Recensione di "Brucia l'origine" di Daniele Mencarelli, edizioni Mondadori.
“Da quattro anni Gabriele Bilancini non tornava a casa. Casa è il quartiere Tuscolano a Roma, dove è nato e vissuto insieme ai genitori, la sorella e una compagnia di amici inseparabili. Oggi Gabriele abita a Milano ed è tra i dieci designer emergenti più quotati al mondo. È uno che ce l'ha fatta: l'esempio perfetto di come si possa essere artefici della propria sorte. A credere in lui e a lanciarlo è stato Franco Zardi in persona, un guru del design mondiale, che ha riconosciuto in Gabriele la grazia del talento. Da quel momento, la sua vita si è trasformata, ha preso a correre a un ritmo frenetico alimentandosi di adrenalina e soddisfazioni, non ultima l'incontro e l'amore con Camilla, la figlia di Zardi. E ora, dopo quattro anni, torna. A casa tutto è rimasto identico, a partire dalla vita dei suoi amici, come se il tempo non fosse trascorso, stesse abitudini, stesse giornate - al posto della scuola il lavoro - che si concludono ai tavolini del bar del sor Antonio. L'abbraccio in cui lo avvolge il suo passato è la cosa più dolce e al contempo soffocante che potesse ricevere e lo costringe a prendere atto della frattura che lo abita. "Si vergogna della sua famiglia, della terra che lo ha allattato. Nel mondo che frequenta ora, quello dei ricchi, la nasconde come si nasconde un peccato. Da una parte le sue origini, dall'altra Milano e il suo presente di alto rango." Quella che ha spinto Gabriele a disegnare è una passione vera, bruciante, su cui lui ha puntato tutto, uscendone vincitore. Eppure, una volta realizzato, il sogno non dà la felicità attesa. Cura poetica della lingua e potenza dei sentimenti si distillano con stupefacente limpidezza in un romanzo dal ritmo velocissimo.”
Con uno stile letterario vivace, il romanzo parla di appartenenza e di identità. Il protagonista, Gabriele, ritorna al suo paese d’origine dopo essersi costruito una vita altrove e avere avuto successo come designer. Tornare a quella realtà, dopo quattro anni di lontanaza, porta Gabriele a mettersi in discussione, soprattutto a riflettere sulle scelte che lui ha fatto. È costretto a guardarsi allo specchio e a domandarsi chi sia veramente e se voleva essere ciò che ora è. Mencarelli ancora una volta narra la vita, la vita degli altri… che siamo noi. Lo fa con garbo, con sicurezza e senza dare giudizio. Il romanzo parla dei ‘sommersi’, quelli che sono stati lasciati indietro, che non sono mai saliti sul treno delle opportunità perché dove stanno loro i treni non passano. Ai sommersi nessuno ha mai insegnato a sognare, a muoversi per ottenere una vita migliore. Tutti noi abbiamo bisogno di certezze, di scialuppe di salvataggio, di mani a cui aggrapparci. Il rischio di cadere nel buio più profondo è dietro l’angolo per ognuno di noi. Mencarelli sussurra ai lettori parole di speranza, il modo per evitare di essere consumati dalla malinconia e dalle delusioni. Ci indica la strada dove trovare un rifugio sicuro, dove ripararci quando le cose non vanno proprio come le avevamo pensate e immaginate. Con un finale aperto permette al protagonista di scegliere ciò che del suo passato vuole portare con se e quello che del presente non gli serve o addirittura lo danneggia. Perché i rimorsi, i rimpianti, le illusioni, i torti e le ragioni spesso devono essere messi da parte: sono solo bagagli ingombranti che non ci permettono di camminare leggeri e sereni. E ancora una volta Mencarelli fa centro.