mercoledì 21 dicembre 2022

Recensione di "Ferito a morte" di Raffaele La Capria, Mondadori.

Recensione di "Ferito a morte" di Raffaele La Capria, Mondadori.

“La vicenda narrata in Ferito a morte si svolge nell'arco di circa undici anni, dall'estate del 1943, quando, durante un bombardamento, il protagonista Massimo De Luca incontra Carla Boursier, fino al giorno della sua partenza per Roma, all'inizio dell'estate del 1954. Tra questi due momenti il racconto procede per frammenti e flash, ognuno presente e ricordato, ognuno riferito a un anno diverso, anche se tutti sembrano racchiusi, come per incanto, nello spazio di un solo mattino: la pesca subacquea, la noia al Circolo Nautico, il pranzo a casa De Luca… Negli ultimi tre capitoli vi è poi come una sintesi di tutti i successivi viaggi di Massimo a Napoli, disincantati ritorni nella città che «ti ferisce a morte o t'addormenta, o tutt'e due le cose insieme»; nella città che si identifica con l'irraggiungibile Carla, con il mare, con i miti della giovinezza. Se, come ha scritto E.M. Forster, «il banco finale di prova di un romanzo sarà l'affetto che per esso provano i lettori», quella prova Ferito a morte l'ha brillantemente superata: libro definito dal suo stesso autore «non facile», cult per molti critici e scrittori, è stato ed è anche un libro popolare, amato e letto, con grande adesione sentimentale, da lettori che poco sapevano di questioni letterarie, ma vi ritrovavano la loro stessa nostalgia per un paradiso perduto e per una «giornata perfetta».”

Un romanzo complesso sia stilisticamente che strutturalmente: ricordi, sogni, partenze e ritorni che vanno dal 1943 al 1954. Un libro “non facile". La sua lettura richiede molta attenzione e concentrazione. Spesso è necessario ritornare al primo capitolo per non perdere il filo. Dialoghi, personaggi, descrizioni, punti di vista si alternano. La penna dell’autore, che non perde mai eleganza, descrive con amarezza e un certo disincanto Napoli e Roma. Punta una luce sulle città e la società che, durante il dopoguerra, invece di reagire subisce e accetta passivamente ciò che le viene imposto. E nel frattempo la giovinezza fugge, la vita passa e la felicità… la felicità esiste? E se esiste dov’è?



venerdì 9 dicembre 2022

Recensione de "Il ragazzo in soffitta" di Pupi Avati Guanda Editore.

Recensione de "Il ragazzo in soffitta" di Pupi Avati Guanda Editore.

"Berardo Rossi detto Dedo è popolare e brillante, è negato per il latino e tifa Milan anche se vive a Bologna. Giulio Bigi è timido e sovrappeso, legge l’Eneide come fosse «Tuttosport» e indossa orrende cravatte. Due quindicenni che sembrano appartenere a pianeti diversi, se non fosse che ora abitano nello stesso palazzo e frequentano la stessa classe… E che nella famiglia di Giulio c’è un segreto che coinvolgerà, suo malgrado, anche Dedo. Giulio, infatti, non ha mai visto suo padre, chiuso in ospedale fin da prima che lui nascesse. Ora quello sconosciuto sta per tornare a casa. Ma non è la persona che lui si aspetta. Mentre dagli armadi del passato emerge una favola nera di ambizione musicale e passione non corrisposta, Dedo si rende conto che il «ciccione del piano di sopra» è diventato un amico, che quell’amico è in pericolo, e che è il momento di fare delle scelte: ora sono loro due contro tutti. Da una Trieste intrisa di nostalgia a una luminosa e cinica Bologna, Pupi Avati mette in scena nel suo primo romanzo un intenso intreccio psicologico e una vicenda ricca di suspense: la storia di un’amicizia adolescenziale, di un lungo amore, di una nera vendetta. E crea con Dedo e Giulio due protagonisti di estrema autenticità: due ragazzi costretti a diventare grandi affrontando le sconfitte dei loro padri."
Un libro o forse un film, perché è ciò che si vede leggendo questo romanzo. Uno stile letterario magistrale. Ottime le ambientazioni, la tecnica “Show, don't tell” eccezionale.
Una storia che parla dell’importanza dell’amicizia, che racconta quanto la forza di questo legame riesca a saltare qualsiasi ostacolo abbattendo barriere che sembrano insormontabili.
Il romanzo è ambientato in due città in due epoche diverse: Bologna ai giorni nostri e Trieste negli anni ‘80. La prima narrata da un ragazzino di quindici anni; la seconda in terza persona.
La grandezza di Avati in questo romanzo è la sua capacità di narrare due realtà diverse non cadendo mai nella banalità. Lo fa con rispetto senza proferire alcun giudizio.
Le narrazioni, che in un primo momento scorrono in maniera separata, a un certo punto si intrecciano. Ed è qui che al lettore si apre uno scenario che gli trafigge cuore e anima.
L’autore con molta delicatezza parla della fragilità umana, delle sue debolezze, lacune e deliri.
Con uno stile letterario mai artefatto, ma lineare e in taluni tratti persino semplice, che non perde mai di efficacia, Pupi Avati ha scritto un libro che tratta un importante tema sociale, quello della ghettizzazione. Non è assolutamente facile parlare di certe tematiche come ha fatto lui. Un libro che consiglio a tutti. Vi renderà migliori. Perché spesso, dietro ai comportamenti ritenuti “non normali” si celano dolori laceranti, con i quali è difficile scendere a compromessi.



domenica 4 dicembre 2022

Recensione de L'istinto del gatto" di Sonia Sacrato, edizioni Newton Compton editori.

Recensione de L'istinto del gatto" di Sonia Sacrato, edizioni Newton Compton editori.

"Sono passati sei mesi da quando Cloe, giovane insegnante di storia dell'arte, è stata invischiata in un'indagine che ha portato alla luce incredibili segreti del passato. Anche se ripete a sé stessa che adesso le serve un po' di tranquillità, si lascia coinvolgere da Alex, il nipote di una sua cara amica, a ricostruire la storia di un violino abbandonato nel magazzino di una compagnia di spedizioni, rifiutato dal destinatario. Alex, giovane stagista presso un quotidiano, è certo di avere tra le mani un caso che gli permetterà di scrivere un pezzo che non passerà inosservato. Ma prima che i due possano rendersene conto, la vicenda del violino assume contorni sinistri: l'uomo che doveva aiutarli a capire qualcosa sullo strumento viene ucciso poco dopo averli incontrati, fuori da un locale dove si esibiscono drag queen. E così, quella che era cominciata come una ricerca fatta quasi per gioco, si trasforma in un'intricata indagine per omicidio. È il vicequestore Ferraris, insieme alla sua squadra, a indagare sull'accaduto e ad ascoltare Alex e Cloe, lasciando la ragazza non del tutto indifferente al suo fascino. Sarà Pablo, il gatto di Cloe, a fare in modo, con il suo zampino, che i due si sentano ancora. Almeno fino a quando le cose precipiteranno e Alex e Cloe saranno davvero in pericolo."
Un giallo che si divora con golosità. Quando lo si inizia a leggere lo si deve finire. Già solo per tale motivo, questo libro giallo è un successo. Una scrittura allegra, a volte non troppo, così come una melodia.
Potremmo dire che il protagonista sia il gatto Pablo oppure che il personaggio principale sia la sua padrona Cloe, oppure... No, non vado oltre, non dico altro per non svelare troppo. Potrei, però, azzardare a dire che la protagonista di questo libro è la vita, con i suoi alti e bassi e con le sue tragedie; l'amore con i suoi moti ondulatori e sussultori, perché è questo che descrive l'autrice in questo libro: la vita, da tutti i punti di vista. Ottimi i dialoghi, gli -show, don't tell-. Attente le descrizioni di una Torino che, grazie alla Sacrato, viene voglia di visitare. Il modo con cui viene trattato il mondo delle drag queen dimostra una notevole sensibilità dell'autrice ad affrontare temi che, purtroppo, sono ancora molto lontani dall'essere totalmente accettati da questa società sempre più allo sbando.
L’indagine è condotta da chi in realtà non è un esperto del settore, ma resa molto godibile -dall'intuizione-.
La scrittura della Sacrato si riconosce fin dalle prime battute. È vero, ogni autore ha un suo modo di scrivere, ma quello che contraddistingue l'autrice è quella scrittura fluida, gentile e, concedetemi il termine, "spensierata" che mantiene sempre la giusta dose di acidulo. E che la rende estremamente vera.