domenica 15 agosto 2021

Recensione di "Tre" di Valérie Perrin, Edizioni E/O

 Recensione di "Tre" di Valérie Perrin, Edizioni E/O

“«Mi chiamo Virginie. Di Nina, Adrien ed Étienne, oggi Adrien è l’unico che ancora mi rivolge la parola. Nina mi disprezza. Quanto a Étienne, sono io che non voglio più saperne di lui. Eppure fin dall’infanzia mi affascinano. Sono sempre stata legata soltanto a loro tre».
1986. Adrien, Étienne e Nina si conoscono in quinta elementare. Molto rapidamente diventano inseparabili e uniti da una promessa: lasciare la provincia in cui vivono, trasferirsi a Parigi e non separarsi mai.
2017. Un’automobile viene ripescata dal fondo di un lago nel piccolo paese in cui sono cresciuti. Il caso viene seguito da Virginie, giornalista dal passato enigmatico. Poco a poco Virginie rivela gli straordinari legami che uniscono quei tre amici d’infanzia. Che ne è stato di loro? Che rapporto c’è tra la carcassa di macchina e la loro storia di amicizia?”
I protagonisti della vicenda, che va dal 1987 al 2018, sono tre ragazzi che si potrebbero anche definire eroi. Eroi di un tempo interessato da problematiche inquietanti e drammatiche, che purtroppo trasformano la vita di questi tre ragazzi in una guerra, dove vincere anche una singola battaglia sembra essere un’impresa quasi impossibile.
Etienne, Adrian e Nina sono tre amici inseparabili che fanno tutto insieme: scuola e tempo libero. Sono diversi ma uguali perché conoscono il significato della parola “integrazione”.
Sono molti i colpi di scena che stupiranno il lettore, tutti intervallati da musica, canzoni, alcol, fumo, canne, sesso, violenza domestica, abbandono, omosessualità, morte.
Ancora una volta l’autrice fotografa, racconta e dipinge emozioni. Con uno stile letterario che oramai la contraddistingue, reso intrigante dalla presenza di una voce narrante, quella di Virginie (personaggio fondamentale ma non protagonista), la Perrin ha realizzato un libro che parla di radici familiari perse e ritrovate e che vuole lanciare, a mio avviso, un messaggio: quello che conta nella vita, quello che davvero può salvarci da un destino infausto, non sono i legami di sangue ma quelli vincolati dall’amicizia e dall’amore. Un romanzo lungo, è vero, ma che sa prenderci per mano e tenerci compagnia.


domenica 1 agosto 2021

Recensione di "Disturbo della quiete pubblica“ di Luca Bizzarri Libri Mondadori

 Recensione di "Disturbo della quiete pubblica“ di Luca Bizzarri Libri Mondadori

"Il turno di pattuglia sta andando via liscio come l'acqua protetta dai frangiflutti del porto in una fredda notte d'inverno. Fino a quando la pantera della polizia su cui viaggiano l'ispettore Marco Pieve e l'agente Enrico Rossetti riceve una richiesta d'intervento: in una zona piuttosto malfamata della città un immigrato sta prendendo a calci una porta e urla, disturbando la pubblica quiete dell'intero quartiere. È così che i due poliziotti fanno conoscenza con Mamadou, migrante senegalese che chiede, irragionevolmente ma con tenace insistenza, di essere portato in carcere, pur non avendo commesso alcun reato. Pieve e Rossetti si ritrovano in un cul de sac, fra superficiale menefreghismo, voglia di staccare dal lavoro, umana pietas per l'incomprensibile richiesta del ragazzone di colore, improvvisi pruriti alle mani da tenere a bada, scorciatoie mezze illegali e imprevisti vari. Fino all'inatteso, tragico epilogo.”
La città non è specificata ma è intuibile che ci troviamo a Genova. L’autore gioca in casa ed è giusto che sia così. Nella città dove siamo nati e viviamo è più facile trovarsi, perdersi e ritrovarsi. Due poliziotti, il capo pattuglia Marco Pieve e il suo assistente Enrico Rossetti, devono intervenire presso un condominio per l’ennesimo caso di -disturbo della pubblica quiete-, in quanto un uomo di origine africana, di nome Mamadou, sta dando calci a una porta e lo fa per uno scopo preciso: vuole essere arrestato, vuole essere portato in galera.
I due poveri poliziotti non hanno nessuna intenzione di arrestarlo e soprattutto non hanno voglia di tornare in ufficio a redigere alcun verbale. Semplicemente si vogliono limitare a riprenderlo, così come si riprende uno scolaro che fa i capricci, per poi lasciarlo libero. Ma niente da fare, Mamadou vuole essere arrestato.
E da qui si dipana la storia, una storia originale. Bizzarri è riuscito a raccontare, fotografare e far vivere al lettore una vicenda che si può considerare all’ordine del giorno. È la storia di un immigrato, di tanti immigrati, è la storia di quelli che a molti, mentre sono sdraiati sulla spiaggia sopra i loro morbidi asciugamani, piace chiamare fratelli (perché siamo fratelli, no?) ma in realtà poi spesso storcono il naso quando se li trovano vicini su un mezzo pubblico.
Bizzarri scrive senza pietismi, senza superficialità, senza banalità e senza retorica la vita di un immigrato. L’autore, che tutti conosciamo come il Luca della coppia -Luca e Paolo-, avvezzo a redigere testi brillanti, non cambia stile anche per scrivere questo romanzo. Usa la stessa tecnica, giocando e pesando le parole cosicché il testo risulti coinciso ed efficace. All’inizio del romanzo racconta l’assurdità della situazione davanti alla quale si vengono a trovare i due poliziotti riuscendo anche a strappare una risata a lettore. Nella seconda parte, quella più dolorosa e introspettiva, dove i profili psicologici dei personaggi vengono a galla, sorprende il lettore disarmandolo. E il linguaggio che non perde mai ritmo e scorrevolezza si adegua nel passaggio dalla prima alla seconda parte senza perdere efficacia, energia e freschezza.
Il racconto di Mamadou è il racconto di tanti uomini che abbandonano la loro terra per provare a vivere un’altra vita, sperando in una vita migliore. Purtroppo spesso consegnano il loro destino nelle mani di un padrone che renderà la loro esistenza un inferno.
Il libro è uno spaccato della società di oggi e prende spunto da un fatto realmente accaduto. Consiglio la lettura a chi è in cerca di una storia di vita vera, attuale, sotto certi aspetti paradossale, narrata con ironia. Una storia che ci insegna che esistono persone, come Mamadou, che, in nome di un destino migliore, si ritrovano a vivere un’esistenza che non conosce libertà e che soprattutto non gli fornisce i mezzi per poter sognare. E senza sogni non si vive ma si sopravvive.