sabato 23 novembre 2019

Recensione di "Una mutevole verità" di Gianrico Carofiglio Einaudi editore

Recensione di "Una mutevole verità" di Gianrico Carofiglio Einaudi editore
Un romanzo breve ma dalla lettura molto godibile.
-Un buon investigatore deve essere capace di costruire una storia, immaginare che cosa è successo prima e dopo il crimine, come in un romanzo. Poi, costruita la storia, deve andare in cerca di ciò che la conferma e la contraddice. Così pensa il maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, piemontese trapiantato a Bari, che si trova a indagare su un omicidio dove tutto appare troppo chiaro fin dall’inizio. Non fosse che al principale sospettato, su cui si concentra ogni indizio, mancava qualsiasi movente per commettere il delitto.-
Pietro Fenoglio è un maresciallo dei Carabinieri entrato nell'Arma per uno scherzo buffo del destino. È un uomo dotato di un'incredibile umanità. Un uomo scrupoloso che lavora con passione. A chi ama i gialli classici questo libro di Carofiglio è più che consigliato. C'è un omicidio e apparentemente un colpevole consegnato alla legge con tanto di impronte e soprattutto con tanto di testimone oculare. Ma c'è un -ma-. I conti a Fenoglio non tornano e invece di seguire la strada più facile e chiudere il caso, cerca di capire cosa non torna e soprattutto il perché. La bravura dell'autore sta nel riuscire a coinvolgere talmente il lettore da farlo diventare anche investigatore. Perché se il lettore è attento non può non notare che... mi fermo qui.
Certo è che chi scrive gialli ha da imparare molto da Gianrico Carofiglio.

giovedì 14 novembre 2019

Recensione di "Ti ammazzerò stasera" di Marco Neirotti, Golem Edizioni

Recensione di "Ti ammazzerò stasera" di Marco NeirottiGolem Edizioni
"Un centro di provincia cresciuto rapidamente, non più paese e non ancora città, confuso tra un’identità di antichi valori che si sfaldano e una nuova identità ricalcata sul modello proposto con insistenza dai media. Qui sono state accolte e integrate nel tempo emigrazioni diverse, ma l’arrivo di profughi sistemati in un’ex caserma fa divampare con violenza l’inquietudine, la paura, il bisogno di nemici che rispecchiano il clima che stiamo vivendo oggi. Dopo il lancio di molotov nella struttura, la tensione irrompe in tutti gli ambienti. Nell’arco di una giornata i pochi militari della stazione dei Carabinieri devono fronteggiare segnali di razzismo violento, l’irrequietezza dei rifugiati, il progetto d’omicidio messo a punto da un esaltato e due suoi gregari, la cecità di genitori, l’ira opposta di gente pacifica che si oppone al nuovo clima..."
Un titolo intrigante così come è intrigante la quarta di copertina. L'argomento è intrigante.
Una storia triste, agghiacciante. Una storia che fa male. Una storia che è realtà. Una realtà che si chiama: -giorni nostri-.
Purtroppo, però, lo stile letterario dell'autore rende la lettura pesante. La narrazione, tutto meno che semplice, costringe spesso il lettore a fare dei -passi- indietro per comprendere meglio la storia che sta leggendo. Un argomento così importante doveva essere trattato in modo più semplice. La storia dovrebbe arrivare a tutti: giovani, vecchi, studenti, letterati e non letterati. Perché il razzismo esiste, bisogna parlarne ma non in questo modo.
Temo che un lettore poco paziente potrebbe interrompere la lettura alla decima pagina. La mia recensione vuole essere una critica costrittiva. Ripeto: ciò di cui parla il libro è un argomento coraggioso e per la scelta dello stesso faccio i complimenti all'autore. Chi parla d'odio mettendoci la faccia ha tutto il mio rispetto, chi invece si nasconde sui social dietro a post idioti carichi di odio e di razzismo, al contrario, ha tutto il mio sdegno. Chiunque stia dalla parte dei più deboli merita gratitudine. L'autore lo fa, parla dei deboli e il messaggio che vuole lanciare è: -non aiutiamoli a casa loro ma qui a casa nostra-
L'autore parla di civiltà. Avrebbe dovuto farlo con più semplicità. Un libro che comunque consiglio.


mercoledì 6 novembre 2019

Recensione di “Nel Labirinto di Chiara” di Francesco Brunetti, edito Liberodiscrivere associazione culturale edizioni

Ho letto questo romanzo prima ancora che diventasse libro. L'autore mi aveva chiesto un parere.

Parlo di “Nel Labirinto di Chiara” di Francesco Brunetti, edito Liberodiscrivere associazione culturale edizioni
“È sera che diventa notte e innesca fantasie di profumo di donna, un profumo immaginario e innocente che sa vagamente di peccato, irreale e per questo inesprimibile”.
Gino, giovane psicologo, è il personaggio principale. L’amore irrompe nella sua vita. Chiara, Livia, Silvia, Anna mettono alla prova la sua sensibilità e la sua lucidità.
La vita reale, in un crescendo di inganni, ipocrisia e intrighi, irrompe tra i protagonisti creando un pathos dirompente, ma...Chiara... si ripropone sempre come figura centrale. -È un labirinto quello di Chiara- che Gino percorre in un crescendo di colpi di scena.
Concedetevi il tempo della lettura per scoprire se la parola -fine- sarà davvero tale.
Ed è proprio così. Un thriller psicologico sorprendente, incalzante. Una scrittura precisa, ritmata. Nulla appare com'è? Niente è come appare? Forse.
Questa storia sorprende, a tratti lascia sgomenti e increduli.
Andate in libreria, acquistatelo, tornate a casa, mettetevi comodi e leggetelo. Poi... ci aggiorniamo... poi... forse... chissà.

Recensione di "Lungo petalo di mare" di Isabel Allende, Giangiacomo Feltrinelli Editore

Recensione di "Lungo petalo di mare" di Isabel AllendeGiangiacomo Feltrinelli Editore
1939. Alla fine della Guerra civile spagnola, il giovane medico Víctor Dalmau e un’amica di famiglia, la pianista Roser Bruguera, sono costretti, come altre migliaia di spagnoli, a scappare da Barcellona. Attraversati i Pirenei, a Bordeaux, fingendosi sposati, riescono a imbarcarsi a bordo del Winnipeg, il piroscafo preso a noleggio da Pablo Neruda per portare più di duemila profughi spagnoli in Cile – il “lungo petalo di mare e neve”, nelle parole dello stesso poeta –, in cerca di quella pace che non è stata concessa loro in patria. Lì hanno la fortuna di essere accolti con generosa benevolenza e riescono presto a integrarsi, a riprendere in mano le loro vite e a sentirsi parte del destino del paese, solo però fino al golpe che nel 1973 fa cadere il presidente Salvador Allende. E allora, ancora una volta, si ritroveranno in esilio, questa volta in Venezuela, ma, come scrive l’autrice, “se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono”. La commovente storia di un uomo e una donna in fuga per sopravvivere agli sconvolgimenti della Storia del Ventesimo secolo."
1939: la guerra civile spagnola sta giungendo al termine.
Una storia di orrori, di vita, di legami, d'esilio.
Una storia che sembra -lontana- ma in realtà è attuale perché i protagonisti sono i profughi.
Per meglio dire è la storia di uomini disperati accompagnati dal dolore, dalla solitudine, dalla mancata accoglienza, dalla separazione e dalla perdita della loro stessa vita. Non si può chiamare vita la -vita- di un profugo.
Una storia che riparte il 3 settembre 1939, su quel piroscafo francese “Winnipeg” salpato il 4 agosto dal porto di Pauillac, con destinazione Valparaìso: -il lungo petalo di mare-, con a bordo oltre duemiladuecento fuggitivi dalla Guerra Civile Spagnola.
Una storia disarmante di una spalancata umanità che fa male. Fa male leggerla, fa male acquisire la consapevolezza dello scempio che un governo dittatoriale può seminare.
E' anche la storia di Pablo Neruda, il futuro Premio Nobel per la letteratura.
Questo romanzo è un'opera di ricostruzione. La Allende riesce magistralmente a descrivere le condizioni del viaggio e il dolore della mancata integrazione. L'autrice ricostruisce fatti, descrive persone con una penna precisa. Pochi i personaggi inventati e comunque tutti ispirati a uomini e donne conosciuti e incontrati realmente dall’autrice.
Descrizioni meticolose e una scrittura erudita conquistano il lettore invitandolo a profonde riflessioni, perché come dice la Allende: “se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono”.
"Vedi, Ingrid, gli eventi più importanti, quelli che determinano il nostro destino, sfuggono quasi sempre al nostro controllo. Nel mio caso, a conti fatti, vedo che la mia vita è stata segnata dalla Guerra civile e poi dal golpe militare, dai campi di concentramento e dagli esili. Non ho scelto niente di tutto ciò, semplicemente mi è capitato."
"Ma ci saranno anche cose che invece hai deciso tu. La medicina, per esempio."
"Certo! La medicina mi ha dato molte soddisfazione. Ma sai quale è la cosa di cui sono più grato in assoluto? L'amore. ..."