venerdì 9 dicembre 2022

Recensione de "Il ragazzo in soffitta" di Pupi Avati Guanda Editore.

Recensione de "Il ragazzo in soffitta" di Pupi Avati Guanda Editore.

"Berardo Rossi detto Dedo è popolare e brillante, è negato per il latino e tifa Milan anche se vive a Bologna. Giulio Bigi è timido e sovrappeso, legge l’Eneide come fosse «Tuttosport» e indossa orrende cravatte. Due quindicenni che sembrano appartenere a pianeti diversi, se non fosse che ora abitano nello stesso palazzo e frequentano la stessa classe… E che nella famiglia di Giulio c’è un segreto che coinvolgerà, suo malgrado, anche Dedo. Giulio, infatti, non ha mai visto suo padre, chiuso in ospedale fin da prima che lui nascesse. Ora quello sconosciuto sta per tornare a casa. Ma non è la persona che lui si aspetta. Mentre dagli armadi del passato emerge una favola nera di ambizione musicale e passione non corrisposta, Dedo si rende conto che il «ciccione del piano di sopra» è diventato un amico, che quell’amico è in pericolo, e che è il momento di fare delle scelte: ora sono loro due contro tutti. Da una Trieste intrisa di nostalgia a una luminosa e cinica Bologna, Pupi Avati mette in scena nel suo primo romanzo un intenso intreccio psicologico e una vicenda ricca di suspense: la storia di un’amicizia adolescenziale, di un lungo amore, di una nera vendetta. E crea con Dedo e Giulio due protagonisti di estrema autenticità: due ragazzi costretti a diventare grandi affrontando le sconfitte dei loro padri."
Un libro o forse un film, perché è ciò che si vede leggendo questo romanzo. Uno stile letterario magistrale. Ottime le ambientazioni, la tecnica “Show, don't tell” eccezionale.
Una storia che parla dell’importanza dell’amicizia, che racconta quanto la forza di questo legame riesca a saltare qualsiasi ostacolo abbattendo barriere che sembrano insormontabili.
Il romanzo è ambientato in due città in due epoche diverse: Bologna ai giorni nostri e Trieste negli anni ‘80. La prima narrata da un ragazzino di quindici anni; la seconda in terza persona.
La grandezza di Avati in questo romanzo è la sua capacità di narrare due realtà diverse non cadendo mai nella banalità. Lo fa con rispetto senza proferire alcun giudizio.
Le narrazioni, che in un primo momento scorrono in maniera separata, a un certo punto si intrecciano. Ed è qui che al lettore si apre uno scenario che gli trafigge cuore e anima.
L’autore con molta delicatezza parla della fragilità umana, delle sue debolezze, lacune e deliri.
Con uno stile letterario mai artefatto, ma lineare e in taluni tratti persino semplice, che non perde mai di efficacia, Pupi Avati ha scritto un libro che tratta un importante tema sociale, quello della ghettizzazione. Non è assolutamente facile parlare di certe tematiche come ha fatto lui. Un libro che consiglio a tutti. Vi renderà migliori. Perché spesso, dietro ai comportamenti ritenuti “non normali” si celano dolori laceranti, con i quali è difficile scendere a compromessi.



Nessun commento:

Posta un commento