Recensione di "Questo sangue non è mio", di Giovanni Jacob Lucchese, Alter Ego Edizioni.
La protagonista è Carlotta, una ragazza sfortunata, emarginata dalla società e senza alcun punto di riferimento, vittima del bullismo. La ragazza vive in compagnia della sua stessa voce, quella che chiamerà l'Altra. L'autore mette insieme tutti questi ingredienti per raccontarci un dramma che purtroppo è un dramma dei giorni nostri: quello della solitudine e del bullismo. Lucchesi lo fa con grande sensibilità non incorrendo mai nel rischio di diventare banale. Parlare di certe tematiche - di una vita passata a nascondersi dagli occhi degli altri per paura del loro giudizio, sopravvivendo con sofferenza alla cattiveria e alle ostilità - e farlo come l'ha fatto l'autore, non è cosa da poco.
Vivere o sopravvivere? Quale scelta farà Carlotta? La prima o la seconda? L'Altra è la sua migliore amica, la sua consigliera, l'unica ancora di salvezza che ha. Carlotta seguirà i suoi consigli? Riuscirà ad affrontare quella dolorosa verità che l'Altra le metterà davanti? L'altra, in fondo, a differenza degli altri non l'ha mai lasciata sola accettandola per quello che è.
Essere o apparire? Un'altra scelta che Carlotta dovrà fare così come scegliere se subire o accettare, se stare dalla parte del bene o del male. Ma cos'è il bene e cosa è davvero il male per Carlotta?
Bisogna concludere il romanzo per capirlo. Lucchese non lascia presagire nulla. Tutto può essere il contrario di tutto.
Un romanzo giallo che parla di schizofrenia, di quella psicosi cronica che provoca a chi ne soffre un forte disadattamento. Una psicosi da cui nessuno può dirsi immune perché dentro ad ognuno di noi vive, anche se in maniera latente, quella continua lotta tra il bene e il male, tra la luce e il buio, tra seguire quello che ci comanda il nostro corpo e quello che ci suggerisce la nostra anima. Perché nessuno di noi può essere vaccinato contro il male e contro le debolezze che si nascondono dietro a molti angoli: angoli che noi ogni giorno giriamo e debolezze nelle quali, alcune volte, inciampiamo.
Vivere o sopravvivere? Quale scelta farà Carlotta? La prima o la seconda? L'Altra è la sua migliore amica, la sua consigliera, l'unica ancora di salvezza che ha. Carlotta seguirà i suoi consigli? Riuscirà ad affrontare quella dolorosa verità che l'Altra le metterà davanti? L'altra, in fondo, a differenza degli altri non l'ha mai lasciata sola accettandola per quello che è.
Essere o apparire? Un'altra scelta che Carlotta dovrà fare così come scegliere se subire o accettare, se stare dalla parte del bene o del male. Ma cos'è il bene e cosa è davvero il male per Carlotta?
Bisogna concludere il romanzo per capirlo. Lucchese non lascia presagire nulla. Tutto può essere il contrario di tutto.
Un romanzo giallo che parla di schizofrenia, di quella psicosi cronica che provoca a chi ne soffre un forte disadattamento. Una psicosi da cui nessuno può dirsi immune perché dentro ad ognuno di noi vive, anche se in maniera latente, quella continua lotta tra il bene e il male, tra la luce e il buio, tra seguire quello che ci comanda il nostro corpo e quello che ci suggerisce la nostra anima. Perché nessuno di noi può essere vaccinato contro il male e contro le debolezze che si nascondono dietro a molti angoli: angoli che noi ogni giorno giriamo e debolezze nelle quali, alcune volte, inciampiamo.
“Vedi, a volte lasciamo che le cose brutte che ci accadono e la negatività che sprigionano dentro di noi ci definiscano...”
“Perché prima o poi a ognuno di noi nasce un tumore, un'escrescenza. Qualcosa di negativo. E prima o poi dobbiamo affrontare tutti la paura e deciderci di eliminarlo.”
“Perché prima o poi a ognuno di noi nasce un tumore, un'escrescenza. Qualcosa di negativo. E prima o poi dobbiamo affrontare tutti la paura e deciderci di eliminarlo.”
Questo romanzo fa stare dalla parte delle tante Carlotta che non ce l'hanno fatta e io ringrazio l'autore per averlo scritto.