sabato 6 aprile 2024

Recensione di "Chi dice chi tace" di Chiara Valerio, edizioni Sellerio.

Recensione di "Chi dice chi tace" di Chiara Valerio, edizioni Sellerio.


“Scauri, affacciato sul Tirreno, è l’ultimo paese del Lazio, un posto né bello né brutto, con una sua grazia scomposta. Qui negli anni Settanta si trasferisce Vittoria, è arrivata assieme a Mara, forse l’ha adottata, forse l’ha rapita, si dicono tante cose. Vittoria, con la sua risata che comincia bassa e finisce acuta, è una donna distaccata e affabile, accogliente ed evasiva; ha comprato una casa nella quale tutti possono entrare e uscire, ha aperto una pensione per animali quando in paese i veterinari si preoccupano solo di mucche e conigli. Vittoria non ha mai litigato con nessuno, non ha mai cambiato taglio di capelli. La sua generosità è inesauribile, alcune sue abitudini sono diventate moda comune. Il paese non la capisce, eppure si sente attratto da lei.
Vittoria viene ritrovata morta nella vasca da bagno, uno stupido incidente, una fine improbabile. Il paese accetta, perché sa capire le disgrazie e tace, Lea Russo invece no. Lea, che fa l’avvocato, ha un marito, due figlie e una vita ricca di impegni, è sempre stata affascinata da Vittoria. Non vuole accontentarsi di ciò che ha avuto sempre davanti agli occhi. Vuole capire come è morta Vittoria, e chi era davvero. Ciò che emerge della donna, del suo passato insospettabile, spinge Lea Russo lungo un sentiero su cui è difficile avanzare, e dal quale è impossibile tornare indietro. Qui scopre l’evanescenza dell’identità, la sua e quella di tutti. Qui scopre, senza riuscire a contarle, quante sono le facce della violenza. Storia nera di personaggi, indagine su una provincia insolita, ritratto di donne in costante mutazione. In Chi dice e chi tace niente rimane mai fermo, le passioni, le inquietudini, le verità e gli enigmi, i silenzi del presente e il frastuono del passato: tutto sempre si muove, tutto può sempre cambiare.”

Uno stile, oserei dire, rapido. Forse troppo rapido. L’autrice scrive come se avesse fretta di annotare pensieri e concetti sulla carta. Forse ha paura di dimenticare? Non usa la punteggiatura nei dialoghi e il suo modo di narrare ricorda le “chiacchiere” davanti ai banconi del bar, quelli dei genitori davanti alle scuole o di due che se la raccontano seduti su una panchina. Riproduce il parlato quotidiano. Il suo quotidiano, quello di Scauri inserendo, a volte, frasi dialettali. L’amore per il suo paese lo si tocca con mano, così come l’orgoglio di appartenere a quella terra che le ha dato i natali. Una storia narrata con una grande capacità di sintesi che, a mio parere, fa venir meno le emozioni. Sono state diverse le volte che leggendo ho perso il filo. Sicuramente ha una sua logica narrativa, altrimenti questo romanzo non sarebbe stato candidato allo Strega e tanto meno sarebbe finito nella -dozzina- di quei romanzi che ora si disputano uno dei più importanti premi letterari. Una storia di vita carica di dubbi, dolori, certezze e di verità taciute. Siamo veramente quello che appariamo? E soprattutto ci piace quello che siamo?
"Chi dice e chi tace" è un romanzo che ti mette davanti a un bivio: ti piace o non ti piace?
Potrei rispondere: forse. A dire il vero, pensandoci bene, se fosse stato scritto diversamente, mi sarebbe piaciuto molto. Ogni scrittore ha un proprio stile. È lo stile che fa la differenza. E lo stile come un libro, come un film… come un vestito o piace o… non piace.


sabato 23 marzo 2024

Recensione de "La custode del miele e delle api" di Cristina Caboni - autrice Garzanti Libri.

Recensione de "La custode del miele e delle api" di Cristina Caboni - autrice Garzanti Libri.


“Angelica non è mai riuscita a mettere radici. Non ha mai voluto legarsi a niente e nessuno, sempre pronta a fuggire da tutto per paura. C'è un unico posto dove si sente a casa, ed è tra le sue api. Avvolta dal quieto vibrare delle loro ali e dal profumo intenso del miele che cola dalle arnie, Angelica sa di essere protetta e amata. È un'apicoltrice itinerante e il miele è la sola voce con cui riesce a far parlare le sue emozioni. Perché il miele di lavanda può calmare un animo in tempesta e quello di acacia può far ritrovare il sorriso. E Angelica sa sempre trovare quello giusto per tutti, è il suo dono speciale. A insegnarglielo è stata Margherita, la donna che le ha fatto da madre durante l'infanzia, quando viveva su un'isola spazzata dal vento al largo della Sardegna. Dopo essere stata portata via da lì, Angelica ha chiuso il suo cuore e non è più riuscita a fermarsi a lungo in nessun luogo. Ma adesso il destino ha deciso di darle un'altra possibilità. C'è un'eredità che l'aspetta là dove tutto è cominciato, su quell'isola dove è stata felice. C'è una casa che sorge fra le rose più profumate, un albero che nasconde un segreto prezioso e un compito da portare a termine. E c'è solo una persona che può aiutarla: Nicola. Un uomo misterioso, ma che conosce tutte le paure che si rifugiano nei grandi occhi di Angelica. Solo lui può curare le sue ferite, darle il coraggio e, finalmente, farle ritrovare la sua vera casa. L'unico posto dove il cuore può essere davvero libero.”

Uno stile letterario efficace, elegante, a tratti poetico che porta a galla emozioni, sentimenti, stati d’animo. Una storia delicata intrisa d’amore, di speranza e determinazione. L’autrice parla della sua passione per la natura e del suo legame con la terra. Racconta la sua dedizione al lavoro di apicultrice. I riferimenti al miele sono interessanti e ben inseriti nella trama.
Un intreccio ben congegnato che descrive la forza dell’amore che tutto muove e tutto salva.

domenica 10 marzo 2024

Recensione di "Tra il silenzio e il tuono" di Roberto Vecchioni Einaudi editore.

 

Recensione di "Tra il silenzio e il tuono" di Roberto Vecchioni Einaudi editore.

“C’è un’età della vita in cui si può trovare una voce pura: una voce tra il silenzio e il tuono. Non c’è un altro modo per parlare di sé, forse, quando guardarsi indietro, e dentro, è lo stesso movimento.
E tutto, proprio tutto – le gioie, i dolori, la scoperta dell’amore come quella della morte – è in noi con la stessa forza. Attraverso le lettere di un ragazzo che cresce e di un misterioso nonno, Roberto Vecchioni ha scritto il suo romanzo più intimo e struggente.”

Svariati silenzi e altrettanti tuoni. E questo ciò che si legge in questo romanzo. Cosa c’è in mezzo, cosa c’è tra il silenzio e il tuono? Forse la vita, sicuramente l’amore, il dolore descritto con grande maestria. E come potrebbe non esserci “maestria” quando si parla di Vecchioni?
Cinquantatré lettere, cinquantatré episodi che catturano il lettore ponendolo davanti a una disarmante verità, a una realtà abbagliante. Passato e presente mescolano le carte e, a volte, quelle stesse carte le confondono. Non è un vero romanzo epistolare o perlomeno non lo è nel senso vero del termine. C’è Vecchioni che scrive e narra al nonno, che non gli risponde mai, gli eventi più significativi della sua vita, raccontandoglieli mentre accadono. Lo troviamo a dieci, quindici, trenta, ottant’anni. Troviamo la sua infanzia, la sua giovinezza, il suo amore per lo studio, in particolare per il greco. Racconta delle sue canzoni, dei suoi compagni di viaggio, delle sue donne, dei suoi amori e delle sue canzoni.
E poi ci sono le lettere indirizzate a personaggi come Corrado Augias, al monsignor Ravasi, ad Arnoldo Mosca Mondadori, al comandante dei vigili urbani di Milano… giusto per citarne qualcuno. E in queste lettere affronta i più svariati argomenti: dagli ingorghi stradali a Schubert.
Tutte scritte con dedizione, con cura, con passione.
Uno studente che affronta gli esami che poi diventa un professore che sale in cattedra, che si trasforma in un cantautore che sale su un palco, un marito che ama la moglie e i suoi figli, un uomo che si ammala… ma, soprattutto, un uomo che passa attraverso il dolore più atroce, quello della morte di un figlio.
Vita interiore ed esteriore vissuta tra tuoni e silenzi. Si legge la gioia, si osserva il pianto, si ascolta il lamento. Tutti particolari della vita che Vecchioni ha piacere di condividere con il lettore. E quest’ultimo non può che sentirsi simile a lui. Buttiamo via il nostro tempo cercando di essere migliori degli altri ridicolizzandoci e banalizzandoci, perché il confronto, spesso, brucia sulla pelle. Perdiamo di vista il fatto che solo l’amore può salvarci, può zittire il rumore che viene da fuori, chiudere le bocche di chi chiacchiera producendo suoni ma non parole. Solo l’amore può salvarci dall’oscurità e dall’abbandono. Credo che sia proprio questo il messaggio che, attraverso questo libro, Vecchioni vuole lanciare e lasciare. In fondo provare dolore e provare gioia ci rende umani, ci rende vivi. Spesso questo ce lo dimentichiamo, come scordiamo il fatto che “venire al mondo è stata proprio una gran botta di culo”.
“Nessuna fine ti addormenti l’amore”, scrive Vecchioni mentre parla del figlio che è partito per quel lungo viaggio.
E così deve essere.


giovedì 29 febbraio 2024

Recensione di "Una sola vita infinita" di Mimo Lovanio, edizioni Montag.

Recensione di "Una sola vita infinita" di Mimo Lovanio, edizioni Montag.


“Raimondo, narratore di storie, cercatore di parole e di luoghi, vive nel villaggio di Arboreto, preservato dalla sua ubicazione montana, mondo chiuso, vitale, seppure al tramonto. “Giardino” dei suoi anni giovanili, nel quale aleggiano lo spirito dell’arte e lo spirito della conoscenza. Una ricerca orientata da Azoth, un professore di liceo girovago, che riconosce in Raimondo una curiosità speciale per la bellezza assoluta. Una storia che percorre la natura, le profonde esplorazioni della sua anima, il mistero delle parole, la religione, l’arte, la scienza, il tempo, l’amore, l’universo, Dio, la morte… Fino a che a Raimondo apparirà il senso imperscrutabile della vita: lo spirito creativo delle arti e delle scienze, il segreto impulso, continuo e inesauribile, presente non solo negli uomini, ma nell’intero universo.”

Con una scrittura sicura e una buona tecnica narrativa l’autore cattura il lettore facendolo diventare protagonista di una storia singolare e soprattutto non banale.
Arte e spirito, natura e religione si amalgamano offrendo un “prodotto” di qualità. L’autore con un’ottima padronanza linguistica mescola parole dando un senso compiuto alle stesse, mostra personaggi e ambienti con precisione.
Quanto è importante creare? E soprattutto quanto è fondamentale per vivere appieno la nostra vita? Possiamo insegnare agli altri agli cosa significhi creare? Possiamo portare a galla lo spirito vero della creatività?
«Le cose create dall’uomo, le invenzioni degli artisti e degli scienziati, appartengono al mondo delle idee?» chiese Raimondo.
«Apparentemente sembrerebbe di no» rispose Azoth, «potrebbero sembrare delle “creazioni dell’uomo”. Ma io penso che non sia così. Preferisco credere che provengano dal mondo delle idee, dove le anime sono state e dove le hanno vedute. Gli artisti e gli scienziati hanno il merito di “ricordarle”…»


lunedì 19 febbraio 2024

Recensione di "Immemòriam" di Giulia Depentor, Feltrinelli Editore

Recensione di "Immemòriam" di Giulia Depentor, Feltrinelli Editore


"Visitare i campisanti, leggere le lapidi, osservare le foto dei defunti sono attività piene di sorprese e un modo per conoscere culture e popoli. "In questo libro, una sorta di atlante cimiteriale, vi porterò con me in giro per l’Italia a visitare cimiteri e luoghi legati alla morte, e ve ne racconterò storie, misteri, aneddoti e tradizioni. Andremo di fronte alle tombe di personaggi famosi, esploreremo cimiteri abbandonati su cui circolano strane leggende, ripercorreremo eventi della storia italiana, indagheremo su delitti rimasti senza colpevoli e racconteremo vicende quasi dimenticate.” Se è vero, come dice qualcuno, che i cimiteri sono luoghi fatti dai vivi per i vivi e dove i morti in realtà c’entrano poco, è anche vero che tutte le storie, anche quelle apparentemente insignificanti, meritano di essere raccontate. E le storie, nei cimiteri, non finiscono mai."

Questo libro non poteva che entusiasmarmi. La mia “passione” per i cimiteri è ben nota a tanti. Ognuno, in fondo, ha le proprie di passioni. E il mio ottavo libro parla proprio di questo: della vita nei cimiteri…
Giulia Depentor con una scrittura chiara e al contempo frizzante narra di tombe, di cappelle funebri, di cenotafi, lapidi, loculi, mausolei, sarcofaghi, sepolcri, urne…
Lo fa con disinvoltura senza cadere nella banalità e senza essere mai troppo didascalica. Non ha la presunzione di insegnare ma semplicemente di condividere quello che ha appreso girovagando per cimiteri su e giù per l’Italia e anche all’estero.
Sono tante le cose che racconta e vado a citarvene qualcuna.
Ci narra che a Napoli, oltre al più famoso cimitero delle Fontanelle, è presente quello delle 366 fosse, dove i defunti venivano sepolti in una buca differente l’una dall’altra a seconda del giorno in cui morivano.
Ci rende edotti del fatto che esistono cimiteri dove non c’è nemmeno una croce, dove i morti sono indicati solo da un numero, come nel cimitero del manicomio abbondonato di Volterra.
Ci spiega che Garibaldi voleva essere cremato ma che, in un primo momento, la cremazione fu impedita, perché il governo italiano voleva mostrare la sua salma…
Stimola la nostra curiosità quando narra che alcune delle mummie meglio conservate al mondo non si trovano al Cairo e nemmeno a Torino nel museo Egizio, ma a Palermo in una cripta.
Insomma, in poche parole Giulia, come me, crede che i cimiteri siano in grado di raccontare la vita, le storie di chi ha oltrepassato il ponte, quello che attraverseremo tutti.
Parla di uguaglianza davanti alla morte, perché la morte “livella” tutti come afferma Totò nella sua poesia ‘A livella’. Antonio De Curtis affronta con ironia e leggerezza il tema della morte, ricordando come al di là delle professioni e posizioni che occupiamo in vita, davanti all’ultimo passo siamo tutti uguali e umani.
Giulia Depentor ha scritto un libro di “nicchia”, questo è vero, ma gli appassionati dei cimiteri sono molti di più di quello che si pensa. Io nei cimiteri respiro la vita e soprattutto do alla vita il valore che merita e credo che questo sia così anche per l’autrice.


venerdì 2 febbraio 2024

Recensione di "Un caldo mortale" di Nora Venturini, Edizioni Mondadori.

Recensione di "Un caldo mortale" di Nora Venturini, Edizioni Mondadori.


“Ci troviamo a Torvajanica, luogo noto ai romani per i continui episodi di violenza - risse, spaccio, aggressioni... Ma quando il commissario Raggio arriva sul posto con il suo vice Milillo scopre che la vittima, Davide Jodice, è un cittadino incensurato, un operatore sanitario a cui nessuno poteva voler fare del male. Un uomo mite che viveva solo con il suo cagnolino, insieme al quale aveva l'abitudine di fare lunghe passeggiate sulla spiaggia non ancora affollata, al mattino presto o di sera tardi. È così che ha incontrato il suo assassino?”

Una scrittura precisa per una storia in cui tutto quadra. Il racconto risulta essere magistralmente costruito, anche il più piccolo dettaglio ha un significato ben preciso. Ambienti perfettamente descritti, dialoghi ben articolati, soprattutto quelli con l’inflessione dialettale. Fin dalle prime pagine il lettore capisce di essere davanti a un racconto giallo intrigante dal ritmo incalzante. Personaggi veritieri di un’umanità disarmante con pregi e difetti.


sabato 20 gennaio 2024

Recensione di "Semina il vento" di Alessandro Perissinotto, Edizioni Piemme

Recensione di "Semina il vento" di Alessandro Perissinotto, Edizioni Piemme


"Braccio 6, nel reparto di massima sicurezza di un carcere del Nord Italia. Sulle labbra, la dichiarazione di innocenza; tra le mani, il giornale che ritrae in prima pagina il corpo senza vita di sua moglie. Su consiglio del proprio avvocato, Giacomo decide di raccontare la propria vicenda, l'inevitabile serie di eventi che lo ha condotto in quella cella. E così torna all'epoca in cui, per riuscire a sopravvivere a Parigi, alternava il lavoro di curatore di mostre per bambini, a quello di cameriere. Era in quel periodo che aveva conosciuto Shirin. Non l'aveva trovata subito bella, almeno non nel senso consueto del termine; era stato attratto piuttosto dalla storia che i suoi occhi sembravano celare, da quel profondo distacco verso chi le stava accanto, come se per lei la vita vera fosse altrove. Ci sono amori che iniziano all'improvviso, con notti memorabili, il loro invece era nato con la lentezza inesorabile delle cose fatte per durare. L'innamoramento, il matrimonio e poi la decisione che avrebbe cambiato le loro vite per sempre: lasciare Parigi per trasferirsi a Molini, sulle montagne piemontesi, nel paese dove lui era nato. Ma nessun luogo è al riparo dal vento dell'odio, dal fanatismo delle religioni, dall'arroganza del potere, dall'intolleranza strisciante. Così il paradiso aveva cominciato a scivolare verso l'inferno, prima piano, poi sempre più rapidamente, fino ad arrestarsi lì, in quella cella, con il tormento del ricordo d'un amore reso perfetto dalla morte."

Con uno stile chiaro l’autore tratta un tema molto delicato. Mostra una città e i suoi abitanti così operosi e uniti nel promuovere idee razziste. Lo fa in maniera esemplare perché scevro da giudizi. Con eleganza e cura, Perissinotto affonda la penna per portare a galla l’ostilità e l’odio verso chi “non è come noi”, verso l’estraneo, quello che viene considerato l’intruso, quello che dovrebbe tornare “a casa sua”.
Il ritmo narrativo, per tutta la durata del romanzo, è in una tensione crescente, mentre risulta lenta la narrazione. Ciò può risultare fastidioso ma in realtà è necessario per fare in modo che il lettore comprenda la storia di Shirin, la straniera, quella che sicuramente prima o poi sbaglierà.
Shirin è forte, è brava, talmente brava che riesce a controllare la rabbia.
«Così brava ad esprimere tenerezza con le parole, Shirin era, al contrario, totalmente incapace di tirar fuori la rabbia. La collera le si cristallizzava nell’iride e cresceva dentro».

L’esclusione dell’altro, il cercare sempre il difetto nell’altro, travolgerà anche Giacomo, il marito di Shirin. Il loro matrimonio incomincerà a vacillare. Il giudizio altrui prenderà il sopravvento mettendolo al tappetto.
«Tra due persone, anche i silenzi posseggono sfumature di senso. Avevamo conosciuto i silenzi degli innamorati e entrambi sapevamo che quello che calava tra noi non lo era… L’amore non era scomparso, ma né io né lei avevamo voglia di cercare, schiacciati com’eravamo dal peso delle scelte sbagliate.»

Un romanzo che fa riflettere su quanto sia dannoso il giudizio degli altri, soprattutto quando è basato sull’ottusità, sulla chiusura mentale e sull’ignoranza.
Le scelte narrative dell’autore risultano essere originali e, soprattutto, utili per non far calare mai l’attenzione del lettore.