domenica 26 dicembre 2021

Recensione di -Ufficio lettere perdute- di Stefano Mondini Stefano Mondini, edizioni Mosaico Edizioni

Recensione di -Ufficio lettere perdute- di Stefano Mondini Stefano Mondini, edizioni Mosaico Edizioni

“La vicenda di un gruppo di impiegati presso un ufficio postale di Angers tra il 1967 e il 1968, narrata da un "personaggio" molto particolare: la Stanza 7, alias Ufficio Lettere Perdute, dove lavorano questi impiegati allo scopo di consegnare lettere prive di mittente o destinatario. Come se avesse una coscienza propria, l'Ufficio fa da voce narrante fin dall'arrivo di un nuovo dipendente, il giovane e attraente Febo, giunto dal lontano Canada. Questi, piuttosto misterioso e vago sul suo passato, ben presto conquista la fiducia dei suoi colleghi iscrivendoli come coro al prossimo concorso canoro che si terrà a Parigi, e intrecciando nel frattempo una relazione con l'affascinante Anne. Si sussegue una serie di eventi che consolideranno il legame reciproco tra i dipendenti, sotto l'occhio invisibile ma attento dell'Ufficio.”
Stefano Mondini, con uno stile narrativo originale, racconta una vicenda insolita, partendo da un’idea molto singolare. I personaggi sono ben caratterizzati così come gli ambienti. I dialoghi risultano piacevoli e veritieri. L’autore narra la bellezza e il fascino delle lettere scritte a mano portando il lettore in un’altra epoca. Mondini racconta l’interazione che può svilupparsi in un gruppo di persone quando la passione per la musica diventa un collante predisponendo ogni individuo al rispetto e all’amore. Con una penna precisa, l’autore disegna il punto di vista di un ufficio, o meglio di una stanza. Questo romanzo fa ridere e sognare. Credo che il messaggio che Mondini vuole trasmettere sia che insieme si può costruire e ottenere molto, basta volerlo.


lunedì 6 dicembre 2021

Recensione di "Prima che il buio" di Nico Priano, Nua Edizioni

Recensione di "Prima che il buio" di Nico Priano, Nua Edizioni

Il racconto di una generazione cresciuta troppo in fretta tra fame e guerra, un’umanità fragile, dunque, ma tutt’altro che arrendevole.
Michele e Giulia sono due adolescenti. Lui figlio di contadini, lei unica figlia di una famiglia benestante, di origini ebraiche. Le loro vite si incontrano e si legano in un’unione tenace, irrinunciabile. Ci penserà la guerra a dividere i due ragazzi, tra angosce e speranze, tra la paura di non farcela e la voglia di vivere. Attraverso la loro vicenda, il romanzo racconta il decennio compreso tra il 1935 e il 1945, legando gli eventi della Provincia Piemontese, dell’Ovadese in particolare, con quelli nazionali e internazionali.
Dal crollo della Diga di Molare, all’entrata in Guerra dell’Italia, dalla disfatta sul fonte della Cirenaica, agli episodi della guerra resistenziale combattuta sui monti dell’Appennino Ligure-Piemontese. Tra le pagine del libro affiorano figure celebri e altre poco conosciute, ma altrettanto decisive e determinanti.”

-Prima che il buio- è una storia che urla, una storia che vuole essere narrata, che deve essere narrata.

«Con il fascismo ci erano cresciuti, allevati in fila, con la maestra che si commuoveva tutte le volte che nominava Lui, il Padre della Patria.»

Priano, questa storia, la racconta attraverso una prosa elegante e coinvolgente, prendendo per mano il lettore e conducendolo in una realtà storica difficile e crudele. Il buio e la paura sono il pane quotidiano ma nonostante questo i personaggi di questa storia non smettono di sognare e di sperare in una vita migliore. Per farlo, per stare con il naso all’insù e inventare un domani migliore, a loro basta farlo in quei momenti di luce che precedono il buio.

La storia di Michele e Giulia e delle loro famiglie si sviluppa in un arco di tempo decennale dove la guerra genera miseria, fame e morte portandosi via affetti e speranze e soprattutto distrugge l’animo della gente, lasciandola spesso e senza alcuna pietà, nel buio più completo.

Priano dipinge un quadro di vita ligure e piemontese, ricostruendo eventi storici e drammi. Descrive un’umanità disperata che, però, non si arrende.
Personaggi reali e di conseguenza ben caratterizzati così come i paesaggi e gli ambienti. Una perfetta ricostruzione storica, carica di emozioni e sentimenti.





mercoledì 10 novembre 2021

Recensione de "La stagione più crudele" di Chiara Deiana Edizioni Mondadori

 Recensione de "La stagione più crudele" di Chiara Deiana Edizioni Mondadori

"Asia è in campagna, nel posto dove torna ogni anno e dove per tutto l'anno desidera tornare, e aspetta l'arrivo di Matilde, la sua migliore amica, con cui condivide la libertà che a dodici anni si inizia ad assaggiare nei mesi estivi. Si prepara perciò a sfrecciare insieme a lei in bicicletta per le vie del paese, a sfuggire gli sguardi inquisitori delle vecchie eternamente schierate sulle panchine, capaci di trasformare le giovani ragazze come loro - Asia e Matilde ne sono certe - in mummie incartapecorite. A mettere da parte le monetine per i videogiochi nel circolo in cui si ritrovano tutti, a lanciare la bici a tutta velocità per esplorare zone del bosco in cui non sono mai state. Un campo di girasoli è la superficie della Luna, ai vecchi lavatoi si nasconde una congrega di vampiri, l'agriturismo abbandonato è infestato di spettri e nasconde il più feroce dei cani assassini. È la magia dei luoghi in cui abbiamo trascorso l'infanzia, e gli scenari della nostra immaginazione si sovrappongono a quelli reali, dando loro una vita che non si estinguerà mai. Un giorno però succede qualcosa, qualcosa che Asia non confida a nessuno, e che ingigantisce dentro di lei fino a sembrarle inconfessabile. E questo primo segreto se ne tira dietro altri, fino a creare una frattura profonda tra lei e chi le sta intorno. L'infanzia le si sgretola tra le mani prima che lei abbia la minima idea di cosa mai potrà prenderne il posto e si apre una stagione fatta di inizi: se fino a quel momento le sue paure erano quelle infantili, Asia si troverà ora ad affrontare le prime prove della vita. Il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, le prime incrinature nella pienezza dell'esistere, l'incontro con il dolore e con la morte: temi cruciali su cui Chiara Deiana getta uno sguardo al tempo stesso consapevole e fresco."
La stagione più crudele è l’opera d’esordio di Chiara Deiana. È una storia originale e particolare. L’autrice racconta di Asia, una bambina figlia di due genitori separati molto legata alla figura paterna. Asia vive la separazione dei propri genitori in modo apparentemente tranquillo ma in realtà le cose non sono proprio così, perché la bambina ha imparato a vivere nascondendo le proprie emozioni non solo agli altri ma anche a se stessa. La bambina sembra serena: ha una nonna che la coccola preparandole tante cose buone da mangiare, un padre che tutti i giorni le ricorda che le vuole bene e un’amica del cuore, Matilde, con la quale passa sempre le vacanze estive. Ma non quell’estate quando Asia nel bosco scopre, per puro caso, un cadavere con il quale instaura un rapporto particolare, tanto da accudirlo come se fosse un suo vecchio compagno di giochi. Asia non ha paura di un morto, anzi. E nemmeno ha paura per lei, in fondo ha trovato un cadavere in un bosco e di paura dovrebbe averne tanta. E invece no. Lì per lì la storia può sembrare assurda. Andando avanti con la lettura, invece, la storia diventa grandiosa. In un paese che risulta essere la fotocopia di tanti altri paesi, dove tutti parlano e sparlano, dove tutti sanno di tutti, dove tutti giudicano tutti, e in una famiglia dove la nonna e il padre la trattano come se fosse un oggetto di vetro fragilissimo, quel cadavere diventa il suo unico amico. Quell’uomo è morto, quindi non parla, non giudica, non le dice cosa deve fare e non fare. Quel morto è il suo punto di riferimento e soprattutto non la deluderà mai a differenza della madre che litiga con il padre, della nonna che pensa solo a farla mangiare rendendole i pranzi e le cene insopportabile e di Matilde che nonostante dica di esserle amica, invece, la tradirà.
“La stagione più crudele” è un romanzo breve, scorrevole perché ben scritto, dal ritmo serrato. È un romanzo che parla dell’importanza dell’adolescenza, della genitorialità e dell’amicizia. A tratti è un romanzo crudele, perché mette il lettore davanti ad una verità, ovvero che molto spesso gli adulti mentono ai bambini solo per puro egoismo. Infatti Asia inizia a cresce proprio quando scopre che gli adulti mentono, persino suo padre che nasconde una relazione con una donna molto più giovane di lui.
Ed è un morto che svela ad Asia le due terribili verità della vita: ovvero che le cose e le persone non sono sempre come appaiono e che la morte esiste. La morte, che per quanto faccia paura, mette a tacere tutto e tutti.



sabato 23 ottobre 2021

Recensione de "L'ombra della perduta felicità" di Roberto Centazzo, TEA edizioni

 Recensione de "L'ombra della perduta felicità" di Roberto Centazzo, TEA edizioni.

"Che malinconia, le giornate ventose e fredde di fine settembre, a Genova. E se sei un poliziotto in pensione, la avverti ancora di più. Sono un po' tristi i tre amici della Squadra speciale Minestrina in brodo, Santoro, Mignogna e Pammattone, e, in preda alla noia, cercano pretesti per tornare a essere padroni del loro tempo. Forse un viaggio potrebbe essere la soluzione. Così, quando un amico del Sindacato autonomo di Polizia telefona a Santoro per una consulenza su uno spinoso caso di provvedimenti disciplinari ai danni di un collega, Giacomo Dotta, che gestisce con la madre un agriturismo nelle Langhe, ecco che si delinea la scusa perfetta per un bel giro sulle colline piemontesi. Ma, giunti sul posto, i tre si accorgono ben presto che la situazione è molto più grave di quanto avevano immaginato: Giacomo si ritiene vittima di una gigantesca frode inerente prodotti agricoli contaminati spacciati per biologici e insiste nelle sue accuse, rivolte anche a pezzi grossi della Procura. I tre amici, preoccupati per il collega, chiuso e isolato nel suo risentimento, vogliono vederci chiaro: cosa c'è di vero nelle pesanti accuse di Giacomo, che è arrivato coni suoi esposti persino all'Antimafia? Riusciranno a riabilitarlo e a restituirgli un po' di fiducia nella giustizia, e nella vita?"
Una narrazione piacevole e leggera, dove l’ironia è dosata con cura. Come sempre Centazzo affronta, con quello stile che lo contraddistingue, temi importanti come il suicidio, la corruzione…
La storia, a tratti malinconica, risulta dolce così come lo sono i personaggi che via via s’incontrano pagina dopo pagina.
Una storia che commuove e induce alla riflessione. Anche questa volta Centazzo disegna uno spaccato di umanità in cui tutti possiamo ritrovarci o ritrovare quell’ombra della perduta felicità.



venerdì 15 ottobre 2021

Recensione de "Il ricordo del 9" di Salvatore Lanno Salvatore Lanno, Sovera edizioni Edizioni Sovera

Recensione de "Il ricordo del 9" di Salvatore Lanno Salvatore Lanno, Sovera edizioni Edizioni Sovera

"Una storia a sfondo autobiografico che si dipana intorno alla magia del numero 9 che più volte ritorna emblematicamente nella vita dell'autore e che, apparentemente per caso, ne segna la vita. Dal racconto trapela la serenità del protagonista che ha trovato la -felicità- in una sana e profonda ricerca di sé."
Un libro da leggere con il cuore, perché gli occhi non bastano. Ci sono parole, emozioni e sentimenti che si devono leggere con il cuore. Un racconto toccante, forte e incisivo quanto basta. L’autore racconta il dolore fisico e psicologico causatogli da un crudele destino che gli sottrae un amico d’infanzia mettendo fine alla loro spensieratezza. La scrittura di Lanno che risulta essere semplice, chiara e priva, fortunatamente, di inutili fronzoli, coinvolge fin dalle prime pagine. L’autore ricorda quel triste giorno, l’ultimo passato insieme al suo amico Simone. Dopo una giornata trascorsa a vendemmiare i due ragazzi, a bordo di una vespa, stanno tornando a casa. Un trattore li investe e il conducente se ne va senza soccorrerli. Rabbia su rabbia, dolore su dolore: Simone muore, Salvatore riesce a salvarsi dopo un lungo e doloroso calvario. La storia ruota e si snoda fortemente intorno al numero 9 che ritorna più volte nella vita del protagonista. Un breve romanzo d’amore, che parla dell’importanza dell’amicizia, della fede, della famiglia. Una storia carica di valori che al giorno d’oggi sembrano essersi persi, come l’onesta, l’altruismo e il perdono.
L'autore parla del dolore attraverso il cuore e per il cuore. Lo accetta perché sa che il dolore fa parte della nostra vita. Lanno sa che solo la forza dell’amore può salvarci dagli effetti devastanti della rabbia, della cattiveria e dell’invidia.




lunedì 11 ottobre 2021

Recensione di "Bevande incluse" di Roberto Centazzo, @TEA edizioni

Recensione di "Bevande incluse" di Roberto Centazzo, @TEA edizioni

“Cala Marina: un piccolo mondo con i suoi riti, i suoi protagonisti, i suoi segreti; un velo di malinconia, una buona dose di ironia, gli incontri, i casi del destino, le storie.
Luglio 1967. Cala Marina è un incantevole paese della riviera di ponente, dove il tempo scorre lento, soprattutto nella stazione ferroviaria, tra le chiacchiere di una piccola comunità che passa lì le proprie giornate: Dalmasso, il capostazione triste, e Ludovica, la barista sensibile; Silvano, dentro la sua edicola piena di fumetti, e il professor Martinelli, pendolare, matematico e filosofo; Bartolomeo, il tassista, e Norberto, il maresciallo della Polfer, e infine Adelmo, l'uomo delle pulizie, che è muto ma osserva tutto ciò che scorre sotto i suoi occhi, e trova il modo di raccontarlo. Come la storia della bella Barbara, che soffre per il suo matrimonio infelice e senza amore con il truce Eusebio, il proprietario dell'Hotel Italia. Eccola, nella sua quotidiana lotta per far quadrare i conti sempre in perdita a causa delle spese folli del marito al casinò, nel suo desiderio frustrato di maternità, nella sua mesta voglia di vivere e di cambiare. Finché Barbara un giorno, appeso il grembiule alla porta della cucina, sale su un treno e fa perdere le sue tracce, così, senza un saluto, creando un incredibile scompiglio nelle assolate giornate di Cala Marina...”
Con ironia, con una scrittura piacevole e pulita, anche in questo romanzo, Centazzo fa sorridere e riflettere. Sono tanti i personaggi che pagina dopo pagina incontriamo in questo libro e nessuno di loro ha un ruolo secondario, perché tutti sono parte integrante della storia. Una storia che è uno spaccato di umanità: gioia, dolore, emozioni contrastanti, svariati sentimenti e tormenti dell’anima, occasioni perdute, rimpianti e rimorsi, sogni. Questi sono gli ingredienti di questo gradevole romanzo.
I personaggi sono ben caratterizzati, così come sono ben descritti luoghi e ambienti. Un romanzo che descrive la vita, quella vera e che fa riflettere sulla fragilità umana.
“La vita è un regalo e come tale va vissuta, senza perdersi in calcoli meschini, senza tormenti, senza recriminazioni e, soprattutto, senza rimpianti e senza rimorsi. Non devi far altro che prenderla così com'è, come un menu a prezzo fisso, l'intera offerta, il buono e il meno buono, il giusto e lo sbagliato, tutto il pacchetto, insomma, primo, secondo, contorno e dessert, bevande incluse.”



giovedì 30 settembre 2021

Recensione de "Il tocco del piccolo angelo" di Fiorenza Pistocchi, Neos Edizioni.

Recensione de "Il tocco del piccolo angelo" di Fiorenza Pistocchi, Neos Edizioni.

"Linette, giovane, capelli crespi e occhi abbaglianti, ha un passato doloroso. Sta iniziando una nuova vita, ma le visioni che le scorrono nelle vene insieme al sangue creolo, offuscano la realtà. Un omicidio la obbligherà a chiarire la natura delle sue percezioni e a lottare per se stessa e per gli affetti in cui crede.
Lambrate, periferia di Milano. Il corpo di una donna viene trovato sotto il viadotto della tangenziale.
Inizia un’inchiesta lunga e problematica dalla quale faticano a emergere i moventi dell’assassinio. Il commissario Perego si imbatte nell’inatteso…"
Uno stile letterario elegante, preciso senza fronzoli. Una penna sicura quella della Pistocchi che cattura il lettore attraverso le emozioni che via via la storia susciterà in lui. Personaggi bene caratterizzati, luoghi ben descritti. Un giallo carico di umanità e sentimenti. Rabbia, gioia, dolore, orrore sono gli ingredienti di questa storia dove l’amore materno prevale su tutto e tutti. All’autrice va il merito di avere scritto un romanzo senza “luoghi comuni” e senza alcuna “sdolcinatura”. Ancora una volta la Pistocchi ha dimostrato di avere una grande sensibilità e di osservare il genere umano nella sua interezza e fragilità.


lunedì 20 settembre 2021

Recensione di "I quaderni botanici di Madame Lucie" di Mélissa Da Costa - Auteure, Rizzoli edizioni.

Recensione di "I quaderni botanici di Madame Lucie" di Mélissa Da Costa - Auteure, Rizzoli edizioni.

"Fuori è l'estate luminosa e insopportabile di luglio quando Amande Luzin, trent'anni, entra per la prima volta nella casa che ha affittato nelle campagne francesi dell'Auvergne. Ad accoglierla, come una benedizione, trova finestre sbarrate, buio, silenzio; un rifugio. È qui, lontano da tutti, che ha deciso di nascondersi dopo la morte improvvisa di suo marito e della bambina che portava in grembo. Fuori è l'estate ma Amande non la guarda, non apre mai le imposte. Non vuole più, nella sua vita, l'interferenza della luce. Finché, in uno di quei giorni tutti uguali, ovattati e spenti, trova alcuni strani appunti lasciati lì dalla vecchia proprietaria, Madame Lucie: su agende e calendari, scritte in una bella grafia tonda, ci sono semplici e dettagliate indicazioni per la cura del giardino, una specie di lunario fatto in casa. La terra è lì, appena oltre la porta, abbandonata e incolta. Amande è una giovane donna di città, che non ha mai indossato un paio di stivali di gomma, eppure suo malgrado si trova a cedere; interra il primo seme, vedrà spuntare
un germoglio: nella palude del suo dolore, una piccola, fragrante, promessa di futuro."
Con una scrittura chiara e senza inutili fronzoli, pungente al punto giusto, Mélissa Da Costa consegna al lettore delle pagine che raccontano il dolore, la sofferenza e la depressione conseguenti a un doppio lutto. La protagonista racconta la sua rovinosa caduta ma anche la sua risalita e conseguente rinascita.
Perché elaborare e superare il dolore causato da un lutto è sempre un percorso lento e tortuoso che non conosce vie più brevi e alternative, soprattutto se a morire è l’altra metà del nostro cielo e quella dolce bambina che avevamo in grembo. Amande, la protagonista, decide di allontanarsi dagli affetti più cari e dalla sua casa per rintanarsi in campagna, in una casa isolata nell’Auvergne, per poter dimenticare ogni cosa, anche se stessa.
Davvero si può continuare a vivere nonostante quella "rumorosa e ingombrante" assenza? Davvero possiamo trovare un gancio, un àncora di salvezza a cui aggrapparci per ricominciare a vivere? La casa che Amande sceglie come nuova dimora, dove decide di custodire il suo dolore, si rivela fondamentale. La stessa casa è stata custode di un altro dolore, quella della proprietaria precedente, con la quale Amande instaura un dialogo attraverso gli appunti di giardinaggio che trova sparsi per casa. Saranno così i fiori, l'orto e la terra a salvare Amande.
Un romanzo decisamente forte che parla di morte ma che profuma di vita, che celebra la vita nonostante la morte, che urla dolore, perché il dolore non va nascosto ma accolto.


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martedì 7 settembre 2021

Recensione di "La Ragazza nella Nebbia" di Donato Carrisi, Longanesi editore.

 Recensione di "La Ragazza nella Nebbia" di Donato Carrisi, Longanesi editore.

"La notte in cui tutto cambia per sempre è una notte di ghiaccio e nebbia ad Avechot, un paese rintanato in una valle profonda fra le ombre delle alpi. Forse è stata proprio colpa della nebbia se l'auto dell'agente speciale Vogel è finita in un fosso. Un banale incidente. Vogel è illeso, ma sotto shock. Non ricorda perché è lì e come ci è arrivato. Eppure una cosa è certa: l'agente speciale Vogel dovrebbe trovarsi da tutt'altra parte, lontano da Avechot. Infatti, sono ormai passati due mesi da quando una ragazzina del paese è scomparsa nella nebbia. Due mesi da quando Vogel si è occupato di quello che, da semplice caso di allontanamento volontario, si è trasformato prima in un caso di rapimento e, da lì, in un colossale caso "mediatico". Perché è questa la specialità di Vogel. Non gli interessa nulla del dna, non sa che farsene dei rilevamenti della scientifica, però in una cosa è insuperabile: manovrare i media. Attirare le telecamere, conquistare le prime pagine. Ottenere sempre più fondi per l'indagine grazie all'attenzione e alle pressioni del "pubblico a casa". Santificare la vittima e, alla fine, scovare il mostro e sbatterlo in galera. Questo è il suo gioco, e questa è la sua "firma". Perché ci vuole uno come lui, privo di scrupoli, sicuro dei propri metodi, per far sì che un crimine riceva ciò che realmente gli spetta: non tanto una soluzione, quanto un'"audience". Sono passati due mesi da tutto questo, e l'agente speciale Vogel dovrebbe essere lontano, ormai, da quelle montagne inospitali. Ma allora, cosa ci fa ancora lì? Perché quell'incidente? Ma soprattutto, visto che è illeso, a chi appartiene il sangue che ha sui vestiti?"
Un ottimo giallo psicologico. Il ritmo della narrazione, anche se è lento, tiene alta l’attenzione del lettore. Anche l'azione è minima ma è ciò che rende questo romanzo un grande romanzo giallo. Il punto di vista è alternato tra presente e passato. Tre sono i personaggi principali: l’agente speciale Vogel, lo psichiatra Flores e il professore Martini, insegnante di Anna Lou una ragazzina di sedici anni dai capelli rossi e amante dei gatti, che un giorno scompare.
Quello che rende particolarmente interessante questo romanzo è che non si cerca la ragazza ma il colpevole. Tutto è mirato a stanare colui che ha rapito la ragazza. Carrisi ha uno stile tutto suo: freddo, preciso, calcolato, disarmante. I colpi di scena si susseguono senza creare disordine. Nessun personaggio è stereotipato, perché come le persone vere ognuno di loro ha pregi e difetti, anche se “... è il cattivo che fa la storia, perché è il male il vero motore di ogni racconto.”



domenica 15 agosto 2021

Recensione di "Tre" di Valérie Perrin, Edizioni E/O

 Recensione di "Tre" di Valérie Perrin, Edizioni E/O

“«Mi chiamo Virginie. Di Nina, Adrien ed Étienne, oggi Adrien è l’unico che ancora mi rivolge la parola. Nina mi disprezza. Quanto a Étienne, sono io che non voglio più saperne di lui. Eppure fin dall’infanzia mi affascinano. Sono sempre stata legata soltanto a loro tre».
1986. Adrien, Étienne e Nina si conoscono in quinta elementare. Molto rapidamente diventano inseparabili e uniti da una promessa: lasciare la provincia in cui vivono, trasferirsi a Parigi e non separarsi mai.
2017. Un’automobile viene ripescata dal fondo di un lago nel piccolo paese in cui sono cresciuti. Il caso viene seguito da Virginie, giornalista dal passato enigmatico. Poco a poco Virginie rivela gli straordinari legami che uniscono quei tre amici d’infanzia. Che ne è stato di loro? Che rapporto c’è tra la carcassa di macchina e la loro storia di amicizia?”
I protagonisti della vicenda, che va dal 1987 al 2018, sono tre ragazzi che si potrebbero anche definire eroi. Eroi di un tempo interessato da problematiche inquietanti e drammatiche, che purtroppo trasformano la vita di questi tre ragazzi in una guerra, dove vincere anche una singola battaglia sembra essere un’impresa quasi impossibile.
Etienne, Adrian e Nina sono tre amici inseparabili che fanno tutto insieme: scuola e tempo libero. Sono diversi ma uguali perché conoscono il significato della parola “integrazione”.
Sono molti i colpi di scena che stupiranno il lettore, tutti intervallati da musica, canzoni, alcol, fumo, canne, sesso, violenza domestica, abbandono, omosessualità, morte.
Ancora una volta l’autrice fotografa, racconta e dipinge emozioni. Con uno stile letterario che oramai la contraddistingue, reso intrigante dalla presenza di una voce narrante, quella di Virginie (personaggio fondamentale ma non protagonista), la Perrin ha realizzato un libro che parla di radici familiari perse e ritrovate e che vuole lanciare, a mio avviso, un messaggio: quello che conta nella vita, quello che davvero può salvarci da un destino infausto, non sono i legami di sangue ma quelli vincolati dall’amicizia e dall’amore. Un romanzo lungo, è vero, ma che sa prenderci per mano e tenerci compagnia.


domenica 1 agosto 2021

Recensione di "Disturbo della quiete pubblica“ di Luca Bizzarri Libri Mondadori

 Recensione di "Disturbo della quiete pubblica“ di Luca Bizzarri Libri Mondadori

"Il turno di pattuglia sta andando via liscio come l'acqua protetta dai frangiflutti del porto in una fredda notte d'inverno. Fino a quando la pantera della polizia su cui viaggiano l'ispettore Marco Pieve e l'agente Enrico Rossetti riceve una richiesta d'intervento: in una zona piuttosto malfamata della città un immigrato sta prendendo a calci una porta e urla, disturbando la pubblica quiete dell'intero quartiere. È così che i due poliziotti fanno conoscenza con Mamadou, migrante senegalese che chiede, irragionevolmente ma con tenace insistenza, di essere portato in carcere, pur non avendo commesso alcun reato. Pieve e Rossetti si ritrovano in un cul de sac, fra superficiale menefreghismo, voglia di staccare dal lavoro, umana pietas per l'incomprensibile richiesta del ragazzone di colore, improvvisi pruriti alle mani da tenere a bada, scorciatoie mezze illegali e imprevisti vari. Fino all'inatteso, tragico epilogo.”
La città non è specificata ma è intuibile che ci troviamo a Genova. L’autore gioca in casa ed è giusto che sia così. Nella città dove siamo nati e viviamo è più facile trovarsi, perdersi e ritrovarsi. Due poliziotti, il capo pattuglia Marco Pieve e il suo assistente Enrico Rossetti, devono intervenire presso un condominio per l’ennesimo caso di -disturbo della pubblica quiete-, in quanto un uomo di origine africana, di nome Mamadou, sta dando calci a una porta e lo fa per uno scopo preciso: vuole essere arrestato, vuole essere portato in galera.
I due poveri poliziotti non hanno nessuna intenzione di arrestarlo e soprattutto non hanno voglia di tornare in ufficio a redigere alcun verbale. Semplicemente si vogliono limitare a riprenderlo, così come si riprende uno scolaro che fa i capricci, per poi lasciarlo libero. Ma niente da fare, Mamadou vuole essere arrestato.
E da qui si dipana la storia, una storia originale. Bizzarri è riuscito a raccontare, fotografare e far vivere al lettore una vicenda che si può considerare all’ordine del giorno. È la storia di un immigrato, di tanti immigrati, è la storia di quelli che a molti, mentre sono sdraiati sulla spiaggia sopra i loro morbidi asciugamani, piace chiamare fratelli (perché siamo fratelli, no?) ma in realtà poi spesso storcono il naso quando se li trovano vicini su un mezzo pubblico.
Bizzarri scrive senza pietismi, senza superficialità, senza banalità e senza retorica la vita di un immigrato. L’autore, che tutti conosciamo come il Luca della coppia -Luca e Paolo-, avvezzo a redigere testi brillanti, non cambia stile anche per scrivere questo romanzo. Usa la stessa tecnica, giocando e pesando le parole cosicché il testo risulti coinciso ed efficace. All’inizio del romanzo racconta l’assurdità della situazione davanti alla quale si vengono a trovare i due poliziotti riuscendo anche a strappare una risata a lettore. Nella seconda parte, quella più dolorosa e introspettiva, dove i profili psicologici dei personaggi vengono a galla, sorprende il lettore disarmandolo. E il linguaggio che non perde mai ritmo e scorrevolezza si adegua nel passaggio dalla prima alla seconda parte senza perdere efficacia, energia e freschezza.
Il racconto di Mamadou è il racconto di tanti uomini che abbandonano la loro terra per provare a vivere un’altra vita, sperando in una vita migliore. Purtroppo spesso consegnano il loro destino nelle mani di un padrone che renderà la loro esistenza un inferno.
Il libro è uno spaccato della società di oggi e prende spunto da un fatto realmente accaduto. Consiglio la lettura a chi è in cerca di una storia di vita vera, attuale, sotto certi aspetti paradossale, narrata con ironia. Una storia che ci insegna che esistono persone, come Mamadou, che, in nome di un destino migliore, si ritrovano a vivere un’esistenza che non conosce libertà e che soprattutto non gli fornisce i mezzi per poter sognare. E senza sogni non si vive ma si sopravvive.



sabato 24 luglio 2021

Recensione de "Lo zio cadavere“ di Ian Macpherson 8tto Edizioni

 Recensione de "Lo zio cadavere“ di Ian Macpherson 8tto Edizioni

"Hayden McGlynn, cabarettista in difficoltà, come uomo di spettacolo sa bene che commedia e tragedia vanno spesso di pari passo. Tornato a Dublino per il funerale di suo zio Eddie, l'uomo che l'ha cresciuto, morto "nel fiore degli anni" - precisamente ottantasei - dopo aver notato una ferita sospetta sulla testa del defunto e una ringhiera delle scale manomessa, conclude che Eddie è stato assassinato e inizia a indagare. Hayden è un detective improvvisato che, piuttosto di risolvere un crimine, preferirebbe dedicarsi al suo noir celtico, un romanzo poliziesco che è tale soltanto nella sua mente ma non sulla carta: nessuna storia, nessuna struttura, nemmeno l'incipit. Ad affiancarlo nelle indagini, tre eccentriche ziette e un narratore autoreferenziale, irresponsabile e invasivo, che perde spesso la trama - letteralmente! - per seguire personaggi secondari che interessano soltanto a lui. Dopo pochi giorni il cerchio sembra restringersi attorno agli improbabili indiziati, ma la verità si dissolve per ricomporsi in un quadro che sottrae a Hayden ogni certezza, ricompensandolo però con il miracolo dell'atto creativo. E la storia riparte esattamente dal punto in cui era cominciata.”

Una narrazione semplice, una scrittura brillante, una storia dentro la storia. Questo libro è una commedia drammatica, caratterizzato da umorismo molto sottile e profonda ironia. Una storia raccontata in un modo inconsueto ed è proprio per questo che mi complimento con l’autore e con la casa editrice che, per me, hanno fatto una scelta coraggiosa. Nonostante questo i personaggi sono ben caratterizzati, le scene ben descritte, non mancano i colpi di scena. La storia affronta anche temi importanti che offrono spunto di riflessione. Un libro piacevole ma per leggerlo bisogna conoscere l’arte dell’ironia. Non è un libro per tutti, questo sì, infatti è lo stesso autore ad affermare che è indicato a chi ama le matrioske ma fatte di parole.



martedì 13 luglio 2021

Recensione di "Pedalando su un filo d'acciaio" di Carlo Calcagni Carlo Calcagni Edizioni G.A.

Recensione di "Pedalando su un filo d'acciaio" di Carlo Calcagni Carlo Calcagni Edizioni G.A.

Carlo Calcagni, classe 1968, appartiene al Ruolo d'Onore dell'Esercito Italiano. È stato un elicotterista e si è ammalato durante la missione Internazionale di Pace nel 1996 nei Balcani, in Bosnia. La sua grandezza sta nell’essere riuscito a trasformare la sua tragedia in forza. La forza di continuare ad andare avanti e a credere ancora nel domani. Grazie alla sua volontà e alla sua audacia, è riuscito in un certo senso a ingannare se stesso, diventando un atleta paralimpico che ha fatto dello sport la sua ancora di salvezza, la sua luce in fondo al tunnel affrontando e vincendo moltissime sfide ciclistiche.
Il suo libro potrei definirlo “pagine di vita”. Calcagni racconta il dolore fisico ma anche quello provocato dalla solitudine, dall’abbandono e dalla paura. Pagine intrise di sudore, di forza e di coraggio. “Mai arrendersi” questo è il suo motto.
Pedalando su un filo d’acciaio” è la storia di un soldato, di un militare, di uno sportivo, di un padre, di un amico. È la storia di un uomo sensibile attento ai bisogni dei più deboli. Calcagni ogni giorno lotta contro quello che di brutto gli ha lasciato “il nemico invisibile” e non solo. Carlo lotta contro l’indifferenza delle persone, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della disabilità e diversità. Un libro sofferto, certo, ma carico di energia e amore verso il prossimo.
Ho avuto il piacere di scambiare con lui alcune mail e messaggi su WhatsApp, passando dai discorsi più semplici a quelli più complicati, e quello che mi ha sorpreso di lui è stata la sua semplicità, come se ci conoscessimo da sempre.
«Io non mi ero mai messaggiata con un colonnello» gli scrissi con un certo imbarazzo e lui mi rispose con un emoticon sorridente.
E guardando le foto, che via via si susseguono tra le pagine di questo libro, ho visto il suo vero sorriso, quello di un uomo che crede nella bellezza e grandezza della vita e che lotta al ritmo del suo cuore.


domenica 11 luglio 2021

Recensione de Il rituale del male" di Jean-Christophe Grangé editore Garzanti Libri

Recensione de Il rituale del male" di Jean-Christophe Grangé editore Garzanti Libri

“L’aria è malvagia sull’isola di Sirling, al largo della costa bretone. Un’aria salmastra, appiccicosa, in cui l’odore del mare si mescola alle immagini di un macabro rituale, al ricordo di un uomo, uno spietato serial killer dalla firma inconfondibile. L’Uomo Chiodo, però, ha smesso di colpire da più di quarant’anni. Nel 1971. A Lontano, nel cuore del Congo.
Ma i segni di quei terribili omicidi emergono ora dal limbo del tempo in una base militare di fulgida tradizione. Il corpo di un giovane cadetto, dilaniato da un’esplosione, viene ritrovato all’interno di un bunker. I rilievi del medico legale non lasciano dubbi: il corpo è stato trafitto da centinaia di chiodi arrugginiti, gli organi asportati, gli arti orrendamente mutilati. A occuparsi del caso, stranamente, non è la polizia militare, ma la prestigiosa squadra Omicidi di Parigi, guidata dal comandante Erwan Morvan. Erwan è figlio di quel Grégoire Morvan che, proprio a Lontano, aveva messo fine alla scia di sangue dell’Uomo Chiodo, quello che sulle risorse minerarie del Congo ha costruito la propria fortuna e che ora, da una posizione defilata, comanda le leve della polizia francese. E mentre le vittime si moltiplicano e gli indizi si fanno via via più evanescenti, il fantasma dell’Uomo Chiodo torna a braccare i Morvan e a scuotere dalle fondamenta il buon nome di una famiglia in apparenza inattaccabile. Ben presto l’indagine costringe Erwan sulle tracce delle più oscure gesta di suo padre in Africa, trasformandosi in una sfida che oltrepassa le leggi dello spazio e del tempo, in cui nessuno è senza colpa e nessuno conosce la verità. Una corsa sfrenata per salvare chi ama, che condurrà Erwan lontano dalla Francia, nel cuore del Congo oscuro e sanguinoso che ha tenuto a battesimo la sua stessa esistenza.
Tradotto in trenta lingue, Jean-Christophe Grangé è uno degli autori di thriller più venduti in tutto il mondo. Con Il rituale del male ha confermato il suo ruolo di re francese del noir, vendendo in un solo mese 200.000 copie e piazzandosi in cima alle classifiche dei bestseller. Una storia che intreccia passato e presente, Europa e Africa, moderne tecniche investigative, superstizioni e credenze religiose, conquistando il lettore con la potenza selvaggia di un mito antico.”
Grangé non si smentisce mai e con un perfetto gioco di alternanza di spazi temporali e ambientazioni, porta il lettore avanti e indietro nel tempo. L’impalcatura del romanzo, infatti, si muove quasi ondeggiando tra la Francia e il cuore nero dell’Africa. Sono tanti i personaggi che si muovono tra le pagine di questo libro e tutti ruotano intorno alla famiglia Morvan formata da Grégoire, un uomo perfido malato di potere che manovra le vite degli uomini a suo piacimento, e dai suoi tre figli: Loic, cocainomane; Erwan, un bravo poliziotto e Gaelle che, in nome dell’odio che prova per suo padre, vende il suo corpo. Personaggi ben caratterizzati dai profili psicologici complessi.
Tutto ruota intorno alle miniere di Coltan, la sabbia nera per la quale tutti sono disposti a tutto, anche a uccidere. Politici corrotti, assetati di potere, provano ogni mezzo per cercare di conquistarle sfruttando non solo le risorse naturali ma anche i più deboli.
Questo romanzo può essere definito una saga familiare dove follia, rituali magici e spargimenti di sangue sono i principale ingredienti del Male. Il Male è ovunque, non ci sono personaggi buoni o cattivi, in ognuno di loro vive l’ombra così come la luce. La lettura scorre, lo stile letterario di Grangé come sempre è fluido e i capitoli brevi danno ritmo e dinamicità alla storia. Un romanzo intenso, che cattura il lettore e l’autore, ancora una volta, ci mette davanti a un’inquietante verità: che il Male vive con noi.