sabato 21 giugno 2025

Recensione de "Il mare non ha colpe" di Paola Zagarella, Leucotea.it

Recensione de "Il mare non ha colpe" di Paola Zagarella, Leucotea.it

"Tutto ha inizio da un lungo viaggio. Lingue, dialetti, colori della pelle s'incontrano per la prima volta per il “viaggio della speranza”. Poi un naufragio li travolge. Fato e umanità segneranno i loro destini. Quale sarà la sorte di Felice, il giovane immigrato in cerca di futuro? Morte, sopravvivenza o vita? Il romanzo affronta un problema attuale e divisivo dichiarando senza remore più aspetti: positivi e negativi, bene e male, giusto e ingiusto, accogliere o rifiutare; proponendo un percorso per riflettere insieme."

Con una scrittura sicura, precisa e sensibile, l’autrice ha dato vita a un piccolo capolavoro. E nemmeno poi così piccolo visto l’argomento che tratta. Un argomento che coinvolge tutti ma che molti trattano con superficialità, ignoranza ed egoismo. Perché è vero: il mare non ha colpe, così come le stesse colpe non sono da imputare a chi sceglie il mare come fuga; a chi nel nostro bel paese spera di poter trovare una vita migliore.
Perché non scegliamo dove nascere tantomeno come essere, quali occhi, pelle e capelli indossare. Eppure, ancora oggi, l’immigrato è l’altro, il bruto, quello che violenta, ruba e sputa sulla nostra terra. È sempre colpa di quello che è diverso da noi.
La vita la fa la fortuna, la fa il destino.
Una storia vera, raccontata con intelligenza, con sentimento, senza veli e soprattutto senza ipocrisia.
La storia di Felice o meglio di uno che hanno chiamato "Felice per una smorfia di dolore simile a un sorriso" e di Felice, su quei barconi che trasportano anime e corpi, ce ne sono tanti.
Ed è anche la storia del nostro tempo che va di fretta, che lascia poco spazio, che non ha "tempo" per riflettere sul fatto che siamo tutti figli dello stesso Dio (se esiste), della stessa terra e dello stesso mare.
Un tempo incerto, a tratti burrascoso. Un tempo che non fa sconti a nessuno. Un tempo che potrebbe, però, migliorare se tutti noi imparassimo a vedere e agire con il cuore. L’immigrazione è un fenomeno vecchio quanto il mondo, ma purtroppo spesso è controllata e gestita da chi non conosce la storia. E l’ignoranza è proprio figlia di questo tempo malato.
Paola Zagarella ha scritto un romanzo che grida l’amore per l’altro, l’amore per la vita dell’altro… quell’altro che è uguale a noi.




sabato 14 giugno 2025

Recensione di "Gli uomini non piangono" di Chiara Pareto, edizioni Leucotea.it

 Recensione di "Gli uomini non piangono" di Chiara Pareto, edizioni Leucotea.it


"Come si sopravvive al proprio mondo che implode? Quando la morte della figlia ha trascinato via con sé il senso di ogni respiro gettando su tutto una nebbia densa di disperazione e solitudine? È quello che si chiede Mark Lewis, giovane frontman di una promettente band dal successo mondiale, bloccato nel traffico di New York, alle prese con l'ansia che lo tormenta al ritmo frenetico del tergicristalli. E mentre si chiede se sia meglio procedere o tornare indietro, non sa che il destino, attraverso la voce di suo padre, ha già scelto per lui, ancora una volta. Una band da ricostruire, un viaggio non previsto dall'altra parte dell'oceano, nuove e vecchie conoscenze riporteranno Mark al centro di quel turbinio che è la vita, costringendolo a un faccia a faccia con sé stesso e a lottare con tutte le sue forze per la propria resurrezione."
Con uno stile letterario espositivo e persuasivo, la Pareto ci regala un romanzo che racconta il dolore per la perdita di un figlio; il viaggio inteso come fuga e terapia; la famiglia che tanto insegna ma che tanto può ferire. Ottime le descrizioni, veritieri i personaggi. Mark, in particolare, l’eroe di queste pagine che, tra ansia, indecisioni e rapporti sociali, affronterà un viaggio verso se stesso in compagnia della musica. La sua musica.
Davvero gli uomini non piangono? E se lo fanno rimangono comunque uomini? Che peso hanno le lacrime?
Un romanzo che va dritto al punto. Insieme a Mark il lettore capirà che non tutte le lacrime che si piangono sono un male. E che quelle vere si piangono con il cuore.
La saggezza di Mark ci sorprende, esattamente come l’autrice.
«Pensò che i cieli non fossero tutti uguali e che la differenza consisteva in chi si sedeva accanto a osservarli.»



venerdì 13 giugno 2025

Recensione di "Così eravamo" di Francesco Guccini, edizioni Giunti.

 Recensione di "Così eravamo" di Francesco Guccini, edizioni Giunti.

"L’andare a piedi, da casa a scuola, di un bambino alle medie, dove un tuo compagno, quello che portava la giacca color senape e di cui ricordi a stento il sorriso, muore all’improvviso e non vedrà nulla di tutto quanto è venuto dopo: la televisione, la città che cambia, la musica che farà venire voglia a tutti di ballare. L’andare, in un giornale di provincia, di un giovane montanaro in cerca di lavoro, con una fame nera e un cinico capocronaca che ti scoraggia. L’andare notturno, alla stazione, di un redattore e di un pittore in cerca di una generosa prostituta da assoldare per sfidarsi in una gara di resistenza, che però è un cattivo scherzo che ti porti impresso nella mente. L’andare, in tutte le balere, di un orchestrale a suonare fino all’alba, con un giornalista che ti tempesta di domande e vuole episodi piccanti da te che, ora, fai altro. L’andare in gita, alla domenica, di te giovane sottotenente in pausa dalle manovre di due capitani che simulano un rifugio antiatomico, senza accorgerti di un grande disastro che poteva cambiare un destino, anzi due. Francesco Guccini scrive con impietosa ironia cinque racconti che sono la Spoon River in prosa di una intera giovinezza, un romanzo di formazione scandito per quadri, come nel breve spazio di una canzone. Sono piccole storie sullo sfondo della grande Storia, importanti proprio perché non illustri: ciascuna di esse illumina un volto, un’atmosfera, un oggetto – come il portacenere rosso, gadget di una famosa bibita pop, che il giovane sottotenente Guccini riceve in dono da una ragazza veneta – che grazie alla scrittura diventano prodigiose madeleines per raccontare ciò che non è più. E ci riportano intatte le emozioni di una vita vissuta fra la guerra e il dopoguerra, fra l’Appennino e Modena, a cui oggi guardare con malinconia ma anche con la struggente consapevolezza di aver vissuto stagioni felici."

Con la stessa ironia e nostalgia con le quali scrive canzoni, Guccini ha scritto questo libro. Un insieme di racconti di vita quotidiana ormai passata, carichi di emozioni sottili che accarezzano la pelle di chi legge. In questo piccolo romanzo ci ritroviamo ad apprezzare ancora una volta il poeta cantore, ritrovandoci nuovamente d’accordo con lui sul fatto che la vita è un soffio, che noi siamo solo di passaggio anche se facciamo di tutto per dimenticarcelo.



Recensione de "Il mio nome è Emilia del Valle" di Isabel Allende, Feltrinelli Editore.

Recensione de "Il mio nome è Emilia del Valle" di Isabel Allende, Feltrinelli Editore.


"Emilia del Valle Walsh nasce a San Francisco nel 1866. Sua madre, Molly Walsh, è una suora irlandese sedotta da un aristocratico cileno. Emilia cresce nel cuore di un umile quartiere messicano, diventando una giovane donna brillante e indipendente che sfida le norme sociali per perseguire la sua passione per la scrittura. Da giovanissima, inizia a scrivere romanzi d’avventura sotto lo pseudonimo di Brandon J. Price, ma la sua carriera decolla quando diventa editorialista al San Francisco Examiner. Emilia convince il suo editore a mandarla in Cile per coprire una guerra civile con interessi economici e politici statunitensi. Così, nel 1891, si ritrova a Santiago, una città sull’orlo del baratro. Ospite della (già nota ai lettori) mitica Paulina del Valle, vive gli scontri in prima linea, s’innamora e riprende contatto con il padre biologico in punto di morte. Emilia dovrebbe tornare a San Francisco, anche per coronare il suo amore, ma decide prima di voler vedere una piccola proprietà terriera, l’unica eredità lasciatale dal padre, nei pressi del lago Pirihueico, in una zona disabitata di inviolata bellezza naturalistica."
Il romanzo racconta la vita di Emilia del Valle, una donna coraggiosa, indipendente e intelligente. Scrive romanzi sotto pseudonimo e, grazie alla sua capacità persuasiva, convince il suo editore a mandarla in Cile come inviata di guerra. La grandezza di questo romanzo trova ragione nella capacità dell’autrice di tenere sempre alta l’attenzione del lettore facendogli provare le più svariate emozioni. Attraverso il personaggio di Emilia, la Allende narra, senza pudore e senza sentimentalismi forzati, di un amore puro e vero, di un amore che non lascia spazio a compromessi. Racconta la storia di una famiglia "aperta" che accetta le battaglie personali di Emilia più volte indirizzata e determinata a seguire i suoi ideali e i suoi sogni. Il concetto di libertà è un caposaldo del romanzo che non fornisce risposte ma che fa riflettere su quanto possano essere potenti le gesta e la voce di chi si arma di coraggio ribaltando la triste e stretta realtà che lo circonda.