Recensione di "Prendere o lasciare" di Lydia Millet, NNE editore.
"Nina è un'agente immobiliare di Los Angeles. Il suo lavoro è vendere abitazioni di lusso ad acquirenti capricciosi e imprevedibili, ma anche soddisfare le esigenze di proprietari, che abbandonano la loro casa sperando di liberarsi dai fantasmi di una vita. ù
Conosce così un presunto dittatore africano che all'improvviso cerca di annegarsi in piscina; un adolescente rabbioso che si fa beccare mentre guarda un porno; una donna abbandonata dal marito, convinta che ci siano degli gnomi pronti a riparare tutto quello che non funziona nelle stanze della sua villa.
E in mezzo a una giostra irresistibile di personaggi, Nina entra ed esce da case che diventano specchi delle vite degli altri, scrigni di confidenze e verità nascoste, finché non viene toccata da un amore improvviso che la cambia per sempre."
La struttura del romanzo è suddivisa in capitoli, ognuno con un titolo diverso, un nome proprio di persona, ovvero il nome di battesimo del protagonista che non è mai lo stesso ma che cambia di storia in storia, di casa in casa… ognuno è un anello di una catena che poi, dico poi ma forse mai, dovrebbe congiungersi per dare un senso a tutta la storia.
L’idea di partenza è originale e bella se non fosse stata scritta così, o forse tradotta in questo modo.
L’autrice si avvale di un linguaggio forte, a tratti volgare, tutto meno che semplice. La lettura diventa pesante e purtroppo la storia perde la sua efficacia. Il ritmo è comunque buono ma non basta per rendere il romanzo funzionale. .
La Millet affronta il disagio sociale, soprattutto quello che si trova e si crea all’interno di una famiglia disfunzionale. Parla di sofferenza ma il lettore non riesce a provare empatia per i personaggi che scivolano via pagina dopo pagina. Rimane l’amaro in bocca, perché ogni volta che si acquista un libro, sul quel libro si ripongono delle aspettative e quando queste vengono disattese quello che rimane è l’amarezza.
Sicuramente non è facile parlare di certi argomenti e l’autrice lo fa con rispetto, senza cadere nella retorica ma il romanzo, purtroppo, non è piacevole. Non lo è anche perché sono diversi i passaggi dove sintassi e gli elementi che vanno a costituire frasi e periodi, risultano contorti e poco chiari.
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