Recensione di "Borgo Case Nuove" di Alessandro Marenco edito da Temposospeso.
"Una fabbrica, le case che le sono state costruite accanto, le sue maestranze, operai, impiegate, dirigenti, la gente che in quelle case - a un passo dalla fabbrica - sceglie di andarci a vivere; storie di famiglie, storie di vicinato, storie incrociate narrate da molte voci, storie che si leggono come capita di fare quando passando su una strada sopraelevata si sguarda dentro le finestre e si comincia a immaginare le vite degli altri. Borgo Case Nuove aggiunge una nuova tessera - sempre corale, intima e popolare - al mosaico narrativo che da anni Alessandro Marenco dedica alla vita di una valle contadina, stravolta dall'impeto di un vento industriale che, dopo il suo passaggio, ha lasciato scheletri di capannoni vuoti e un incerto deserto sociale."
Una scrittura che cura, che arricchisce e che allontana la mente dalla banalità, dal buonismo, dalla sciatteria. Leggere romanzi di questo spessore salva l’attento lettore dall’arroganza e ignoranza di chi crede che basti pubblicare un libro per definirsi scrittore. La scrittura di Marenco è arte. Ogni parola ha un preciso intento. Così sono tutti i suoi libri ma Borgo Case Nuove è speciale. Funziona fin dalle prime quattro righe. Arriva subito. Ti porta in quel mondo che Marenco descrive ed ecco che, di pagina in pagina, il lettore si trova a indossare i panni di quei personaggi di cui lui narra. È sicuramente una storia straordinaria per come l’ha pensata l’autore. Una storia che fa sospirar , riflettere, piangere, sorridere, imprecare per quello che c’è alla fine della storia. Rassegnazione, rabbia, frustrazione. Un vuoto, un vuoto immenso che nemmeno i ricordi potranno colmare. Regna la vita con tutte le sue sfumature, ricca e povera, bella e brutta, ma pur sempre vita. Storie che si intrecciano, cuori che si aggrovigliano, mani che si lasciano. Balla la vita in questo romanzo, anche senza musica. Spesso senza andare a tempo. Però balla e lo fa dietro la porta di ogni casa. Danza e dopo, alla fine di tutto, rimane quella disarmante incertezza per il futuro perché: «Forse un giorno la fabbrica chiuderà: e se sarà pazienza.» Ed è la fabbrica il personaggio principale di questo romanzo, la fabbrica che tanto ha dato e che poi, chiudendo, tutto ha tolto.
Scrivere una storia come questa è un gesto di disarmante umanità. Marenco ha “umanizzato” la fabbrica, lo ha fatto attraverso tutti i personaggi che intorno allo stabilimento fanno una specie di girotondo… poi, però, si fermano e come dice la filastrocca: “casca il mondo, casca la terra… tutti giù per terra.”
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