venerdì 11 ottobre 2019

Recensione de "Il lottatore" di Guido Nasi, Golem Edizioni

Recensione de "Il lottatore" di Guido NasiGolem Edizioni
Ho pensato e ripensato a cosa avrei potuto scrivere su questo libro. A dire il vero quando ho iniziato a leggerlo mi sono detta: "Ne uscirai con le ossa rotte. Farai quel confronto che ogni giorno, per lavoro, ti tocca fare, ovvero, ripeterti un'amara verità: -c'è gente che si lamenta per ogni scempiaggine e c'è gente che soffre davvero e non si lamenta mai-."
E io sto in mezzo. Vorrei urlare, vorrei agire ma poi ritorno sempre a casa con i pugni chiusi, chiusi sì, ma riposti nelle mie tasche. Ho smesso di alzare i pugni al cielo. Ho smesso di farmi sentire. Ho smesso di dire. Scrivo. Oggi più che mai scrivo. Ma torniamo al libro: mentre leggevo ho capito che Nasi non voleva questo. L'autore non vuole confronti. Semplicemente vuole che si sappia della sua condizione. E lo fa con precisione, con cura nei e dei dettagli. Non vuole commiserazione, nessuno deve provare pena. Semplicemente vuole portare alla conoscenza di tutti l'antefatto, il fatto e il post fatto. Questo libro insegna? Non lo so, o meglio non credo più che le persone possano insegnare qualcosa agli altri perché non credo più che qualcuno voglia imparare qualcosa dagli altri. Non ho più fiducia nelle persone e da tanto tempo. Ma sogno e coltivo i miei sogni. Mi circondo di poche persone, quelle che amo anche se loro forse non amano me. Perché non bisogna amare per essere amati come non bisogna commiserare per essere commiserati. Ecco, forse proprio questo vuole Nasi. Vuole -essere- a prescindere. Si racconta, si spiega. Si autocritica e critica rabbiosamente gli altri. Ho provato un certo fastidio per tutte le volte che ha parlato male degli infermieri che lo hanno assistito durante tutti i suoi ricoveri. Poi mi sono detta: "Forse davvero noi infermieri siamo così ma crediamo di non esserlo." Forse a lui è stata negata la vera assistenza, quella che dovrebbe fare tutto il giro, quella che dovrebbe passare dal culo (scusate il termine) al cuore. Forse, dico forse, perché da tempo non ho più certezze in nulla. Non sono triste, non sono pessimista, sono consapevole e rassegnata che finché non condivideremo mai il dolore degli altri e le -diversità- non andremo mai da nessuna parte. E' questo che purtroppo accade. Non serve andare sulla luna, non ce la meritiamo la luna. La storia si ripete. Punto dopo punto, virgola dopo virgola. Aver raggiunto questa consapevolezza mi rende serena. Io passo ore belle e se potessi togliermi qualche ora bella per donare una manciata di ore belle a Nasi, lo farei. Dal culo al cuore.
Buona vita, Guido, molto meglio la tua di tante altre. Almeno la tua è portata a pensare, a cadere, a rialzarsi e a chiedere scusa. C'è chi vive solo con il culo e manco sa in quale distretto del suo corpo sia collocato il cuore.
Non leggetelo questo libro se state sempre seduti sul vostro culo. Se al centro della vostra vita c'è solo il vostro culo. Questo è un libro da leggere in piedi con una mano sopra il cuore. Non ho mai scritto una recensione così sboccata ma a volte è l'ultima pagina che fa grande un libro di cui io non mi sento degna. E di questo, per questo, chiedo scusa.
Per chi non conoscesse la storia di Guido Nasi:
Guido Nasi è nato nel 1982 a Torino, dove fino ai diciassette anni ha condotto la vita normale di ragazzo vivace, pronto e intelligente, appassionato di astronomia e di bicicletta. Nel luglio 1999, a Dublino, dove studiava inglese in una vacanza estiva, subisce un’aggressione per rapina e il malvivente lo colpisce alla testa con una bottiglia di birra. Guido cadrà in coma per quarantacinque giorni e resterà segnato a vita dall’emorragia cerebrale. Da quel giorno è in carrozzina, è muto, e muove soltanto la mano sinistra. Ma pensa, studia, scrive e osserva il mondo. E vorrebbe vivere in campagna.


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