sabato 29 giugno 2024

Recensione di "Mio marito" di Maud Ventura SEM Società Editrice Milanese

 Recensione di "Mio marito" di Maud Ventura SEM Società Editrice Milanese


“La protagonista di questo romanzo è una donna ancora innamorata del marito dopo quindici anni vissuti insieme. I due sono sulla quarantina e formano una coppia perfetta: due figli brillanti, una grande casa, successo sociale. Ma sotto questa apparente felicità coniugale lei cela una passione morbosa nei confronti del marito, mentre lui sembra accontentarsi di una relazione serena e distaccata: i suoi baci sono veloci e il corpo nudo della moglie non lo eccita più. Per dimostrare a se stessa che il marito non la ama – o almeno non abbastanza – lei inizia a spiare ogni suo movimento, cercando i segni del disamore. Dal lunedì alla domenica annota metodicamente le sue "colpe" e immagina i dolori da infliggergli, le trappole da tendergli, gli inganni per metterlo alla prova. Di fronte alle altre donne che le sembrano sempre più belle di lei, deve essere la più ordinata, la più in forma, la più desiderabile. Ridiamo, ci preoccupiamo, ci identifichiamo e non sappiamo a cosa porterà questo faccia a faccia coniugale mentre la tensione sale a ogni pagina.”

Per quanto molte pagine di questo libro facciano sorridere, il romanzo è profondo.
Una scrittura fluida e precisa che pone il lettore davanti alle dinamiche di coppia. Dopo tanti anni, inevitabilmente, la passione cambia, non è più quella avvertita durante il fidanzamento. Tutto si trasforma soprattutto dopo l’arrivo dei figli. Ma come cambia e soprattutto cosa resta? L’autrice mostra un punto di vista interno a un matrimonio, forse il suo punto di vista? E questo, purtroppo, per me è il limite del romanzo: se non la si pensa come lei la lettura suscita una certa tristezza. E la tristezza nasce nell’apprendere che esistono donne che si sentono così poco all’altezza dei loro mariti da tenere un diario segreto dove poter dare sfogo alle proprie ansie e angosce. Invece di affrontare il dialogo preferiscono soffrire il silenzio. Il bisogno d’amore le costringe a tradire per sentirsi amate. Forse, però, è proprio questo l’intento dell’autrice: farci conoscere questa parte di mondo femminile. Sicuramente il libro fa riflettere e costringe il lettore a interrogarsi sulle dinamiche di coppia.
Quest’ultimo, però, non troverà le risposte. Alla fine della lettura avrà solo una conferma, ovvero che la gelosia non porta mai a nulla di buono.



domenica 23 giugno 2024

Recensione di "Parole riflesse" di Elisabetta Violani, edizioni Echos Group Italia.

 Recensione di "Parole riflesse" di Elisabetta Violani, edizioni Echos Group Italia.

“Parole riflesse, è una raccolta di racconti, alcuni di ispirazione autobiografica, che rispecchiano l’attuale momento storico, la società che ci circonda e gli eventi della vita, a volte banali, a volte imprevedibili e folli. Tuttavia, per la maggioranza degli esseri umani, l’esistenza consiste in una quotidianità ripetitiva e monotona che per essere affrontata necessita di forza e coraggio. Il tono vivace della prosa si alterna a quello tragicomico, per lasciare spazio a momenti malinconici o di forte critica sociale. L’autrice tratta gli argomenti più disparati, passando da profonde analisi psicologiche individuali a tematiche universali che riguardano l’umanità intera.
Secondo una visione caleidoscopica dell’esistenza, la vita è degna di essere vissuta se non si tradisce mai sé stessi raggiungendo quella consapevolezza che permette di rapportarsi con gli altri in maniera diretta ed empatica e quindi di amare, nonostante tutto. “Conosci te stesso” e “Diventa ciò che sei”, affrontare sempre e comunque il viaggio per realizzare sé stessi, sono forse gli scopi che danno un senso al tutto, assieme alla ricerca della bellezza che non esiste là dove non c’è il bene.”

Cantava Luigi Tenco: “Una vita inutile vivrai se non farai di te quel che vuoi…” questo è il messaggio che la Violani lancia nel suo ultimo libro. Con una prosa precisa e sottile l’autrice narra la vita in tutte le sue sfumature. L’ironia accompagna il lettore pagina dopo pagina in questa raccolta di racconti. Un'ironia profonda che porta a galla un arcobaleno di emozioni. La Violani scrive con -intelligenza emotiva- perché coinvolge intimamente il lettore che focalizza la sua attenzione sia sull’individuo che sulla società. Come gestiamo le nostre e altrui emozioni? Siamo veramente quello che vogliamo essere? Ci conosciamo davvero e, soprattutto, ci accettiamo per come siamo? Vogliamo tutti la bellezza eppure la nostra società sembra prodigarsi più per il male che per il bene. Il male può esistere dove c’è bellezza? È su questi temi che l’autrice ci porta a riflettere, solleticandoci dentro per spingerci a connetterci con noi stessi e con i nostri sentimenti. Da sempre la Violani si distingue per la sua capacità di entrare nell’animo umano in modo tragicomico. In questo ultimo romanzo, però, si è superata.


domenica 2 giugno 2024

Recensione di "Per un'ora d'amore" di Piergiorgio Pulisci Piergiorgio Pulixi, edito Rizzoli.

Recensione di "Per un'ora d'amore" di Piergiorgio Pulisci Piergiorgio Pulixi, edito Rizzoli.


“Il legame tra un padre e una figlia è qualcosa di sacro che niente e nessuno dovrebbe spezzare. Maria Donata aveva promesso al suo, Italo, che, per quanto fosse andata lontano da casa, avrebbe sempre trovato un modo di ritornare. Quando però viene uccisa, con indosso un abito da sposa che non le apparteneva, è Italo ad abbandonare la pace delle sue vigne nel sud della Sardegna e volare a Milano, dove la vita aveva portato Maria Donata, per prendersi cura del nipotino Filippo “Pippo” di due anni e scoprire cosa possa essere accaduto alla figlia. Dopo otto mesi di indagini infruttuose, l’omicidio però rischia di essere archiviato e Italo ha un’unica speranza: il criminologo Vito Strega. Già dai primi accertamenti, la sua squadra ha il sospetto che questa morte sia collegata a una serie di femminicidi che stanno scuotendo la città: un disegno criminale più ampio e oscuro, nel quale nessuna donna sembra essere al sicuro.”

Uno stile letterario preciso che dà vita a una narrazione non lineare che crea suspense e mostra diverse prospettive della storia. Un romanzo carico di situazioni, temi e luoghi che, pur sovrapponendosi, non generano confusione ma si completano perfettamente.
Un componimento -forte- ambientato in una Milano spietata, violenta e carica di crudeltà, dove i personaggi, ben caratterizzati, risultano essere tutti diversi soprattutto nell’animo. L’autore mostra una grande capacità riuscendo a calarsi nei meandri più scuri dell’essere umano dove gioia e dolore si mischiano, così come il bene e il male. Un’opera carica di attualità che affronta un tema difficile e delicato, quello della violenza di genere. Un argomento difficile e pericoloso da trattare. Pulixi lo fa senza cadere nella retorica, nel banale e nel -già detto-. Interessa e travolge il lettore con misura e delicatezza conducendolo passo dopo passo a quella disarmante quotidianità che sembra impossibile debellare: la -violenza contro le donne-.
Argomento trattato in tutte le sue forme: dall’annientamento della soggettività sul piano psicologico, economico e sociale, fino arrivare ai barbari omicidi.
L’autore ci fa amare, fin dalle prime pagine, Donata Seu, una ragazza tranquilla che dalla Sardegna va a vivere a Milano insieme al suo piccolo Filippo, senza sapere che proprio a Milano troverà la più brutale delle morti. Così come la troverà il padre di Donata, non nel fisico ma dentro -nel cuore-. Perché un femminicidio non riguarda solo la vittima ma anche tutti i suoi affetti.
Pulixi tratta questa striscia di sangue, che sembra non aver mai fine, con profondità d’animo. Per trattare un argomento di spessore come la violenza di genere non basta avere talento e non basta nemmeno conoscere la psicologia femminile. Serve avere cognizione e competenze sulle dinamiche sociali e sul patriarcato. Non basta leggere i giornali di cronaca, non basta dire: -Io sono contro-. Pulixi mostra tutto questo, spazia tra cultura e conoscenza di queste disarmanti dinamiche sociali che portano a epiloghi disperati.
Un romanzo giallo che non è solo un romanzo giallo. Questo libro è un noir che ci pone davanti a una domanda: nasciamo buoni e poi crescendo la società che ci circonda ci insegna il male? Oppure è solo una questione genetica che disegna la nostra indole?