domenica 22 dicembre 2019

Recensione della raccolta "Delitti di Dio" Alter Ego Edizioni a cura di Diego Di Dio

Recensione della raccolta "Delitti di Dio" Alter Ego Edizioni a cura di Diego Di Dio
Premessa:
a mio parere, consapevole del fatto che il mio -parere- può anche non interessare a nessuno e che il mio -parere- come il -parere- di tutti voi è solo un -parere- e non un'assoluta verità, questa per me è una vera Antologia.
Parto dal fatto che i nomi degli autori compaiono sulla copertina. Sotto il titolo non compare solo il nome del curatore dell'antologia. Particolare non scontato.
Il nome del curatore appare sulla quarta di copertina.
Proseguo affermando che tutti i racconti, che sono i veri protagonisti di una raccolta, suscitano l'interesse dall'autore con la stessa intensità. Non ce n'è uno a cui darei un dieci e nemmeno uno a cui assegnerei una sufficienza stiracchiata come quei 6- che a tanti insegnanti piace dare ai loro studenti. Giammai che qualcuno si offenda.
Insomma, sono tutti racconti con la R maiuscola che a turno hanno messo in seria crisi la mia autostima da scrittrice. 
E poi la copertina: intrigante, inerente al tema, curata nei minimi dettagli. Per comprendere ciò che dico, dovreste averla sotto mano e guardare dritto dritto negli occhi il prete raffigurato.
Infine il titolo. Un titolo che ci sta tutto. Se continuerete a leggere la recensione capirete perché.
“Dodici racconti, dodici finestre spalancate sul mondo della Chiesa e del crimine, dodici specchi attraverso i quali guardare il lato buio di tutti noi.”, così compare scritto nella seconda di copertina.
Edè  esattamente ciò che si spalanca davanti al lettore. Ogni finestra, ogni racconto, ovviamente scritto con uno stile letterario e una scelta stilistica diversi, porta alla luce il male.
-Male- che brutta parola! Il male che fa paura, il male che esiste. Il male che è dentro di noi. Il buio si annida dentro noi, così come la luce. Così come la salvezza, la redenzione, il perdono, la depravazione. Non essere nulla ma essere tutto. Cercare il bene e trovare il male e il contrario. Pregare Dio e bestemmiarlo perché forse non c'è o forse siamo noi che non lo vediamo, oppure ancora pregare Dio e trovarlo. Fare a pugni con Dio e farsi prendere a pugni da Lui. Dio che forse sta nell'angolo destro o sinistro del soffitto di camera nostra dove spesso in silenzio lo cerchiamo prima di addormentarci. Dio e la Chiesa che non sono la stessa cosa ma dicono che Dio sembra proprio abitare lì, in chiesa. Spesso però, quando noi entriamo in casa sua, Lui è appena uscito. Oppure arriva esattamente un secondo prima che noi, stanchi di aspettarlo, siamo usciti, siamo andati via. Forse invece era in casa ma non ci ha ascoltati o forse noi non abbiamo suonato decisi al citofono.
Tutti i racconti fanno trarre un lungo respiro, tutti chiedono di fermare la corsa della lettura per riflettere su ciò che abbiamo letto.
Così per quello della Ramunno che regala al lettore un giallo storico; la Costantini che fa riflettere sull'esistenza di Dio e sull'importanza della fede; la Bonfiglioli che conduce il lettore in un convento maledetto... lo sarà davvero?; Franco che fa inorridire il lettore portando alla luce gli orrori che si verificano dentro a un oratorio; la Musneci, invece, porta il lettore a Edimburgo raccontando di un prete che ha tutta una sua storia; Banelli che ricorda tristemente al lettore che la mafia esiste e che talvolta va a braccetto con la fede; Lama che dentro a quel confessionale scatena nel lettore una tachicardia; Botti che fa sorridere per i suoi personaggi fuori dalle righe ma mai scontati; Cappi che porta a galla un mistero riguardante la religione; Tordi che parla di credenze religiose e di strani complotti; Catozzi che provoca ansia parlando in modo magistrale di internet e satanismo; Marra che a tratti commuove parlando di amore paterno e materno, racconta del binomio prostituzione e violenza e di un prete che forse ha perso la fede. La ritroverà?

lunedì 16 dicembre 2019

Recensione di "Dare e avere" di Andrea Novelli e Gianpaolo Zarini, Fratelli Frilli Editori

Recensione di "Dare e avere" di Andrea Novelli e Gianpaolo ZariniFratelli Frilli Editori
Una nuova indagine per l’investigatore privato genovese Michele Astengo.
Gilberto Ruggeri, imprenditore locale di un certo calibro, si rivolge a lui chiedendogli di recuperare alcune carte conservate in uno schedario all’interno del Credito Navale Genovese. Un incarico tutto meno che facile che porterà Astengo davanti a delle verità scottanti. Quante sono le verità: una, due o tante? Perché la vita di numerosi imprenditori finisce in rovina dopo essere diventati clienti della Cre.Na.Ge?
Un’indagine che metterà Astengo a dura prova. Un'indagine che lo metterà in crisi fino a perdere di vista se stesso.
Uno stile letterario che mette in evidenza la profonda conoscenza culturale classica dei due autori. Non sempre la lettura risulta facile, a volte è necessario tornare indietro per non perdere il filo. Questo, però, non compromette la voglia di arrivare fino in fondo all'ultima pagina. Una storia che parte dai carruggi di Genova, passa attraverso il tango, prorompe in un ambiente rovinato dall'ingordigia. L'uomo cosa è disposto a dare per avere?
Una storia che fa pensare, che mette in risalto la sensibilità dei due autori che non perdono mai di vista il fatto che prima di essere uomini siamo essere umani.

domenica 8 dicembre 2019

Recensione di "Stazione di sosta. Cronaca di un cancro" di Marco Neirotti, edizioni Interlinea Edizioni

Recensione di "Stazione di sosta. Cronaca di un cancro" di Marco Neirotti, edizioni Interlinea Edizioni
Sono sempre stata spettatrice della malattia degli altri, spesso dal primo atto della commedia all'ultimo.
Quello conclusivo.
Quello finale.
Quello che schiaccia.
-Commedia- non è il termine adatto ma fa meno male che chiamarla -vita-.
La vita, la vita degli altri quella dei malati. Mi sono sempre chiesta: cosa provano quelli che stanno nel girone dei quasi morti, quelli che hanno già un piede posato nell'Aldilà?
-Aldilà-, che brutta parola. Aldilà di cosa? Sorvoliamo...
Questo libro, che ho deciso di acquistare e di leggere sapendo bene di rischiare, arriva in un momento particolare della mia vita. Diciamo in un momento in cui sono costretta a fare dei conti. Conti che non tornano e non perché io non sia brava in matematica. Certi conti non tornano mai.
Una lettura che rovescia, che frammenta, che ti fa diventare un mucchio di coriandoli e poi ti ricompone. Una scrittura magistrale, una finestra sulla vita che l'autore quasi dipinge su una tela che è la pelle. La sua pelle.
Neirotti canta a bassa voce, danza in punta di piedi, non vuole disturbare nessuno, sussurra al lettore parole di una verità crudele, spaventosa che inevitabilmente fa male. Spesso, però, la verità fa male. Neirotti mostra la via del cancro ma segnala anche una via d'uscita, lascia una luce in fondo al tunnel. Un racconto equilibrato, ricco di chiaroscuri, di paure confessate a tratti stemperate, d'ironia intelligente. A volte gli autori sembrano due: l'uomo malato che combatte insieme ai medici e agli infermieri bombardandosi di chemioterapia e quello che parla e lotta con se stesso per non cadere nello sconforto. Si combatte davvero il cancro? Davvero si diventa guerrieri o è solo una questione di fortuna, di resistenza alle terapie, di guarire da un cancro e trovarsene un altro tra le mani?
Un uomo che, da cronista inviato per fatti tragici come il terremoto dell'Aquila, si trova ad essere
cronista del suo terremoto. E anche questa volta lo fa con rispetto verso chi soffre, con umanità con tatto e dolcezza. Si può essere cronisti di se stessi senza cadere nel banale? Sì, se ti chiami Marco Neirotti.
Un libro da leggere, perché il tumore può appostarsi dietro l'angolo della vita di ognuno di noi. Il cancro deve spaventare, deve annientare ma non deve uccidere al momento della sua diagnosi. Questo è il messaggio che l'autore vuole trasmettere al lettore.
Sono tanti i passi di queste pagine che mi hanno colpita, uno in particolare: quando cerchiamo di rivedere la nostra vita passata, esattamente come si sfoglia un album di fotografie, a cosa pensiamo esattamente? A quello che abbiamo fatto o a quello che non abbiamo fatto ma che potevamo fare? Alle parole dette o a quelle non dette ma che potevamo dire? Alle scuse fatte o a quelle non fatte? Tendiamo sempre ad auto assolverci e invece come dice Neirotti: “Ci si può assolvere da quasi tutto, mai da tutto.”

lunedì 2 dicembre 2019

Racconti italiani gotici e fantastici. Esperimenti. A cura di Dario Pontuale, edizioni Black dog magazine

Racconti italiani gotici e fantastici. Esperimenti. A cura di Dario Pontuale, edizioni Black dog magazine
Non mi è possibile fare una vera recensione a questo romanzo. Non sarei in grado. Rischierei di non dargli l'importanza e i meriti che invece ha.
Questa collezione di racconti dimostra che l'horror ha radici lontane e molte delle quali italiane.
Il bianco e il nero, il bene e il male. Una eterna lotta, dunque. Racconti che a tratti raffreddano il sangue che scorre nelle vene del lettore.
Una raccolta molto curata, preziosa, unica, da assaporare lentamente, a piccoli dosi e, se siete paurosi come me, leggetela quando in casa c'è qualcuno oppure chiudete bene le finestre, date un triplo giro di chiave alla vostra porta... insomma mettetevi al sicuro.

sabato 23 novembre 2019

Recensione di "Una mutevole verità" di Gianrico Carofiglio Einaudi editore

Recensione di "Una mutevole verità" di Gianrico Carofiglio Einaudi editore
Un romanzo breve ma dalla lettura molto godibile.
-Un buon investigatore deve essere capace di costruire una storia, immaginare che cosa è successo prima e dopo il crimine, come in un romanzo. Poi, costruita la storia, deve andare in cerca di ciò che la conferma e la contraddice. Così pensa il maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, piemontese trapiantato a Bari, che si trova a indagare su un omicidio dove tutto appare troppo chiaro fin dall’inizio. Non fosse che al principale sospettato, su cui si concentra ogni indizio, mancava qualsiasi movente per commettere il delitto.-
Pietro Fenoglio è un maresciallo dei Carabinieri entrato nell'Arma per uno scherzo buffo del destino. È un uomo dotato di un'incredibile umanità. Un uomo scrupoloso che lavora con passione. A chi ama i gialli classici questo libro di Carofiglio è più che consigliato. C'è un omicidio e apparentemente un colpevole consegnato alla legge con tanto di impronte e soprattutto con tanto di testimone oculare. Ma c'è un -ma-. I conti a Fenoglio non tornano e invece di seguire la strada più facile e chiudere il caso, cerca di capire cosa non torna e soprattutto il perché. La bravura dell'autore sta nel riuscire a coinvolgere talmente il lettore da farlo diventare anche investigatore. Perché se il lettore è attento non può non notare che... mi fermo qui.
Certo è che chi scrive gialli ha da imparare molto da Gianrico Carofiglio.

giovedì 14 novembre 2019

Recensione di "Ti ammazzerò stasera" di Marco Neirotti, Golem Edizioni

Recensione di "Ti ammazzerò stasera" di Marco NeirottiGolem Edizioni
"Un centro di provincia cresciuto rapidamente, non più paese e non ancora città, confuso tra un’identità di antichi valori che si sfaldano e una nuova identità ricalcata sul modello proposto con insistenza dai media. Qui sono state accolte e integrate nel tempo emigrazioni diverse, ma l’arrivo di profughi sistemati in un’ex caserma fa divampare con violenza l’inquietudine, la paura, il bisogno di nemici che rispecchiano il clima che stiamo vivendo oggi. Dopo il lancio di molotov nella struttura, la tensione irrompe in tutti gli ambienti. Nell’arco di una giornata i pochi militari della stazione dei Carabinieri devono fronteggiare segnali di razzismo violento, l’irrequietezza dei rifugiati, il progetto d’omicidio messo a punto da un esaltato e due suoi gregari, la cecità di genitori, l’ira opposta di gente pacifica che si oppone al nuovo clima..."
Un titolo intrigante così come è intrigante la quarta di copertina. L'argomento è intrigante.
Una storia triste, agghiacciante. Una storia che fa male. Una storia che è realtà. Una realtà che si chiama: -giorni nostri-.
Purtroppo, però, lo stile letterario dell'autore rende la lettura pesante. La narrazione, tutto meno che semplice, costringe spesso il lettore a fare dei -passi- indietro per comprendere meglio la storia che sta leggendo. Un argomento così importante doveva essere trattato in modo più semplice. La storia dovrebbe arrivare a tutti: giovani, vecchi, studenti, letterati e non letterati. Perché il razzismo esiste, bisogna parlarne ma non in questo modo.
Temo che un lettore poco paziente potrebbe interrompere la lettura alla decima pagina. La mia recensione vuole essere una critica costrittiva. Ripeto: ciò di cui parla il libro è un argomento coraggioso e per la scelta dello stesso faccio i complimenti all'autore. Chi parla d'odio mettendoci la faccia ha tutto il mio rispetto, chi invece si nasconde sui social dietro a post idioti carichi di odio e di razzismo, al contrario, ha tutto il mio sdegno. Chiunque stia dalla parte dei più deboli merita gratitudine. L'autore lo fa, parla dei deboli e il messaggio che vuole lanciare è: -non aiutiamoli a casa loro ma qui a casa nostra-
L'autore parla di civiltà. Avrebbe dovuto farlo con più semplicità. Un libro che comunque consiglio.


mercoledì 6 novembre 2019

Recensione di “Nel Labirinto di Chiara” di Francesco Brunetti, edito Liberodiscrivere associazione culturale edizioni

Ho letto questo romanzo prima ancora che diventasse libro. L'autore mi aveva chiesto un parere.

Parlo di “Nel Labirinto di Chiara” di Francesco Brunetti, edito Liberodiscrivere associazione culturale edizioni
“È sera che diventa notte e innesca fantasie di profumo di donna, un profumo immaginario e innocente che sa vagamente di peccato, irreale e per questo inesprimibile”.
Gino, giovane psicologo, è il personaggio principale. L’amore irrompe nella sua vita. Chiara, Livia, Silvia, Anna mettono alla prova la sua sensibilità e la sua lucidità.
La vita reale, in un crescendo di inganni, ipocrisia e intrighi, irrompe tra i protagonisti creando un pathos dirompente, ma...Chiara... si ripropone sempre come figura centrale. -È un labirinto quello di Chiara- che Gino percorre in un crescendo di colpi di scena.
Concedetevi il tempo della lettura per scoprire se la parola -fine- sarà davvero tale.
Ed è proprio così. Un thriller psicologico sorprendente, incalzante. Una scrittura precisa, ritmata. Nulla appare com'è? Niente è come appare? Forse.
Questa storia sorprende, a tratti lascia sgomenti e increduli.
Andate in libreria, acquistatelo, tornate a casa, mettetevi comodi e leggetelo. Poi... ci aggiorniamo... poi... forse... chissà.

Recensione di "Lungo petalo di mare" di Isabel Allende, Giangiacomo Feltrinelli Editore

Recensione di "Lungo petalo di mare" di Isabel AllendeGiangiacomo Feltrinelli Editore
1939. Alla fine della Guerra civile spagnola, il giovane medico Víctor Dalmau e un’amica di famiglia, la pianista Roser Bruguera, sono costretti, come altre migliaia di spagnoli, a scappare da Barcellona. Attraversati i Pirenei, a Bordeaux, fingendosi sposati, riescono a imbarcarsi a bordo del Winnipeg, il piroscafo preso a noleggio da Pablo Neruda per portare più di duemila profughi spagnoli in Cile – il “lungo petalo di mare e neve”, nelle parole dello stesso poeta –, in cerca di quella pace che non è stata concessa loro in patria. Lì hanno la fortuna di essere accolti con generosa benevolenza e riescono presto a integrarsi, a riprendere in mano le loro vite e a sentirsi parte del destino del paese, solo però fino al golpe che nel 1973 fa cadere il presidente Salvador Allende. E allora, ancora una volta, si ritroveranno in esilio, questa volta in Venezuela, ma, come scrive l’autrice, “se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono”. La commovente storia di un uomo e una donna in fuga per sopravvivere agli sconvolgimenti della Storia del Ventesimo secolo."
1939: la guerra civile spagnola sta giungendo al termine.
Una storia di orrori, di vita, di legami, d'esilio.
Una storia che sembra -lontana- ma in realtà è attuale perché i protagonisti sono i profughi.
Per meglio dire è la storia di uomini disperati accompagnati dal dolore, dalla solitudine, dalla mancata accoglienza, dalla separazione e dalla perdita della loro stessa vita. Non si può chiamare vita la -vita- di un profugo.
Una storia che riparte il 3 settembre 1939, su quel piroscafo francese “Winnipeg” salpato il 4 agosto dal porto di Pauillac, con destinazione Valparaìso: -il lungo petalo di mare-, con a bordo oltre duemiladuecento fuggitivi dalla Guerra Civile Spagnola.
Una storia disarmante di una spalancata umanità che fa male. Fa male leggerla, fa male acquisire la consapevolezza dello scempio che un governo dittatoriale può seminare.
E' anche la storia di Pablo Neruda, il futuro Premio Nobel per la letteratura.
Questo romanzo è un'opera di ricostruzione. La Allende riesce magistralmente a descrivere le condizioni del viaggio e il dolore della mancata integrazione. L'autrice ricostruisce fatti, descrive persone con una penna precisa. Pochi i personaggi inventati e comunque tutti ispirati a uomini e donne conosciuti e incontrati realmente dall’autrice.
Descrizioni meticolose e una scrittura erudita conquistano il lettore invitandolo a profonde riflessioni, perché come dice la Allende: “se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono”.
"Vedi, Ingrid, gli eventi più importanti, quelli che determinano il nostro destino, sfuggono quasi sempre al nostro controllo. Nel mio caso, a conti fatti, vedo che la mia vita è stata segnata dalla Guerra civile e poi dal golpe militare, dai campi di concentramento e dagli esili. Non ho scelto niente di tutto ciò, semplicemente mi è capitato."
"Ma ci saranno anche cose che invece hai deciso tu. La medicina, per esempio."
"Certo! La medicina mi ha dato molte soddisfazione. Ma sai quale è la cosa di cui sono più grato in assoluto? L'amore. ..."

sabato 26 ottobre 2019

Recensione de "La paziente zero" di Angela Gagliano, Les Flâneurs Edizioni

Recensione de "La paziente zero" di Angela GaglianoLes Flâneurs Edizioni
-Non esiste la perfezione. E' tutta una fregatura-
Una quarta di copertina intrigante, così come il titolo, così come la copertina.
Quando arriva a Parigi, Colette si rende conto che niente è più come prima. Ossessionata dalla ricerca delle perfezione, sa benissimo che sarà difficile per lei ambientarsi nuovamente in una Parigi così diversa da come se la ricordava...
E non aggiungo altro perché la scrittura scorrevole, attenta e incisiva dell'autrice accompagna il lettore in un piacevole e intrigante lettura.
Una storia che fa riflettere. Perché se davvero sono i dettagli delle opere a fare la differenza, nella vita reale cosa ci rende speciali e diversi dal branco? Lupi o pecore? Buoni o cattivi? Bianco o nero?
Cerchiamo la perfezione, la cerchiamo come si cerca un vestito, lo troviamo, lo proviamo, lo indossiamo, ci sembra perfetto. Poi quel piccolo dettaglio rovina tutto. Il dettaglio. Siamo in balia di un dettaglio dimenticandoci di volgere i nostri occhi sull'intero vestito. E li ci perdiamo dimenticandoci, spesso, di noi stessi.

lunedì 21 ottobre 2019

Recensione de "Il confessore" di Jo Nesbø, Einaudi editore

Recensione de "Il confessore" di Jo Nesbø, Einaudi editore
Siamo a Oslo a fine estate, Sonny Lofthus torna a casa e trova il padre, un poliziotto, morto suicida. Per problemi di droga Sonny finisce in carcere e lì diventa il confessore di tutti, ognuno gli racconta la propria storia. Un bel giorno, però, un detenuto gli rivela che suo padre non si è suicidato ma è stato ucciso. E da qui parte la storia…
È il primo libro di Nesbo che leggo e quindi non posso far raffronti con le altre opere. Forse il fatto che io legga in media un libro ogni due/tre settimane, attività che mi fa rientrare nella categoria degli -accaniti lettori-, mi sta rendendo sempre più severa e molto critica. Bella l’idea, buona la traduzione ma ho trovato in questo libro troppa confusione. Non ho avvertito tensione narrativa. L’atmosfera a tratti pesante e le descrizioni lunghe e arzigogolate, rallentano molto il ritmo di lettura. Ho trovato le situazioni molto improbabili. È un autore cult, non dovrei permettermi di dire queste cose, purtroppo, però, per questo romanzo è andata così. Ne leggerò sicuramente un altro ma più avanti.

venerdì 11 ottobre 2019

Recensione de "Il lottatore" di Guido Nasi, Golem Edizioni

Recensione de "Il lottatore" di Guido NasiGolem Edizioni
Ho pensato e ripensato a cosa avrei potuto scrivere su questo libro. A dire il vero quando ho iniziato a leggerlo mi sono detta: "Ne uscirai con le ossa rotte. Farai quel confronto che ogni giorno, per lavoro, ti tocca fare, ovvero, ripeterti un'amara verità: -c'è gente che si lamenta per ogni scempiaggine e c'è gente che soffre davvero e non si lamenta mai-."
E io sto in mezzo. Vorrei urlare, vorrei agire ma poi ritorno sempre a casa con i pugni chiusi, chiusi sì, ma riposti nelle mie tasche. Ho smesso di alzare i pugni al cielo. Ho smesso di farmi sentire. Ho smesso di dire. Scrivo. Oggi più che mai scrivo. Ma torniamo al libro: mentre leggevo ho capito che Nasi non voleva questo. L'autore non vuole confronti. Semplicemente vuole che si sappia della sua condizione. E lo fa con precisione, con cura nei e dei dettagli. Non vuole commiserazione, nessuno deve provare pena. Semplicemente vuole portare alla conoscenza di tutti l'antefatto, il fatto e il post fatto. Questo libro insegna? Non lo so, o meglio non credo più che le persone possano insegnare qualcosa agli altri perché non credo più che qualcuno voglia imparare qualcosa dagli altri. Non ho più fiducia nelle persone e da tanto tempo. Ma sogno e coltivo i miei sogni. Mi circondo di poche persone, quelle che amo anche se loro forse non amano me. Perché non bisogna amare per essere amati come non bisogna commiserare per essere commiserati. Ecco, forse proprio questo vuole Nasi. Vuole -essere- a prescindere. Si racconta, si spiega. Si autocritica e critica rabbiosamente gli altri. Ho provato un certo fastidio per tutte le volte che ha parlato male degli infermieri che lo hanno assistito durante tutti i suoi ricoveri. Poi mi sono detta: "Forse davvero noi infermieri siamo così ma crediamo di non esserlo." Forse a lui è stata negata la vera assistenza, quella che dovrebbe fare tutto il giro, quella che dovrebbe passare dal culo (scusate il termine) al cuore. Forse, dico forse, perché da tempo non ho più certezze in nulla. Non sono triste, non sono pessimista, sono consapevole e rassegnata che finché non condivideremo mai il dolore degli altri e le -diversità- non andremo mai da nessuna parte. E' questo che purtroppo accade. Non serve andare sulla luna, non ce la meritiamo la luna. La storia si ripete. Punto dopo punto, virgola dopo virgola. Aver raggiunto questa consapevolezza mi rende serena. Io passo ore belle e se potessi togliermi qualche ora bella per donare una manciata di ore belle a Nasi, lo farei. Dal culo al cuore.
Buona vita, Guido, molto meglio la tua di tante altre. Almeno la tua è portata a pensare, a cadere, a rialzarsi e a chiedere scusa. C'è chi vive solo con il culo e manco sa in quale distretto del suo corpo sia collocato il cuore.
Non leggetelo questo libro se state sempre seduti sul vostro culo. Se al centro della vostra vita c'è solo il vostro culo. Questo è un libro da leggere in piedi con una mano sopra il cuore. Non ho mai scritto una recensione così sboccata ma a volte è l'ultima pagina che fa grande un libro di cui io non mi sento degna. E di questo, per questo, chiedo scusa.
Per chi non conoscesse la storia di Guido Nasi:
Guido Nasi è nato nel 1982 a Torino, dove fino ai diciassette anni ha condotto la vita normale di ragazzo vivace, pronto e intelligente, appassionato di astronomia e di bicicletta. Nel luglio 1999, a Dublino, dove studiava inglese in una vacanza estiva, subisce un’aggressione per rapina e il malvivente lo colpisce alla testa con una bottiglia di birra. Guido cadrà in coma per quarantacinque giorni e resterà segnato a vita dall’emorragia cerebrale. Da quel giorno è in carrozzina, è muto, e muove soltanto la mano sinistra. Ma pensa, studia, scrive e osserva il mondo. E vorrebbe vivere in campagna.


mercoledì 4 settembre 2019

Recensione di "Una cosa che volevo dirti da un po' di Alice Munro, Einaudi editore

Recensione di "Una cosa che volevo dirti da un po' di Alice MunroEinaudi editore
Tredici storie di vita. Un viaggio introspettivo. Un'indagine nell'animo umano. Il passato si amalgama con il presente così come l'odio con l'amore, la rabbia con la calma, il dolore con la gioia, la gelosia con la fiducia, l'invidia con il compiacimento, la vecchiaia con la giovinezza. Una scrittura fluida, precisa, attenta.
Le parole puntano e arrivano dritti al centro del cuore del lettore. Come è giusto che sia.


lunedì 26 agosto 2019

Recensione di "Nero a Milano" di "Romano De Marco", Edizioni Piemme

Recensione di "Nero a Milano" di "Romano De Marco", Edizioni Piemme
Uno stile di scrittura scorrevole. Una storia molto interessante. Dialoghi e descrizioni eccellenti. Colpi di scena impeccabili. Non c'è nulla di superfluo tra le pagine di questo giallo.
Siamo alla periferia di Milano. In una villetta vengono trovati due corpi carbonizzati. Spetta a Luca Betti trovare l'autore di tale efferato omicidio e soprattutto il movente. A Marco Tanzi, investigatore privato di successo, spetta invece l'arduo compito di trovare un ragazzo di diciotto anni con problemi mentali, fuggito di casa per andare a vivere fra i clochard.
Potrebbe bastare e invece no! Perché un serial killer per mezzo di un rasoio fa strage di senzatetto. Milano è sotto un cielo nero...
A De Marco va il merito di essere riuscito a intrecciare storia e indagini con capacità cinematografiche. Una realtà scomoda, cruda, una realtà dei nostri tempi: la tragedia umana dei senzatetto e la pedofilia. E non solo: l'autore parla e scava nel nostro intimo, perché in ognuno di noi vive una parte di male, una rabbia repressa, una dolorosa solitudine, un senso di impotenza.
In poche parole un thriller perfetto.

domenica 25 agosto 2019

Trama de "La palude" di Charlotte Link, Corbaccio, editore

Trama de "La palude" di Charlotte Link, Corbaccio, editore
La trama è molta articolata. Tanti sono i fili conduttori che la Link riesce a gestire con grande abilità. La scrittura è fluida, i personaggi sono ben caratterizzati. Siamo nell’Inghilterra del Nord. Il corpo di una quattordicenne viene ritrovato in una fredda brughiera, nello Yorkshire. La ragazza era sparita da tanto tempo. Un’altra ragazza della stessa età, viene invece strappata alla morte da uno sconosciuto. Anche lei era sparita in circostanze misteriose. La polizia indaga su questi due casi quando un altro caso di sparizione si presenta a loro. Un killer seriale?
Colpi di scena, sentimenti contrastanti, odio, amore, passati spaventosi e struggenti tengono il lettore incollato a queste pagine. La Link non delude mai. Nei suoi libri è sempre ben chiaro un messaggio: il male fa parte di noi.

venerdì 26 luglio 2019

Recensione di "Caldo amaro" di Sara Ferri, Alter Ego Edizioni

Recensione di "Caldo amaro" di Sara FerriAlter Ego Edizioni
Siamo a Pesaro in estate, un'estate torrida. La città è sconvolta da un feroce crimine e Noelia, giovane biologa, si troverà coinvolta nelle indagini in quanto il laboratorio dove lavora viene chiamato per affiancare i Carabinieri e la Polizia che si occupano del caso. L'indagine risulta fin da subito complessa, presente e passato si amalgamano così come la rabbia, l'odio, l'amore, si mescolano. Le dinamiche umane sono affrontate senza fronzoli e inutili voli di pensiero. Una trama accattivante, una scrittura fluida che mantiene un buon ritmo per tutta la durata del giallo. Non ci sono buchi e nemmeno tempi morti. Tutto è in perfetto equilibrio.
Caldo amaro è il suo giallo d'esordio. Ho già letto il successivo “Dimentica la notte”. Mi sento di dire quindi che l'autrice, per me, ha tutte le carte in regola per collocarsi tra le più brave scrittrici di gialli che io abbia mai letto.
Sara, a quando il prossimo?

sabato 13 luglio 2019

Recensione di "Storie rubate" di Daniela Borla, Leucotea Edizioni

Recensione di "Storie rubate" di Daniela BorlaLeucotea Edizioni
Lettura gradevole e scorrevole. L'autrice racconta -storie- dopo aver ascoltato e osservato il prossimo. Siamo ancora in grado di ascoltare e osservare e soprattutto serve ascoltare e osservare chi e il mondo che ci circonda?
Un ottimo esordio!

mercoledì 10 luglio 2019

Recensione di "Margine di fuoco" di John Smolens Mattioli edizioni.

Recensione di "Margine di fuoco" di John Smolens Mattioli edizioni.
E' la storia di due ragazzi che si innamorano. Lei ha un aborto non voluto alle spalle, lui un senso di incompletezza. E poi c'è l'altro, l'ex fidanzato di lei, che non accetta di essere ex. E' sicuramente un thriller con la T maiuscola che però non ha incontrato il mio gusto. A tratti ripetitivo, pesante anche se l'autore è riuscito pienamente a trasmettere il messaggio che i traumi che subiamo da piccoli e che ci portiamo dentro possono influenzare le nostre scelte future a volte purtroppo in modo negativo.

venerdì 21 giugno 2019

Recensione di "Non mi toccare" di Massimo Tallone, Edizioni del Capricorno

Recensione di "Non mi toccare" di Massimo TalloneEdizioni del Capricorno
È un romanzo potente e nello stesso tempo raffinato.
Una giovane donna che vive e lavora a Torino come traduttrice, è spettatrice di un duplice omicidio: quello dei due suoi unici colleghi. La donna, è affetta da aptofobia ovvero la paura di essere toccati. E’ costretta a fuggire da Torino rifugiandosi in un primo momento in Sardegna per poi nascondersi in Islanda fino alle isole Fær Øer.
Una scrittura precisa, attenta mai banale e soprattutto scorrevole. Massimo Tallone con questo suo ultimo lavoro supera se stesso. La vicenda, che viene narrata attraverso spazi temporali diversi, è ricca di colpi di scena dove finzione e realtà si amalgamano alle perfezione. Nulla è scontato, nulla accade per caso. La suspense che accompagna il lettore dalla prima pagina all’ultima, è una corda tesa che non cede mai. Personaggi ben caratterizzati, precisi i dettagli e superlative le tante metafore.
L’autore tratta e descrive l’aptofobia, con sensibilità e tatto non cadendo mai nell’errore di esprimere giudizi non richiesti su chi soffre di questa fobia.
“Non mi toccare” è un romanzo magistrale, difficile farne una recensione degna. È molto meglio leggere il libro.

venerdì 7 giugno 2019

Recensione di "Emma" di Helena Molinari, Pentagora

Recensione di "Emma" di Helena MolinariPentagora

Una scrittura ineccepibile, scorrevole, precisa. La storia è quella di tante donne che a un certo punto della loro vita non accettano la vita comoda che vivono ma vogliono e cercano di più. Desiderano la serenità del proprio animo, vogliono vivere e non sopravvivere. A una vita sempre uguale, a un marito che chiede ma non da, all'essere madre, che non significa dedicare tanto tempo ai propri figli ma dedicare, semmai, del tempo prezioso, antepongono loro stesse. Ed ecco, infatti, che la nostra protagonista, Emma, tra desideri sopiti e ricordi passati decide di recarsi ad Assisi, eremo e luogo di speranza e rifugio. Deve ritrovare se stessa. E' una donna tormentata che ha tante domande da porsi ma nessuna risposta in merito. Fin qui, tutto intriga il lettore, soprattutto se donna, che si fa complice di un'altra donna che avverte quel bisogno, quasi spietato, di scappare con lei da una realtà deludente, umiliante, da una famiglia che tanto chiede e nulla da. Il lettore sta dalla parte di Emma, è contento per lei, lotta con lei, vuol vincere con lei.
Lei, quel limone strizzato, tornerà a vivere? Ripensa a quell'uomo che chiama Nero, al suo segreto inconfessabile, al sesso... pensa... pensa. E sente. Perché nella vita bisogna sentire ma: "Basta sentire, per essere?"
Ecco, però, che la fede viene incontro a Emma fornendole tutte le risposte.
Quindi fa un passo indietro, molto indietro. Fa una scelta e tutte le scelte vanno rispettate ma : "Basta un po’ di raccoglimento, un po’ di tepore per tornare a essere moglie e madre?"
Spunta la nostalgia di casa, dei figli e del marito, seppur un uomo avvolto dalla nebbia. Marito e figli vengono a bussare al cuore di Emma. E lei apre la porta. E qui mi fermo.
Probabilmente non ho colto quello che voleva dire l'autrice. Forse dentro di me c'è troppo egoismo per cogliere certi messaggi e certe lezioni di vita. E poi per me un romanzo di qualsiasi genere si tratti non deve impartire lezioni ma solo spunti per riflettere. Forse perché per la vita è proprio questo: -vita da vivere e non da sopravvivere-. Non tollero i condizionamenti.
Ripeto: è un romanzo ben scritto con una narrazione incalzante, un linguaggio quasi poetico, molto delicato, profondo e attento ma il messaggio che trasmette mi lascia l'amaro in bocca: "La vita dà quello di cui si ha bisogno, non quello che si vuole."
Forse il mio essere prima di tutto infermiera non può accettare questo messaggio: la vita non da quello di cui si ha bisogno e nemmeno quello che si vuole. La vita semplicemente è. Va colta e vissuta nel miglior modo possibile finché si può perché nessuno di noi può sapere quanto e come, la nostra stessa vita, potrà trasformarsi in tragedia. E sfido chiunque a dimostrami il contrario.
Peccato, però... peccato.

mercoledì 5 giugno 2019

Recensione de "La donna del lago" di Valerio Marra, Newton Compton editori

Recensione de "La donna del lago" di Valerio MarraNewton Compton editori
Un giallo magistrale, un giallo forte ben costruito, per nulla scontato. Tutto fila liscio. La trama è complessa e ben architettata, gli ambienti sono ben descritti, i personaggi ben delineati e caratterizzati. Uno stile letterario che definirei pulito, chiaro, energico e spigliato. Un registro stilistico che non fa mai una piega. Un romanzo giallo che va oltre, oltre i luoghi comuni, oltre il buonismo. La concezione del bene, così come quella del male, si scontrano con la realtà. Questo fa di questo romanzo, un romanzo unico in tutto il suo insieme. Siamo a Roma in una calda mattina di fine estate. Il cadavere di una donna riemerge dalle acque di un lago. Non una donna qualunque ma una donna molto conosciuta in città. Il commissario Festa, un uomo ambizioso, si occupa del caso. Ed ecco che l'indagine si rivela tutto fuor che facile. Chi ha ucciso quella donna e perché? Niente appare com'è e nulla è come appare. Festa si troverà davanti a un'umanità disarmante pronta a mostrare le proprie miserie, le proprio angosce miste a terribili debolezze e insicurezze. Un romanzo giallo che scava dentro al lettore e che lo conduce a riflettere. Siamo così sicuri di sapere chi siamo e cosa vogliamo? Davvero conosciamo il bene e il male? Marra fa una scelta coraggiosa, azzardata perché il finale sorprende e lascia basiti, forse perché lascia in bocca al lettore il sapore forte e a tratti amaro della verità ovvero che siamo tutti in balia del male. Nessuno ne è indenne.