Recensione di "Leon" di Carlo Lucarelli Einaudi editore
"Bologna, Ospedale Maggiore. Grazia Negro è ancora stordita dall'anestesia per il cesareo eppure sorride. Finalmente, a dispetto di tutto, è quello che ha scoperto di voler essere: una madre. Basta con le indagini, basta con i morti, basta con la caccia ai mostri. È felice. Ma un attimo dopo capisce che qualcosa non va. Un'infermiera le porta via la culla con le gemelle appena partorite, mentre un agente spinge il suo letto fuori dalla stanza. L'Iguana, il pazzo assassino che anni prima aveva preso di mira gli studenti dell'università, è scomparso dalla struttura psichiatrica in cui era detenuto, lasciando due morti dietro di sé. Era stata Grazia a catturarlo. Per questo trasferiscono lei e le bambine in un luogo segreto. E per questo conducono lí anche Simone, il suo ex compagno, il giovane non vedente che l'aveva aiutata nell'indagine. Però non è sufficiente. Ci sono zone buie, in questa storia, che nascondono sorprese molto pericolose. Nessuna fra le persone coinvolte nel caso è al sicuro."
Una scrittura asciutta, necessaria alla storia. Ogni parola è misurata. Tutto torna utile al lettore, tutto è essenziale. Lucarelli prende per mano il lettore accompagnandolo in un intreccio perfetto. È riuscito a creare una scena del crimine senza tralasciare nulla: ottime le descrizioni, ben caratterizzati i personaggi che si mettono a nudo, raccontando le loro fragilità, le loro paure. Il ritmo per tutta la durata del libro è ben cadenzato, pagina dopo pagina incalzante e, malgrado sia un giallo, c’è anche spazio per i sentimenti. Il lato umano di ogni protagonista è ciò che sorprende di più in questo thriller dove niente è scontato e prevedibile.
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