mercoledì 6 novembre 2019

Recensione di "Lungo petalo di mare" di Isabel Allende, Giangiacomo Feltrinelli Editore

Recensione di "Lungo petalo di mare" di Isabel AllendeGiangiacomo Feltrinelli Editore
1939. Alla fine della Guerra civile spagnola, il giovane medico Víctor Dalmau e un’amica di famiglia, la pianista Roser Bruguera, sono costretti, come altre migliaia di spagnoli, a scappare da Barcellona. Attraversati i Pirenei, a Bordeaux, fingendosi sposati, riescono a imbarcarsi a bordo del Winnipeg, il piroscafo preso a noleggio da Pablo Neruda per portare più di duemila profughi spagnoli in Cile – il “lungo petalo di mare e neve”, nelle parole dello stesso poeta –, in cerca di quella pace che non è stata concessa loro in patria. Lì hanno la fortuna di essere accolti con generosa benevolenza e riescono presto a integrarsi, a riprendere in mano le loro vite e a sentirsi parte del destino del paese, solo però fino al golpe che nel 1973 fa cadere il presidente Salvador Allende. E allora, ancora una volta, si ritroveranno in esilio, questa volta in Venezuela, ma, come scrive l’autrice, “se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono”. La commovente storia di un uomo e una donna in fuga per sopravvivere agli sconvolgimenti della Storia del Ventesimo secolo."
1939: la guerra civile spagnola sta giungendo al termine.
Una storia di orrori, di vita, di legami, d'esilio.
Una storia che sembra -lontana- ma in realtà è attuale perché i protagonisti sono i profughi.
Per meglio dire è la storia di uomini disperati accompagnati dal dolore, dalla solitudine, dalla mancata accoglienza, dalla separazione e dalla perdita della loro stessa vita. Non si può chiamare vita la -vita- di un profugo.
Una storia che riparte il 3 settembre 1939, su quel piroscafo francese “Winnipeg” salpato il 4 agosto dal porto di Pauillac, con destinazione Valparaìso: -il lungo petalo di mare-, con a bordo oltre duemiladuecento fuggitivi dalla Guerra Civile Spagnola.
Una storia disarmante di una spalancata umanità che fa male. Fa male leggerla, fa male acquisire la consapevolezza dello scempio che un governo dittatoriale può seminare.
E' anche la storia di Pablo Neruda, il futuro Premio Nobel per la letteratura.
Questo romanzo è un'opera di ricostruzione. La Allende riesce magistralmente a descrivere le condizioni del viaggio e il dolore della mancata integrazione. L'autrice ricostruisce fatti, descrive persone con una penna precisa. Pochi i personaggi inventati e comunque tutti ispirati a uomini e donne conosciuti e incontrati realmente dall’autrice.
Descrizioni meticolose e una scrittura erudita conquistano il lettore invitandolo a profonde riflessioni, perché come dice la Allende: “se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono”.
"Vedi, Ingrid, gli eventi più importanti, quelli che determinano il nostro destino, sfuggono quasi sempre al nostro controllo. Nel mio caso, a conti fatti, vedo che la mia vita è stata segnata dalla Guerra civile e poi dal golpe militare, dai campi di concentramento e dagli esili. Non ho scelto niente di tutto ciò, semplicemente mi è capitato."
"Ma ci saranno anche cose che invece hai deciso tu. La medicina, per esempio."
"Certo! La medicina mi ha dato molte soddisfazione. Ma sai quale è la cosa di cui sono più grato in assoluto? L'amore. ..."

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