giovedì 30 luglio 2020

Recensione di "Blind spot", di Andrea Novelli Novelli Zarini, Ink Edizioni

Recensione di "Blind spot", di Andrea Novelli Novelli ZariniInk Edizioni
“Los Angeles. La criminologa Kylie Evans conduce una vita ritirata, lontana dai riflettori della ribalta. Una grande paura la fa vivere lontano dalla società. Una casa sulla spiaggia è il suo unico rifugio, dove scrive e rafforza lo spirito col Tai Chi. Nel frattempo una incredibile sequenza di omicidi insanguina i dorati quartieri di Beverly Hills e Pasadena. La figlia di un petroliere, un noto milionario e un famoso stilista sono vittime di orrende mutilazioni. Incaricato delle indagini è Jack Barrett, un poco convenzionale agente dell'FBI che veste come un cowboy e si muove su una vecchia Ford Mustang del '67. La Evans deve rimettersi in gioco per le insistenze di Barrett: è necessario comprendere le analogie tra i delitti. Lo studio della vittimologia conduce al colpevole che, in base al profilo e grazie a prove schiaccianti, viene arrestato. Ma un altro delitto fa ripartire tutto da zero. Chi c'è allora dietro tutto questo orrore? E, soprattutto, perché?”
Un giallo scritto con cura, dove ogni dettaglio e ogni parola sono essenziali e funzionali alla storia. Tutto scorre, tutto è chiaro. Pagina dopo pagina la curiosità si mescola alla tensione.
Blind Spot è un romanzo senza fronzoli, senza digressioni inutili e noiose. Spazia dalla verità alla bugia, dalla paura alla vendetta, dalla consapevolezza alla libertà. La libertà: quando davvero potremo ritenerci liberi? Il dispiacere, il dolore, la bramosia, i sentimenti più disparati accompagnano il lettore per tutta la lunghezza del romanzo.
C'è l'essere umano in questo medical thriller. Ci siamo noi con il nostro punto cieco, il blind spot, il nostro enigma, il punto esatto dove ci arrendiamo, oppure il punto esatto che decidiamo di oltrepassare. Per farlo, però, bisogna sconfiggere la paura.
Un medical thriller che non ha nulla da invidiare a quelli nati dalle penne dei maestri di genere.

domenica 19 luglio 2020

Recensione de "Il quaderno dell'amore perduto" di Valérie Perrin, edizioni Casa Editrice Nord

Recensione de "Il quaderno dell'amore perduto" di Valérie Perrin, edizioni Casa Editrice Nord
"La vita di Justine è un libro le cui pagine sono l'una uguale all'altra. Segnata dalla morte dei genitori, ha scelto di vivere a Milly - un paesino di cinquecento anime nel cuore della Francia - e di rifugiarsi in un lavoro sicuro come assistente in una casa di riposo. Ed è proprio lì, alle Ortensie, che Justine conosce Hélène. Arrivata al capitolo conclusivo di un'esistenza affrontata con passione e coraggio, Hélène racconta a Justine la storia del suo grande amore, un amore spezzato dalla furia della guerra e nutrito dalla forza della speranza. Per Justine, salvare quei ricordi - quell'amore - dalle nebbie del tempo diventa quasi una missione. Così compra un quaderno azzurro in cui riporta ogni parola di Hélène e, mentre le pagine si riempiono del passato, Justine inizia a guardare al presente con occhi diversi. Forse il tempo di ascoltare i racconti degli altri è finito, ed è ora di sperimentare l'amore sulla propria pelle. Ma troverà il coraggio d'impugnare la penna per scrivere il proprio destino? "
Il quaderno dell’amore perduto è un romanzo intenso e doloroso. L'autrice con il suo stile letterario pulito, che invita il lettore a proseguire con piacere nella lettura, vuole sottolineare il fatto che l’amore ha una forza straordinaria: a volte purtroppo una forza distruttiva, così come a volte una forza rigenerante. Come nel suo secondo romanzo “Cambiare l'acqua ai fiori”, l'autrice ci ricorda che su questa terra non siamo altro che turisti. Molti di noi credono di rimanerci in eterno dimenticando che la partenza, invece, potrebbe verificarsi da un momento all'altro. Niente può essere programmato. La Perrin, inoltre, consiglia di vivere guardando poco a ciò che abbiamo lasciato dietro alle nostre spalle. Ciò che dobbiamo fare è guardare avanti. Dobbiamo vivere amando e lasciando amore, altrimenti è inutile vivere. Solo il ricordo che gli altri avranno di noi potrà fare in modo che la nostra esistenza non sia stata vana. Solo l'amore ci salverà? Sì, per lei sì, e francamente anche per me. La vita dovrebbe essere una collezione straordinaria di ricordi e per questo genere di collezioni ci vuole l'amore.

giovedì 2 luglio 2020

Recensione de "Il rifugio" di Tana French Einaudi editore

Recensione de "Il rifugio" di
Tana French
Einaudi editore
"Patrick Spain e i suoi due bambini vengono ritrovati morti in un complesso residenziale mezzo abbandonato per colpa della crisi. Jenny, la madre, è in fin di vita. All'inizio Mick «Scorcher» Kennedy, incaricato delle indagini, pensa alla soluzione più scontata: un padre sommerso dai debiti, travolto dalla recessione, ha tentato di uccidere i propri cari e si è tolto la vita. Ma ci sono troppi elementi che non quadrano: le telecamere nascoste nell'appartamento, i file cancellati su uno dei computer e il fatto che Jenny temesse che qualcuno fosse entrato in casa loro per spiarli. A complicare il quadro, c'è il quartiere in cui vivevano gli Spain - un tempo noto come Broken Harbour - che riporta a galla ricordi dolorosi del passato di Scorcher."
E' il primo romanzo di questa autrice che leggo. Credo che li leggerò tutti.
“Il rifugio” è il quarto romanzo di Tana French. Un giallo che lascia senza parole, un giallo che non "molla" mai, costruito su una trama investigativa che mette a nudo le personalità dei vari personaggi che via via si susseguono.
“Per quale motivo li voleva morti? Era una delle molte ragioni per cui l’omicidio è un crimine speciale: è l’unico che ci fa chiedere perché. Rapine, violenze sessuali, frodi, spaccio e tutta la sporca litania dei reati hanno la spiegazione già inclusa nell’atto. Devi solo inserire il colpevole nello spazio giusto come una chiave nella serratura. L’omicidio invece ha bisogno di una risposta”
Sono tante le domande che l'autrice indirettamente pone al lettore. Un giallo che fa riflettere, che non giudica, perché tutti siamo potenzialmente vittime e carnefici.
“Il rifugio” è un romanzo forte, a tratti fastidioso, duro, freddo, cinico ma maledettamente umano soprattutto quando parla del male che s'annida nei meandri oscuri della nostra mente. La French disegna una tragica e compassionevole generazione di giovani illusi che hanno pagato in prima persona la crisi economica che ha sconvolto l’Europa nel 2007. L’Irlanda, che è la patria dei protagonisti di questo giallo, ha subito pesantemente questa crisi economica, sociale e culturale. Alla French va il merito di essere riuscita a rappresentare il dolore di una generazione delusa e ingannata dai "draghi del potere".
Una storia che rimane anche quando hai concluso il libro.