Recensione de "Il cacciatore di tarante" di Martin Rua, edizioni Rizzoli
"1870. L'Italia è appena stata fatta, ma per fare gli Italiani la strada è ancora lunga. Giovanni Dell'Olmo, ispettore di pubblica sicurezza a Torino, e il duca Carlo Caracciolo de Sangro, brillante medico a Napoli, incarnano alla perfezione gli stereotipi del Regno: il Nord sabaudo freddo e rigoroso e il Sud borbonico godereccio e superstizioso. Ma i due hanno qualcosa in comune, perché nel loro campo sono i migliori, e questo rende entrambi degli outsider, malvisti da colleghi e sottoposti. Le loro strade s'incrociano quando Giovanni, sulle tracce di un assassino noto come l'Imbalsamatore, viene spedito nel tanto disprezzato Mezzogiorno del Regno per una missione: ironia della sorte, il Ministero gli affianca proprio un napoletano, il dottor Caracciolo de Sangro, esperto tossicologo e grande conoscitore di ragni. Ad Ariadne, infatti, nel Salento più profondo e devoto al santo Paolo, in pochi mesi la taranta sembra aver calato cinque donne, tutte braccianti nei campi di una masseria, provocandone la morte. Ma i conti non tornano, e mettendo da parte i pregiudizi, Carlo e Giovanni dovranno risolvere il mistero di questi decessi sospetti, tra esplorazioni nei sotterranei del paese e rocambolesche sparatorie, e affrontare ognuno la propria nemesi."
Un romanzo che definirei completo. Una storia precisa, originale, intrigante, seria e maledettamente affascinante. Un stile letterario ineccepibile, attraverso il quale il lettore viene catapultato in un contesto storico raccontato minuziosamente ma mai in modo 'pesante'. Sullo sfondo troviamo un’Italia da poco tempo unificata in cui il Sud vive e subisce la differenza con il Nord. Le descrizioni degli ambienti e dei territori sono quadri d'autore che il lettore non può che ammirare: il tutto reso piacevole dai dialoghi in dialetto. Lo si può definire un romanzo giallo storico dove la suspense e il mistero si mescolano perfettamente così come si mescolano le debolezze umane e le credenze popolari.
Il romanzo scorre, la tensione e la curiosità aumentano pagina dopo pagina in attesa dell'epilogo. Il lettore passa attraverso la psicologia di ogni personaggio, soffrendo con lui. Siamo esseri umani e come tali fragili e corruttibili, perdonati e perdonabili, vendicati e vendicativi. Le pagine si tingono di rosso, di nero e di svariate sfumature. Sono due i protagonisti principali: Carlo Caracciolo de Sangro, medico esperto di animali velenosi e ragni, e Giovanni Dell'Olmo, un serio ispettore torinese. Nonostante siano caratterialmente diversi, indisponente il primo e schivo il secondo, riescono a entrare in sintonia sostenendosi a vicenda. L'ironia, il rispetto e la stima reciproci rendono la storia ancora più accattivante. I due dovranno affrontare una grande sfida tra donne pizzicate da tarante e delitti inspiegabili, trovandosi a nuotare in un mare di superstizioni e spaventose credenze. Arriveranno alla verità ma, si sa, non sempre questa è un bene. A volte la verità fa male, ci accieca e ci allontana da noi stessi accentuando i nostri più bassi istinti che solo il senso di giustizia e il buon senso possono fermare. Un romanzo giallo storico profondo che spazia dal passato al presente e che consiglio vivamente di leggere.
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