora affollata, al mattino presto o di sera tardi. È così che ha incontrato il suo assassino?”

Una scrittura precisa per una storia in cui tutto quadra. Il racconto risulta essere magistralmente costruito, anche il più piccolo dettaglio ha un significato ben preciso. Ambienti perfettamente descritti, dialoghi ben articolati, soprattutto quelli con l’inflessione dialettale. Fin dalle prime pagine il lettore capisce di essere davanti a un racconto giallo intrigante dal ritmo incalzante. Personaggi veritieri di un’umanità disarmante con pregi e difetti.