Recensione di "Vittoria" di Barbara Fiorio, la Feltrinelli, editore
Qui si parla di Genova, qui si parla di focaccia. Qui si parla di vita. E che vita. Non avevo mai letto nulla della Fiorio ma è bastato questo libro perché lei facesse breccia nel mio cuore malato di accanita lettrice. Una scrittura vivace, sorprendente. L'autrice riesce a scrivere pagine senza nemmeno usare un punto, usando solo virgole, senza però far perdere al lettore il filo del discorso. Una stile letterario frizzante e nello stesso tempo serio, puntuale mai scontato.
Prendi una donna, amala, poi lasciala: di lei farai un sacchetto di coriandoli. E' quello che accade a Vittoria, la protagonista, una donna di 46 anni. Vittoria è distrutta ma in realtà non perde mai del tutto la sua voglia di vivere. Cade ma ogni volta si rialza. E si rialza con entusiasmo, con il suo gatto, Sugo, con il conto in banca, che aveva insieme a lui, da chiudere (quel bastardo), con il suo profumo ancora nel contenitore del vetro (quel bastardo), con il dover mettere insieme il pranzo con la cena perché Vittoria non ha neanche più un lavoro. Quello che era il suo lavoro, ovvero fotografare, ora sembra non appartenerle più. E cercalo un lavoro a Genova... Vittoria intenerisce, Vittoria fa sorridere, Vittoria fa pensare, Vittoria ti salva la giornata. C'è tutto in questo libro: la gioia, il dolore, il pianto e il riso. La voglia di morire ma anche di vivere perché la vita non è finita anche se lui l'ha lasciata. Ci sono gli amici e gli amici di Vittoria sono dei giganti. C'è autocritica e la critica vera, perché Vittoria osserva, ascolta, non giudica ma consiglia e lo fa con intelligenza. S'inventa, Vittoria s'inventa un lavoro e fa centro. Questo romanzo è una perla perché l'autrice non ostenta la sua grandezza ma va dritta al cuore del lettore spronandolo a non mollare e a credere che tutto sia possibile. Leggetelo. Vi farete un regalo bellissimo.
Prendi una donna, amala, poi lasciala: di lei farai un sacchetto di coriandoli. E' quello che accade a Vittoria, la protagonista, una donna di 46 anni. Vittoria è distrutta ma in realtà non perde mai del tutto la sua voglia di vivere. Cade ma ogni volta si rialza. E si rialza con entusiasmo, con il suo gatto, Sugo, con il conto in banca, che aveva insieme a lui, da chiudere (quel bastardo), con il suo profumo ancora nel contenitore del vetro (quel bastardo), con il dover mettere insieme il pranzo con la cena perché Vittoria non ha neanche più un lavoro. Quello che era il suo lavoro, ovvero fotografare, ora sembra non appartenerle più. E cercalo un lavoro a Genova... Vittoria intenerisce, Vittoria fa sorridere, Vittoria fa pensare, Vittoria ti salva la giornata. C'è tutto in questo libro: la gioia, il dolore, il pianto e il riso. La voglia di morire ma anche di vivere perché la vita non è finita anche se lui l'ha lasciata. Ci sono gli amici e gli amici di Vittoria sono dei giganti. C'è autocritica e la critica vera, perché Vittoria osserva, ascolta, non giudica ma consiglia e lo fa con intelligenza. S'inventa, Vittoria s'inventa un lavoro e fa centro. Questo romanzo è una perla perché l'autrice non ostenta la sua grandezza ma va dritta al cuore del lettore spronandolo a non mollare e a credere che tutto sia possibile. Leggetelo. Vi farete un regalo bellissimo.
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