domenica 10 novembre 2024

Recensione di "Verso l'abisso fischiettando" di Marco Presta, Einaudi editore.

 Recensione di "Verso l'abisso fischiettando" di Marco Presta, Einaudi editore.


"Alla oltraggiosa età di centotrentatre anni, Enrico ha polverizzato due record: è l’uomo più vecchio del mondo, e proprio per questo il più odiato. Gli altri nascono, vivono e muoiono, lui invece no, continua imperterrito a esistere. Per il resto del genere umano è un’ingiustizia, un sopruso, un problema da risolvere in fretta. Tra programmi di protezione, attentati e complotti, nuove nipotine, amori tardivi e nude proprietà che non finiscono mai, la lunghissima esistenza di Enrico è sempre più in bilico sull’orlo dell’abisso. Ma lui, troppo vecchio anche per preoccuparsi, si siede in poltrona e fischietta, ci fa ridere e commuovere, rievoca le sue mille vite e respira a pieni polmoni tutto il tempo che gli rimane."

Una storia originale scritta non bene, ma benissimo. Del resto Presta è una garanzia. Possiede uno stile letterario che oserei chiamare -grintoso-. E anche con questo ultimo romanzo, dal ritmo incalzante, Presta fa centro. Racconta di Enrico un uomo di 133 anni che rappresenta, proprio per l’età che porta, la vera minoranza della nostra società. Una società che vede, però, Enrico come una minaccia, una società che si domanda sul come sia possibile che un uomo possa campare così tanto. Iniziano le proteste sotto la casa di Enrico, addirittura le minacce. Le persone vogliono capire, pretendono di vederci chiaro. E le domande sono tante: “Sarà, forse, frutto di un sortilegio? O peggio ancora di un esperimento?”
La verità è che Enrico rompe un equilibrio, quello che sta tra la vita e la morte. Perché Enrico non muore? Sarà forse la sua passione per la vita a renderlo quasi immortale?
Ed è proprio qui che sta la bellezza di questo romanzo: le riflessioni che suscita, le emozioni che Presta riesce a far provare al lettore. Quest’ultimo riflette, non può sottrarsi alle considerazioni e conclusioni che l’autore porta a galla, ovvero che l’uomo è tanto grande quanto piccolo. È forte quanto fragile.
Confesso di non aver ben compreso il finale, ma poco importa. La grandezza del libro è talmente tanta che il finale conta poco.



sabato 12 ottobre 2024

Recensione di "Non è una città per avvocati" di Mauro Sangiorgi Robin Edizioni.

 Recensione di "Non è una città per avvocati" di Mauro Sangiorgi Robin Edizioni.


"Marcello Prati è un avvocato pavese che ha ormai superato i quaranta. Vive la professione con disincanto e amarezza, trascinandosi fra le incombenze di studio, il bar dove è solito consumare i suoi pasti e il rimpianto per la fidanzata che lo ha lasciato per mettersi con un calciatore molto più giovane di lui. Quando la ragazza viene uccisa insieme al nuovo compagno, Prati viene accusato degli omicidi e capisce ben presto che l'unica occasione che gli rimane per salvare se stesso e il suo studio è quella di indagare personalmente per scoprire il vero assassino. La ricerca della verità si rivela però difficile e a Marcello viene in soccorso Claudia, il suo difensore, che lo aiuta nel tentativo di fare luce sull'intricata vicenda. Attraverso puntate nell'Oltrepò pavese e imprevisti ritorni a un passato più felice, la matassa verrà infine sciolta. Ma la salvezza faticosamente conquistata non sarà in grado di lenire l'amarezza lasciata da una storia dove, in fondo, a vincere non sono i buoni."

Una lettura molto piacevole. Una scrittura brillante a tratti effervescente. La storia cattura e coinvolge fin dalla prima pagina. Un noir semplice ma al contempo complesso. L’autore dipinge la provincia lombarda in modo implacabile, portando a galla l’ipocrisia e quel fastidioso perbenismo che non fa altro che aggiungere miseria alla miseria già esistente. Nulla appare come veramente è, ma del resto è anche vero che niente è come appare.
Il protagonista di questo piacevolissimo noir è un avvocato pavese che viene incolpato di duplice omicidio. Tutto sembra essere contro di lui. Il carattere curioso e poco arrendevole dell’avvocato lo porterà a indagare, o meglio a rovistare, tra le pagine della sua stesso passato. La verità non è così semplice, come non è facile compiere un viaggio dentro e verso noi stessi. Cosa troverà quando arriverà alla meta di quel tortuoso percorso?
Personaggi ben delineati, così come sono ben descritti i sentimenti e le emozioni. Perfetti gli “show, don’t tell”. Le descrizioni degli ambienti sono ottimi. Non manca nulla a questo romanzo noir. A dire il vero una cosa forse manca, anzi due: manca il successo che avrebbe dovuto avere (da tempo non trovavo un noir così ben scritto e accattivante) e manca la lettura da parte di molti avvocati, soprattutto quelli di provincia, quelli che credono di essere “giudici in terra, nel cielo e nel mare.”



sabato 7 settembre 2024

Recensione di "Correndo con le forbici in mano" di Augusten Burroughs edito Minimum fax

Recensione di "Correndo con le forbici in mano" di Augusten Burroughs edito Minimum fax

“La storia di Augusten Burroughs parte sparata a nove anni e non rallenta per tutta l'adolescenza, incastrata tra un grottesco insegnante di matematica alcolizzato, suo padre, e una madre sofisticata che sogna di vedere i suoi versi pubblicati sul New Yorker. Scorre davanti ai nostri occhi una galleria di personaggi esilaranti: Augusten, prima di tutto, con le sue giacche blu, il sogno glamour di diventare parrucchiere per dive o medico in una soap opera e la naturalezza con cui simula il suicidio per non andare a scuola; il dottor Finch, lo psichiatra che ottiene l'affidamento di Augusten e che vive in una casa tutta rosa con la moglie che sgranocchia croccantini per cani; i loro sette figli, così simili nella follia che ne accomuna i comportamenti da rendere impossibile capire chi tra loro sia biologico e chi adottivo; i pazienti che frequentano la «pink house» e che forse sono più sani dei suoi abitanti, o forse sono solo diversamente pazzi. Alternando commedia acida e teatro dell'assurdo, rendendo omaggio al Salinger del Giovane Holden e al giocoso sarcasmo di Vonnegut, Augusten Burroughs ha scritto un libro poetico e spiazzante, nel quale la commozione e il riso, più che alternarsi, piombano addosso al lettore assieme, lasciandolo stordito e incantato.”

Sarò severa!
Questo romanzo ha due possibilità: o piace o non piace. A parere mio non può esserci via di mezzo. E vi spiego perché:
è un’autobiografia e le autobiografie o piacciono o non piacciono. Vengono scritte sotto forma di aneddoti e gli aneddoti non possono essere fluidi. Sono divise per racconti che non si collegano l’uno all’altro. Ma veniamo a questo libro: il romanzo racconta l'infanzia dell'autore stesso. Un’infanzia che per molti versi risulta essere surreale, che spaventa, che lascia spiazzati. Tante sono le situazioni assurde, volgari e drammatiche. E poi c’è una parte che sfiora quasi la pedofilia che, però, sembra quasi essere, per come viene trattata, un fatto ordinario.
Per questo motivo il libro o piace o non piace. “Accettare” un libro del genere non è facile. Pensare che l’autore possa aver attraversato certe situazioni così terribili mette a disagio il lettore ponendosi la domanda: «Sarà vero?» E se fosse così, allora, le domande da porsi sarebbero altre... domande tristi con risposte ancora più tristi e disarmanti. Perché sulle -infanzie violate- non si può ridere.
Poi c’è un buon stile letterario, un’ottima scrittura, un ritmo incalzante che non cambia e rallenta mai. E poi c’è il titolo che è straordinario e i titoli straordinari “fanno vendere”.


mercoledì 21 agosto 2024

Recensione di “Mille papaveri rossi” di Sergio Badino, Edizioni Piemme

Recensione di “Mille papaveri rossi” di Sergio Badino, Edizioni Piemme.


“Cresciuto insieme agli amici Nina e Luigi in un paesino sulle colline del Monferrato, Piero trascorre infanzia e adolescenza tra la scuola e i giochi nei campi di grano. L'amicizia con Nina si trasforma con il tempo in un sentimento che coinvolge entrambi sempre di più, ma per l'Italia sono anni difficili; l'ascesa del fascismo e l'entrata in guerra a fianco della Germania nazista lo costringono a seguire una strada che non si sarebbe mai aspettato: dopo aver aiutato Nina e la sua famiglia a emigrare, Piero viene mandato al fronte. Ed è in un campo di papaveri, che gli ricorda il profumo di casa, e con nel cuore l'amore per Nina, che incontra il soldato "con la divisa di un altro colore".

Una scrittura precisa e scorrevole. Ottime le descrizioni, straordinari gli -Show, don't tell-. Una storia commovente nella quale è un piacere immergersi, dove i protagonisti e i coprotagonisti sono completamente caratterizzati. L’autore dipinge una storia con grande maturità. Le tematiche storiche vengono affrontate con profondità fornendo spunti di riflessione non solo ai giovani lettori, a cui questo libro è dedicato, ma anche a quelli meno grandi. La voce di De André che canta -La guerra di Piero- accompagna ogni pagina. E a volte sembra persino di udire le voci squillanti di Ninetta e Piero.


domenica 18 agosto 2024

Recensione de "I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa, Feltrinelli Editore

Recensione de "I miei giorni alla libreria Morisaki" di Satoshi Yagisawa, Feltrinelli Editore.


"Jinbōchō, Tokyo. Il quartiere delle librerie e delle case editrici, paradiso dei lettori. Un angolo tranquillo e fuori dal tempo, a pochi passi dalla metropolitana e dai grandi palazzi moderni. File e file di vetrine stipate all'inverosimile di libri, nuovi o di seconda mano. Non tutti lo conoscono, più attratti da Ginza o dalle mille luci di Shibuya. Di sicuro Tatako – venticinquenne dalla vita piuttosto incolore – non lo frequenta assiduamente. Eppure è qui che si trova la libreria Morisaki, che appartiene alla sua famiglia da tre generazioni. Un negozio di appena otto tatami in un vecchio edificio di legno, con una stanza al piano superiore adibita a magazzino. È il regno di Satoru, l'eccentrico zio di Tatako. Entusiasta e un po' squinternato, dedica la sua vita ai libri e alla Morisaki, soprattutto da quando la moglie lo ha lasciato. L'opposto di Tatako, che non esce di casa da quando l'uomo di cui era innamorata le ha detto di voler sposare un'altra. È Satoru a lanciarle un'ancora di salvezza, offrendole di trasferirsi al primo piano della libreria. Proprio lei che non è certo una forte lettrice, si trova di colpo a vivere in mezzo a torri pericolanti di libri e minacciosi clienti che continuano a farle domande e a citarle scrittori ignoti. Tra discussioni sempre più appassionate sulla letteratura moderna giapponese, un incontro in un caffè con un timido sconosciuto e rivelazioni sulla storia d'amore di Satoru, scoprirà pian piano un modo di comunicare e di relazionarsi che parte dai libri per arrivare al cuore. Un modo di vivere più intimo e autentico, senza paura del confronto e di lasciarsi andare."

Una romanzo da -senza infamia e senza lode-. Purtroppo la storia banale e a tratti improbabile non permette al lettore di provare emozioni e spunti di riflessione. Buone le descrizioni e le caratterizzazioni dei personaggi che, però, non bastano per rendere coinvolgente la lettura.



domenica 28 luglio 2024

Recensione de "Le api non vedono il rosso" di Giorgio Scianna, Einaudi editore

 Recensione de "Le api non vedono il rosso" di Giorgio Scianna, Einaudi editore.


“Una sera come tante Giulio torna dall'ufficio, e davanti al cancello della sua casa di Pavia trova ad aspettarlo una frotta di giornalisti. Dall'altra parte dell'Italia un'auto ha travolto e ucciso una bambina, sebbene nessuno la stesse conducendo. Era una macchina a guida autonoma, e l'ingegnere che si è occupato del progetto è proprio lui. Fino a un istante prima Giulio era un marito e un padre qualunque, con un lavoro sicuro, una famiglia che gli voleva bene e lo aspettava a casa per cena: adesso è al centro di un assedio. I litigi con la moglie, le discussioni con i ragazzi che nel frattempo diventano sempre più adulti, la cronaca cittadina che mormora e soprattutto la strategia difensiva da preparare con l'avvocato. E così, mentre Tania cerca di salvare il loro matrimonio, mentre Chiara si chiude in se stessa e Ale si prende cura di uno dei bambini in difficoltà a cui fa da allenatore di calcio, Giulio si ritrova all'improvviso nell'occhio del ciclone. Chi è il responsabile di quella morte: il conducente o il progettista? Quando inizia il processo, i suoi colloqui con il giudice sono un duello psicologico, un botta e risposta e insieme una strettissima danza a due. Tra ritmi serrati da romanzo processuale e il racconto intimo di una famiglia di fronte alla prova più difficile, Scianna affronta argomenti inesplorati, che hanno a che fare con l'etica del futuro, l'intelligenza artificiale e le zone d'ombra delle nostre responsabilità individuali.”

Un’idea originale e accattivante, una scrittura fluida e chiara, uno stile letterario consono alla storia, personaggi e ambienti ben caratterizzati… tutto questo fa di questo romanzo, un ottimo romanzo.
E non solo. Quello che fa grande questo libro sono le descrizioni delle emozioni, che sono tante e tutte contrastanti.
“Di chi è la colpa quando la colpa non c’è?” ma soprattutto trovato il colpevole il caso si risolve?
L’autore pone il lettore davanti a tanti interrogativi. Ribalta la vita del protagonista e della sua famiglia che da un momento all’altro è sulla bocca di tutti. Tutti giudici. È sempre necessario trovare il colpevole. Non sarebbe meglio capire, invece, il motivo per il quale le cose accadono?
Non so se esistano auto così avanzate come la Chandra ma credo che in futuro questo potrebbe essere possibile. L’idea mi spaventa. Quello che accade a Giulio nel romanzo (quindi nella fiction), potrebbe anche accadere a noi nella vita reale. E purtroppo nella vita reale esistono i social…


lunedì 15 luglio 2024

Recensione di "Eredità nera" di Sabrina De Bastiani e Daniele Cambiaso, Fratelli Frilli Editori.

Recensione di "Eredità nera" di Sabrina De Bastiani e Daniele Cambiaso, Fratelli Frilli Editori.


“Genova, giugno 2015. Bruno Sartori è un insegnante quarantenne introverso e solitario, la cui vita è stata segnata irrimediabilmente dall’incidente stradale che l’ha reso orfano quando era giovanissimo. Vive a Genova in compagnia dell’anziano e burbero zio Cesare, che una mattina scompare senza lasciare traccia di sé. Bruno non immagina che andando alla sua ricerca scoperchierà un passato oscuro di cui non aveva mai minimamente avuto sentore. Mentre l’indagine dei carabinieri fatica a individuare una pista, Bruno riceve strane telefonate e viene pedinato. Ad aiutarlo finalmente a riannodare i fili della misteriosa vita parallela dello zio è Andrea Rovera, sottufficiale dei carabinieri poco incline a seguire i regolamenti e le etichette. Scavare nel passato della famiglia Sartori per Bruno e Andrea significa muoversi tra Genova e Torino confrontandosi con alcune delle pagine più controverse della storia italiana del Novecento, svelare segreti che qualcuno vorrebbe restassero celati per sempre e per i quali è disposto a uccidere. Significa, però, anche imprimere una svolta alla propria esistenza e, forse, per la prima volta aprirsi a un sentimento mai vissuto prima. Nonostante un passato intriso di sangue. Nonostante un’eredità nera come la morte.”

Ho sempre guardato i libri scritti a quattro mani con una certa perplessità. Mi sono sempre ricreduta per il libri della coppia Novelli-Zarini e quelli della coppia De Bastiani-Cambiaso. Loro riescono a confezionare dei romanzi gialli ben strutturati e soprattutto ben scritti. Non è una cosa scontata. Ogni scrittore ha un proprio stile, il rischio di far uscire qualcosa di poco leggibile è sempre dietro l’angolo quando si scrive in due. Loro invece ci riescono. E ci riescono proprio bene.
In questo caso con -Eredità nera- ci sono riusciti benissimo. Una trama ricca di colpi di scena che mischia passato e presente, dove niente appare come è e nulla è come appare.
Una storia carica di misteri, per tanti versi drammatica, ambientata in una Genova e in una Torino che, per come vengono descritte, incantano il lettore.
Pagina dopo pagina l’adrenalina sale e la curiosità si raddoppia.
Ottime le descrizioni degli ambienti, magistralmente caratterizzati i personaggi. Un giallo che lascia il segno… un segno profondo.