domenica 22 dicembre 2019

Recensione della raccolta "Delitti di Dio" Alter Ego Edizioni a cura di Diego Di Dio

Recensione della raccolta "Delitti di Dio" Alter Ego Edizioni a cura di Diego Di Dio
Premessa:
a mio parere, consapevole del fatto che il mio -parere- può anche non interessare a nessuno e che il mio -parere- come il -parere- di tutti voi è solo un -parere- e non un'assoluta verità, questa per me è una vera Antologia.
Parto dal fatto che i nomi degli autori compaiono sulla copertina. Sotto il titolo non compare solo il nome del curatore dell'antologia. Particolare non scontato.
Il nome del curatore appare sulla quarta di copertina.
Proseguo affermando che tutti i racconti, che sono i veri protagonisti di una raccolta, suscitano l'interesse dall'autore con la stessa intensità. Non ce n'è uno a cui darei un dieci e nemmeno uno a cui assegnerei una sufficienza stiracchiata come quei 6- che a tanti insegnanti piace dare ai loro studenti. Giammai che qualcuno si offenda.
Insomma, sono tutti racconti con la R maiuscola che a turno hanno messo in seria crisi la mia autostima da scrittrice. 
E poi la copertina: intrigante, inerente al tema, curata nei minimi dettagli. Per comprendere ciò che dico, dovreste averla sotto mano e guardare dritto dritto negli occhi il prete raffigurato.
Infine il titolo. Un titolo che ci sta tutto. Se continuerete a leggere la recensione capirete perché.
“Dodici racconti, dodici finestre spalancate sul mondo della Chiesa e del crimine, dodici specchi attraverso i quali guardare il lato buio di tutti noi.”, così compare scritto nella seconda di copertina.
Edè  esattamente ciò che si spalanca davanti al lettore. Ogni finestra, ogni racconto, ovviamente scritto con uno stile letterario e una scelta stilistica diversi, porta alla luce il male.
-Male- che brutta parola! Il male che fa paura, il male che esiste. Il male che è dentro di noi. Il buio si annida dentro noi, così come la luce. Così come la salvezza, la redenzione, il perdono, la depravazione. Non essere nulla ma essere tutto. Cercare il bene e trovare il male e il contrario. Pregare Dio e bestemmiarlo perché forse non c'è o forse siamo noi che non lo vediamo, oppure ancora pregare Dio e trovarlo. Fare a pugni con Dio e farsi prendere a pugni da Lui. Dio che forse sta nell'angolo destro o sinistro del soffitto di camera nostra dove spesso in silenzio lo cerchiamo prima di addormentarci. Dio e la Chiesa che non sono la stessa cosa ma dicono che Dio sembra proprio abitare lì, in chiesa. Spesso però, quando noi entriamo in casa sua, Lui è appena uscito. Oppure arriva esattamente un secondo prima che noi, stanchi di aspettarlo, siamo usciti, siamo andati via. Forse invece era in casa ma non ci ha ascoltati o forse noi non abbiamo suonato decisi al citofono.
Tutti i racconti fanno trarre un lungo respiro, tutti chiedono di fermare la corsa della lettura per riflettere su ciò che abbiamo letto.
Così per quello della Ramunno che regala al lettore un giallo storico; la Costantini che fa riflettere sull'esistenza di Dio e sull'importanza della fede; la Bonfiglioli che conduce il lettore in un convento maledetto... lo sarà davvero?; Franco che fa inorridire il lettore portando alla luce gli orrori che si verificano dentro a un oratorio; la Musneci, invece, porta il lettore a Edimburgo raccontando di un prete che ha tutta una sua storia; Banelli che ricorda tristemente al lettore che la mafia esiste e che talvolta va a braccetto con la fede; Lama che dentro a quel confessionale scatena nel lettore una tachicardia; Botti che fa sorridere per i suoi personaggi fuori dalle righe ma mai scontati; Cappi che porta a galla un mistero riguardante la religione; Tordi che parla di credenze religiose e di strani complotti; Catozzi che provoca ansia parlando in modo magistrale di internet e satanismo; Marra che a tratti commuove parlando di amore paterno e materno, racconta del binomio prostituzione e violenza e di un prete che forse ha perso la fede. La ritroverà?

lunedì 16 dicembre 2019

Recensione di "Dare e avere" di Andrea Novelli e Gianpaolo Zarini, Fratelli Frilli Editori

Recensione di "Dare e avere" di Andrea Novelli e Gianpaolo ZariniFratelli Frilli Editori
Una nuova indagine per l’investigatore privato genovese Michele Astengo.
Gilberto Ruggeri, imprenditore locale di un certo calibro, si rivolge a lui chiedendogli di recuperare alcune carte conservate in uno schedario all’interno del Credito Navale Genovese. Un incarico tutto meno che facile che porterà Astengo davanti a delle verità scottanti. Quante sono le verità: una, due o tante? Perché la vita di numerosi imprenditori finisce in rovina dopo essere diventati clienti della Cre.Na.Ge?
Un’indagine che metterà Astengo a dura prova. Un'indagine che lo metterà in crisi fino a perdere di vista se stesso.
Uno stile letterario che mette in evidenza la profonda conoscenza culturale classica dei due autori. Non sempre la lettura risulta facile, a volte è necessario tornare indietro per non perdere il filo. Questo, però, non compromette la voglia di arrivare fino in fondo all'ultima pagina. Una storia che parte dai carruggi di Genova, passa attraverso il tango, prorompe in un ambiente rovinato dall'ingordigia. L'uomo cosa è disposto a dare per avere?
Una storia che fa pensare, che mette in risalto la sensibilità dei due autori che non perdono mai di vista il fatto che prima di essere uomini siamo essere umani.

domenica 8 dicembre 2019

Recensione di "Stazione di sosta. Cronaca di un cancro" di Marco Neirotti, edizioni Interlinea Edizioni

Recensione di "Stazione di sosta. Cronaca di un cancro" di Marco Neirotti, edizioni Interlinea Edizioni
Sono sempre stata spettatrice della malattia degli altri, spesso dal primo atto della commedia all'ultimo.
Quello conclusivo.
Quello finale.
Quello che schiaccia.
-Commedia- non è il termine adatto ma fa meno male che chiamarla -vita-.
La vita, la vita degli altri quella dei malati. Mi sono sempre chiesta: cosa provano quelli che stanno nel girone dei quasi morti, quelli che hanno già un piede posato nell'Aldilà?
-Aldilà-, che brutta parola. Aldilà di cosa? Sorvoliamo...
Questo libro, che ho deciso di acquistare e di leggere sapendo bene di rischiare, arriva in un momento particolare della mia vita. Diciamo in un momento in cui sono costretta a fare dei conti. Conti che non tornano e non perché io non sia brava in matematica. Certi conti non tornano mai.
Una lettura che rovescia, che frammenta, che ti fa diventare un mucchio di coriandoli e poi ti ricompone. Una scrittura magistrale, una finestra sulla vita che l'autore quasi dipinge su una tela che è la pelle. La sua pelle.
Neirotti canta a bassa voce, danza in punta di piedi, non vuole disturbare nessuno, sussurra al lettore parole di una verità crudele, spaventosa che inevitabilmente fa male. Spesso, però, la verità fa male. Neirotti mostra la via del cancro ma segnala anche una via d'uscita, lascia una luce in fondo al tunnel. Un racconto equilibrato, ricco di chiaroscuri, di paure confessate a tratti stemperate, d'ironia intelligente. A volte gli autori sembrano due: l'uomo malato che combatte insieme ai medici e agli infermieri bombardandosi di chemioterapia e quello che parla e lotta con se stesso per non cadere nello sconforto. Si combatte davvero il cancro? Davvero si diventa guerrieri o è solo una questione di fortuna, di resistenza alle terapie, di guarire da un cancro e trovarsene un altro tra le mani?
Un uomo che, da cronista inviato per fatti tragici come il terremoto dell'Aquila, si trova ad essere
cronista del suo terremoto. E anche questa volta lo fa con rispetto verso chi soffre, con umanità con tatto e dolcezza. Si può essere cronisti di se stessi senza cadere nel banale? Sì, se ti chiami Marco Neirotti.
Un libro da leggere, perché il tumore può appostarsi dietro l'angolo della vita di ognuno di noi. Il cancro deve spaventare, deve annientare ma non deve uccidere al momento della sua diagnosi. Questo è il messaggio che l'autore vuole trasmettere al lettore.
Sono tanti i passi di queste pagine che mi hanno colpita, uno in particolare: quando cerchiamo di rivedere la nostra vita passata, esattamente come si sfoglia un album di fotografie, a cosa pensiamo esattamente? A quello che abbiamo fatto o a quello che non abbiamo fatto ma che potevamo fare? Alle parole dette o a quelle non dette ma che potevamo dire? Alle scuse fatte o a quelle non fatte? Tendiamo sempre ad auto assolverci e invece come dice Neirotti: “Ci si può assolvere da quasi tutto, mai da tutto.”

lunedì 2 dicembre 2019

Racconti italiani gotici e fantastici. Esperimenti. A cura di Dario Pontuale, edizioni Black dog magazine

Racconti italiani gotici e fantastici. Esperimenti. A cura di Dario Pontuale, edizioni Black dog magazine
Non mi è possibile fare una vera recensione a questo romanzo. Non sarei in grado. Rischierei di non dargli l'importanza e i meriti che invece ha.
Questa collezione di racconti dimostra che l'horror ha radici lontane e molte delle quali italiane.
Il bianco e il nero, il bene e il male. Una eterna lotta, dunque. Racconti che a tratti raffreddano il sangue che scorre nelle vene del lettore.
Una raccolta molto curata, preziosa, unica, da assaporare lentamente, a piccoli dosi e, se siete paurosi come me, leggetela quando in casa c'è qualcuno oppure chiudete bene le finestre, date un triplo giro di chiave alla vostra porta... insomma mettetevi al sicuro.