domenica 31 luglio 2022

Recensione di "SCRIVO DI NOTTE E... ho una Moleskine" di Ernesto Torta, edizioni Divinafollia

Recensione di "SCRIVO DI NOTTE E... ho una Moleskine" di Ernesto Torta, edizioni Divinafollia

Poesie immediate e dirette. Dalla lettura si evince che Torta scrive (di notte) e lo fa per vivere, per descrivere il vero senso di ciò che prova. L’esistenza, le emozioni positive e negative vengono descritte con schietta verità. Ogni aspetto, e qui di aspetti ce ne sono molti, prende forma e si dirama verso più direzioni. La malinconia, l’amore, il dolore, la felicità, una bella donna, un amico, una canzone, la vita in tutta la sua interezza sono raccontati strofa dopo strofa, verso dopo verso. L’autore ha un pregio (o forse un difetto) o meglio, più che un pregio ha una grande capacità: quella di guardare la vita con gli occhi di un uomo che non ha dimenticato di essere stato un bambino. È attento alla vita, è onesto con la vita ed è per questo che questa raccolta è coinvolgente, ironica e vera.



venerdì 29 luglio 2022

Recensione di "Ti racconto una canzone" a cura di Massimiliano Nuzzolo e Eleonora Victoria Serino Arcana Edizioni

Recensione di "Ti racconto una canzone" a cura di Massimiliano Nuzzolo e Eleonora Victoria Serino Arcana Edizioni

“Le canzoni che ascoltiamo, a volte per caso, a volte per scelta, spesso rimangono dentro di noi e ci accompagnano per tutta la vita. Questo libro nasce con l'idea di raccontare un momento particolare, delle emozioni, dei ricordi, e ovviamente una canzone che è legata indelebilmente a essi. Un universo sonoro che scorre accanto a noi, nei modi più disparati, per accompagnare la nostra vita. E senza scomodare Charles Baudelaire, di certo la musica come arte ha qualcosa in sé di più "diretto", più potente e coinvolgente di tutte le altre arti. In questo libro più di quaranta autori e autrici, di ogni età, noti e meno noti, esperti o meno esperti, coinvolti da Massimiliano Nuzzolo, coadiuvato da Eleonora Serino, raccontano con passione la loro canzone: un modo personale di raccontare le emozioni che va oltre la canzone stessa.”
Un volume composto da racconti di altissimo livello, scritti con cura, quasi disegnati da una mano sicura che non trema ma fa tremare. Vibrano le corde vocali e la musica incalza. Non è facile trovare una raccolta di racconti così diversi ma nello stesso tempo così affini per l’onda emozionale che riescono a scatenare. Diversi i registri ma uguali i risultati: ironia, sensibilità si alternano, al centro sempre l’essere umano e una canzone… quella canzone.



domenica 24 luglio 2022

Recensione di "La vita che volevo" di Lorenzo Licalzi, Rizzoli edizione.

Recensione di "La vita che volevo" di Lorenzo Licalzi, Rizzoli edizione.

“Alzi la mano chi può rispondere di sì. Chi non ha mai rimpianto un'occasione mancata o una decisione che non ha preso. E non ha mai fantasticato un'altra vita; la vita che, forse, voleva davvero. È quel che succede ai personaggi di questo libro lieve e imprevedibile: Laura che credeva di aver fatto pace con gli uomini e non sa che la guerra è appena cominciata; Maddalena che ha sbagliato incrocio e ha perso la sua unica chance; Lorenzo che, grazie a uno sguardo, finalmente apre gli occhi; Patrizia e Carla, casalinga l'una, donna in carriera l'altra, che fanno i conti con la stessa "assenza di fondo", mentre i mariti giocano a un tavolo di poker il loro "ultimo giro". Uomini e donne che si guardano indietro, o allo specchio, e scoprono, con sorpresa, curiosità o spavento, che come dice Lorenzo: "lo di vite ne avrei potute fare almeno cinque o sei". Perché le vie del destino sono infinite, e se è vero che Dio ha inserito nelle nostre esistenze la variabile "caso" per movimentare un po' la situazione, è anche vero che a volte del caso nemmeno ci accorgiamo, perché fa capolino nelle cose più piccole: una sveglia che non suona, un numero di telefono sbagliato, un caffè preso in un bar diverso dal solito. Ma non c'è motivo di disperare: forse, sembra suggerire Licalzi con il tono scanzonato di sempre, tutte le vite che avremmo voluto le stiamo vivendo, proprio ora, in altri universi, in cui altri noi sono alle prese con altre storie.”
A ogni capitolo corrisponde un racconto. A ogni racconto una riflessione.
Una composizione narrativa praticamente perfetta, dove le parole, una dopo l’altra arrivano al lettore con precisione: parole che fanno bene, male, che fanno tremare, ridere… che sdrammatizzano la vita. La vita sognata, amata, avuta. Forse sbagliata o corretta. Ma la vita ce la facciamo davvero noi? O chi per noi? Basta un attimo e la vita, la nostra vita, può cambiare in meglio, in peggio, può finire. Può diventare l’urlo della pazzia che ci coglie; la pietra che lanciamo; il semaforo che non rispettiamo. Comunque sempre vita.
Una contrapposizione di storie che hanno un legame, sta al lettore coglierlo. Uno stile letterario allegro… ma non troppo. Un libro da dieci e lode.



venerdì 22 luglio 2022

Recensione di "Tutto da rifare" di Roberta Paola Fornari edizioni Leucotea.it Matteo Moraglia.

“Un thriller psicologico nel quale si racconta l'ineluttabilità della vita e della morte, si diventa grandi, si fondano nuove speranze quando oramai si credevano morte. Ma infine è sempre tutto da rifare. Una storia di amicizia, quella di Miriam e Viola. Una girandola di eventi che si dipanano tra Milano, Torino, Roma, Portopalo di Capo Passero e Bormes les Mimosas. Tutto ha origine dalla situazione economica disastrosa in cui versano Miriam e il fidanzato, costretti a chiedere soldi ad una persona "fidata". Una duplice scomparsa, poi l'incontro con il commissario Giambiancô, che consiglia a Viola di raccontare gli accadimenti in un libro, che porterà alla soluzione del mistero.”

Una scrittura incalzante, precisa. Una finestra sulla vita, sul mondo, su noi poveri essere mortali. Un giallo nel giallo. Sofferenza nella sofferenza. Perché è da questo che si parte: dalla sofferenza, che sta dietro l’angolo per ognuno di noi, con la quale ognuno di noi prima o dopo farà a pugni. Siamo fragili. Combattivi, per carità, ma fragili. Ottimi gli spunti riflessivi che l’autrice offre al lettore, che non può fare a meno di godere del lato psicologico, perno sul quale gira l’intera storia.
Milano, Torino, Capo Passero, Provenzale sono i luoghi dove i personaggi si alternano, si muovono, gioiscono, ridono, piangono e muoiono. Ben descritte le ambientazioni, ben caratterizzati i personaggi. Soprattutto ben descritti i sentimenti e le emozioni.
“Le pareti della mia camera mi ruggiscono addosso un dolore che non ho saputo aiutare”… e poi c’è la poesia.
Decisamente una lettura che consiglio.



martedì 19 luglio 2022

Recensione di "Ultimo sangue" di Diego Di Dio La Corte Editore

Recensione di "Ultimo sangue" di Diego Di Dio La Corte Editore
“Alisa e Buba sono due sicari professionisti. Lavorano spalla a spalla nella Napoli in cui si consuma una guerra taciturna tra due imperi criminali. Quando don Luigi e suo figlio Gabriele vengono brutalmente uccisi, però, tutto cambia. Donna Teresa, ora vedova e assetata di vendetta, assolda i due killer per porre fine, una volta per tutte, all’intera vicenda. La boss del crimine ha una missione per loro: trovare e ammazzare la figlia di don Pasquale, responsabile di aver ordito il piano che ha portato allo sterminio della sua famiglia. In questo mondo di corruzione, fatto di armi e incline ai tradimenti, si muovono Alisa e Buba, che nel frattempo devono fare i conti con un passato dal quale non vorrebbero fare altro che fuggire. Perché non sono solo assassini. Sono due sopravvissuti. E in una realtà divorata dall’odio e consumata dal desiderio incontrollabile di potere, sanno che possono fidarsi solamente l’uno dell’altra. Ma sarà sufficiente? Un’ultima missione, un’ultima rivincita, un ultimo sangue.”
Se questo libro fosse un dipinto, sulla tela ci sarebbero tutti i colori e le sfumature necessari a “raffigurare“ la storia che viene narrata.
Se fosse una melodia, sullo spartito si troverebbero tutte le note e le pause per “suonare” quella storia.
Se fosse un film… ecco, a dire il vero, dovrebbe diventare un film. Non una serie televisiva ma un vero e proprio film.
Diego Di Dio scrive, non produce parole ma scrive davvero. Con precisione e attenzione, portando rispetto per il suo lettore. Una storia intensa. Una storia bagnata da dolore, malvagità, paura. Intrisa, soprattutto, da una disarmante umanità. Quella sconfinata umanità che sta lì in bilico tra il bene e il male: “Il bene e il male esistono, e la distanza che li separa non è un abisso, ma un passo. Ognuno di noi nasce su quel passo.”
Il lettore sta dalla parte di tutti, perché si può stare anche dalla parte del male, quando il male è l’unica soluzione possibile.
Una scrittura efficace, mai banale. Descrizioni che consentono al lettore non solo di immaginare ma di vedere proprio, davanti ai suoi occhi, la scena.
Ma c’è una cosa (insomma cosa) che mi ha lasciata “confusa e felice”. Tanto felice. Il racconto della maternità. Perché anche di questo si parla in questo romanzo: di quell’amore che siamo sempre tutti propensi a pensare che solo una donna possa capire, possa “sentire”. Vi posso assicurare che in questo romanzo quel sentimento è descritto con cura e attenzione, senza inutili e scontate banalità. Ed è descritto da un uomo, uno scrittore: Diego Di Dio.
Uno scrittore che scrive come un pittore dovrebbe dipingere un quadro sulla tela; scrive come un musicista dovrebbe comporre il suo spartito; scrive come un regista dovrebbe mettere in scena un film. Con cura, sentimento, precisione, e passione. Scrive con pazienza, quella che spesso manca a chi scrive.



mercoledì 13 luglio 2022

Recensione di "Sono Coniglio, partigiano" di Elisabetta Violani Echos Edizioni

 Recensione di "Sono Coniglio, partigiano" di Elisabetta Violani Echos Edizioni

"Il libro racconta le avventure di un giovane soldato tedesco che diserta da un porto della riviera ligure durante la seconda guerra mondiale e la vicenda è ispirata a quella realmente accaduta ad un amico di famiglia dell’autrice. Grazie all’aiuto di una giovane donna di cui si innamora, il protagonista si unisce ai partigiani e combatte nella resistenza, a suo modo però. È un disegnatore e lui si definisce un artista, non riesce a sparare ed è sempre in preda ad una paura folle di morire: per questo viene soprannominato Coniglio. All’inizio ha vita dura, ma a poco a poco i suoi compagni finiscono con l’accettarlo per quello che è e ne sfrutteranno al massimo le capacità, ossia la profonda lealtà nonché la non comune forza fisica. Grazie anche alla sua arte, il disegno, si guadagnerà la stima dei suoi compagni diventando parte integrante, se non addirittura indispensabile, della piccola comunità partigiana di cui andrà a fare parte. Nel romanzo viene raccontata la resistenza da un punto di vista inusuale che però affonda le radici nella storia: la guerra è da sempre un male deprecabile, frutto della peggiore nefandezza umana e l’uomo è costretto a convivere con la sua natura che è uguale a tutte le latitudini, nel bene e nel male.”
Con una scrittura energica ed elegante l’autrice più che raccontare disegna, perché è quello a cui il lettore si trova davanti: a disegni che ritraggono un mondo spietato, vite recise, condannate, perse nel vento di una umanità disarmante. L’uomo che uccide un altro uomo, così come se niente fosse. Uccide la carne e sotterra sentimenti, emozioni, gioie. Tutto si vanifica in un colpo di fucile. E rimane il dolore. Il dolore è un fiore sopra a un cumulo di terra, sopra a un cadavere, sopra a una vita vissuta a metà.
Una storia ispirata a una vicenda realmente accaduta, che racconta il valore della Resistenza, che parla della Resistenza partigiana, perché il ricordo non deve essere cancellato. Deve essere gridato. Così come deve essere l’amore. Resiste chi ama, chi crede, chi non dimentica. E la cultura è resistenza. E la vera arte fa cultura.
Sono Coniglio, partigiano, mentre lo leggi ti viene voglia di urlare. Perché la Resistenza non è una favola inventata dagli uomini. E la Violani la racconta in queste pagine, attraverso una carrellata di personaggi ben caratterizzati. L’autrice si fa voce narrante autentica, vera, straordinaria.



lunedì 11 luglio 2022

Recensione di "Appunti sulla tua scomparsa improvvisa" di Alison Espach“ Bollati Boringhieri editore.

Recensione di "Appunti sulla tua scomparsa improvvisa" di Alison Espach“ Bollati Boringhieri editore.

Da sempre, Sally, tredici anni, guarda alla sorella sedicenne Kathy con ammirazione, rispetto e infinito amore: Kathy è bellissima, elegante, dotata nel canto, ricercata dai compagni di scuola. Sally condivide con lei tutte le esperienze della loro adolescenza, e anche le confidenze sul primo amore di Kathy, Billy, star emergente della squadra di basket locale, che presto, per motivi diversi, diventa inesauribile fonte di struggimento anche per Sally. Fino al tragico giorno dell'incidente in cui Kathy perde la vita: Billy e Sally sono ora destinati a essere uniti per sempre, la tragica, accidentale morte di Sally li coinvolge entrambi e sconvolge le esistenze di tutti i componenti delle loro tranquille famiglie americane. Ambientato nel corso di quindici anni, Appunti sulla tua scomparsa improvvisa è narrato in prima persona da Sally, che racconta a Kathy che cosa accade nella vita di chi resta, dando voce alla limpidezza dei suoi pensieri e all'assoluta sincerità delle sue emozioni. Ne risulta un romanzo straordinario, che non è solo una storia d'amore mozzafiato tra due persone spezzate e inspiegabilmente, scomodamente attratte l'una dall'altra, ma anche una storia di formazione ironica e sottile capace di esplorare i modi bizzarri e inaspettati in cui le persone che amiamo di più continuano a plasmare la nostra vita molto tempo dopo essersene andate: perché chi scompare non scompare mai davvero finché continueremo a cercare i segni della sua presenza dentro e fuori di noi.”
La vita dà, la vita toglie. E non chiede il permesso. Questa facoltà, che solo la vita ha, la si può chiamare in tanti modi: volere di Dio; fatalità; casualità; destino. Chiamiamola pure -la più tollerabile spiegazione e giustificazione- che ognuno di noi trova per continuare a vivere nonostante un dolore, provato per la scomparsa improvvisa o meno di qualcuno che amiamo profondamente.
In “Appunti sulla tua scomparsa improvvisa”, lo si legge chiaramente il dolore, anzi per meglio dire, lo si mastica, lo si tocca con mano, quasi lo si prova, nonostante i sorrisi e le risate che la stessa lettura provoca. È questa la grandezza del romanzo, per essere stato scritto con una mano straordinaria. L’autrice descrive il dolore senza cadere in quelle offensive e scontate banalità, senza alcuna retorica, in cui molti invece, purtroppo, inciampano.
Perché se è vero che il dolore ci annienta è anche vero che ci trasforma se, di quel dolore, sappiamo cogliere il meglio.
Sally è la voce narrante che parla con la sorella Kathy. È consapevole del fatto che la sorella non ci sia più. Perché è proprio questo il punto: Kathy non c’è più. Questo, però, non le basta. Non le può bastare. Perché sua sorella c’è stata, era viva, così viva da raccontarle ogni cosa. Lo ammette che non c’è più, lo urla in faccia al mondo: -mia sorella è morta, è chiusa in una bara, è sottoterra…- Nonostante questo le racconta la vita che non ha più, la vita che vive lei, che vive il suo ragazzo, quello che ha lasciato.
Sally racconta alla sorella cosa succede nelle vite di chi resta. Di chi è rimasto a respirare la stessa aria che respirava lei. E la mancanza di Kathy ognuno la vive a proprio modo: il padre diventa pigro ma poi vuole a tutti i costi abbattere gli alberi del giardino prima che un uragano possa portarli via; la madre vede Kathy in un gatto randagio o in un uccello che vuole entrare in casa; il fidanzato si fa un tatuaggio per ricoprire la ferita.
La Espach con la sua scrittura frizzante, allegra e precisa compie un miracolo: quello di parlare del dolore facendo ridere il lettore.
È un racconto di formazione e nello stesso tempo un potente mezzo che lancia un messaggio forte e chiaro: il dolore lo si può attraversare, gli si può, addirittura, passare in mezzo. Poi lo si deve cogliere, stringere tra le mani, guardarlo e lasciarlo andare lanciandolo in aria. Cadrà il dolore, si farà male, non riuscirà ad alzarsi. Dovremo tendergli una mano, farcelo amico. E un amico, se è vero, è una forza.



lunedì 4 luglio 2022

Recensione di "Sconosciuti in treno" di Patricia Highsmith, edizioni La nave di Teseo

Recensione di "Sconosciuti in treno" di Patricia Highsmith, edizioni La nave di Teseo

-"Io ucciderò sua moglie e lei ucciderà mio padre. Ci siamo incontrati in treno e nessuno sa che ci conosciamo. Un alibi perfetto." Avvicinato da uno sconosciuto in uno scompartimento di un treno con una proposta decisamente inconsueta, e molto pericolosa, l'insicuro e tormentato Guy Haines si trova, quasi contro la sua volontà, invischiato in un incubo da cui non potrà più sottrarsi. Il romanzo d'esordio di Patricia Highsmith, che ha ispirato il film di Alfred Hitchcock "L'altro uomo", è un thriller a orologeria su un delitto perfetto e, insieme, un'indagine nel profondo della psiche dei due protagonisti, due uomini legati da una complicità che li porterà a superare ogni limite.-
Romanzo d’esordio di Patricia Highsmith, dal quale Alfred Hitchcock trasse il film “Delitto per delitto”. Un thriller psicologico che narra del rapporto “malato” tra i due protagonisti: l’insicuro Guy Haines e lo psicopatico Anthony Bruno. I due uomini si scambiano due delitti, ritenendo che agendo in questo modo non possano essere scoperti. Anthony uccide la moglie di Guy e quest’ultimo uccide il padre di Anthony.
La caratterizzazione dei personaggi è molto precisa.
Bruno è completamente pazzo, alcolizzato e con una vera propria “passione” per il delitto perfetto.
Guy fondamentalmente è un buono che però si lascia trascinare da Bruno, così da diventare paranoico e ossessivo quanto lui.
L’autrice, con uno stile molto scorrevole, è riuscita a rendere chiare e quasi palpabili il susseguirsi di emozioni che i due protagonisti provano. Il disagio psicologico dei personaggi è ben descritto e il romanzo risulta essere inquietante e intrigante tanto da lasciare il lettore con una sorta di angoscia e con la consapevolezza che la follia potrebbe un giorno bussare alla porta di casa di ognuno di noi.