mercoledì 21 novembre 2018

Recensione di "Dovevo morire per farti vivere" di Francesco Brunetti, edito Liberodiscrivere associazione culturale edizioni

Recensione di "Dovevo morire per farti vivere" di Francesco Brunetti, edito Liberodiscrivere associazione culturale edizioni
Un romanzo magistrale. Una scrittura fluida che non ha niente da invidiare ad altri scrittori già affermati. Una storia originale che supera di gran lunga le tante storie già lette. Una trama avvincente, un finale inaspettato. Un thriller psicologico speciale, perché l'autore non offre e tanto meno impone al lettore nessuno giudizio. Brunetti lascia al lettore la libertà di decidere da che parte stare, con chi stare e perché. Non lascia spazio alla compassione per nessuno dei personaggi. Li rispetta tutti perché tutti sono uguali, tutti hanno un lato negativo e positivo. Tutti meritano rispetto.
Guido, giornalista di professione, ha sulla scrivania un manoscritto incompiuto. Davvero è incompiuto?
Guido ha sulla scrivania una rivoltella. Chi la impugnerà per porre fine al dolore?
Laura, il suo grande amore, ha in mano il manoscritto di Guido e quest'ultimo ancora non sa che un editore è interessato alla pubblicazione.
Ma anche un magistrato e un ispettore di polizia hanno in mano quel manoscritto, la chiave di tutto o forse la chiave di niente.
Un giallo psicologico che scava nell'intimo del lettore e lo fa con gentilezza: “Che cosa valgono anni di studi severi e regole ferree al fine di inculcare che esiste un taglio netto tra ciò che è bene e ciò che è male, tra quello che si può e quello che si deve fare, tra desiderio e rinuncia...”
Questo è il grande messaggio che Francesco Brunetti lascia al lettore. Cosa è giusto e cosa è sbagliato? Chi può condannarci davvero se abbiamo scelto per amore, di non dire o meglio di non dire chiaramente la verità, per non ferire e infierire su chi amiamo? Quanti messaggi abbiamo lanciato con gli sguardi, con le parole scritte, cambiando nomi, giorni e luoghi per dire quello che in realtà il nostro cuore non ci permetteva di dire? E tutto in nome dell'amore.
Un amore malato? Un amore sano? Sembra che questo non faccia differenza.
Quante volte abbiamo sperato che le nostre parole scritte arrivassero dritte al cuore di chi amiamo? Forse è proprio per questo che si diventa scrittori. Per -dire- quello che non possiamo -dire-, per smascherare verità nascoste. Ma sarà giusto non -dire-? Per quanto vogliamo illuderci che la verità non è mai una sola, sappiamo benissimo che la verità è dettata dai fatti e per questo è solo una. Forse uno scrittore è un codardo, usa la scrittura perché ha paura di dire la verità. In fondo le parole scritte possono essere sempre cancellate. In fondo la verità sta negli occhi di chi le legge anche se spesso fa finta di non comprenderle.
Un romanzo che merita perché va oltre. Non leggetelo se non volete affrontare la vostra verità. Leggetelo se volete sciogliere i nodi che vi legano alla vostra verità e ritornare finalmente ad essere liberi.

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