venerdì 7 giugno 2019

Recensione di "Emma" di Helena Molinari, Pentagora

Recensione di "Emma" di Helena MolinariPentagora

Una scrittura ineccepibile, scorrevole, precisa. La storia è quella di tante donne che a un certo punto della loro vita non accettano la vita comoda che vivono ma vogliono e cercano di più. Desiderano la serenità del proprio animo, vogliono vivere e non sopravvivere. A una vita sempre uguale, a un marito che chiede ma non da, all'essere madre, che non significa dedicare tanto tempo ai propri figli ma dedicare, semmai, del tempo prezioso, antepongono loro stesse. Ed ecco, infatti, che la nostra protagonista, Emma, tra desideri sopiti e ricordi passati decide di recarsi ad Assisi, eremo e luogo di speranza e rifugio. Deve ritrovare se stessa. E' una donna tormentata che ha tante domande da porsi ma nessuna risposta in merito. Fin qui, tutto intriga il lettore, soprattutto se donna, che si fa complice di un'altra donna che avverte quel bisogno, quasi spietato, di scappare con lei da una realtà deludente, umiliante, da una famiglia che tanto chiede e nulla da. Il lettore sta dalla parte di Emma, è contento per lei, lotta con lei, vuol vincere con lei.
Lei, quel limone strizzato, tornerà a vivere? Ripensa a quell'uomo che chiama Nero, al suo segreto inconfessabile, al sesso... pensa... pensa. E sente. Perché nella vita bisogna sentire ma: "Basta sentire, per essere?"
Ecco, però, che la fede viene incontro a Emma fornendole tutte le risposte.
Quindi fa un passo indietro, molto indietro. Fa una scelta e tutte le scelte vanno rispettate ma : "Basta un po’ di raccoglimento, un po’ di tepore per tornare a essere moglie e madre?"
Spunta la nostalgia di casa, dei figli e del marito, seppur un uomo avvolto dalla nebbia. Marito e figli vengono a bussare al cuore di Emma. E lei apre la porta. E qui mi fermo.
Probabilmente non ho colto quello che voleva dire l'autrice. Forse dentro di me c'è troppo egoismo per cogliere certi messaggi e certe lezioni di vita. E poi per me un romanzo di qualsiasi genere si tratti non deve impartire lezioni ma solo spunti per riflettere. Forse perché per la vita è proprio questo: -vita da vivere e non da sopravvivere-. Non tollero i condizionamenti.
Ripeto: è un romanzo ben scritto con una narrazione incalzante, un linguaggio quasi poetico, molto delicato, profondo e attento ma il messaggio che trasmette mi lascia l'amaro in bocca: "La vita dà quello di cui si ha bisogno, non quello che si vuole."
Forse il mio essere prima di tutto infermiera non può accettare questo messaggio: la vita non da quello di cui si ha bisogno e nemmeno quello che si vuole. La vita semplicemente è. Va colta e vissuta nel miglior modo possibile finché si può perché nessuno di noi può sapere quanto e come, la nostra stessa vita, potrà trasformarsi in tragedia. E sfido chiunque a dimostrami il contrario.
Peccato, però... peccato.

Nessun commento:

Posta un commento