Recensione di "Correndo con le forbici in mano" di Augusten Burroughs edito Minimum fax
“La storia di Augusten Burroughs parte sparata a nove anni e non rallenta per tutta l'adolescenza, incastrata tra un grottesco insegnante di matematica alcolizzato, suo padre, e una madre sofisticata che sogna di vedere i suoi versi pubblicati sul New Yorker. Scorre davanti ai nostri occhi una galleria di personaggi esilaranti: Augusten, prima di tutto, con le sue giacche blu, il sogno glamour di diventare parrucchiere per dive o medico in una soap opera e la naturalezza con cui simula il suicidio per non andare a scuola; il dottor Finch, lo psichiatra che ottiene l'affidamento di Augusten e che vive in una casa tutta rosa con la moglie che sgranocchia croccantini per cani; i loro sette figli, così simili nella follia che ne accomuna i comportamenti da rendere impossibile capire chi tra loro sia biologico e chi adottivo; i pazienti che frequentano la «pink house» e che forse sono più sani dei suoi abitanti, o forse sono solo diversamente pazzi. Alternando commedia acida e teatro dell'assurdo, rendendo omaggio al Salinger del Giovane Holden e al giocoso sarcasmo di Vonnegut, Augusten Burroughs ha scritto un libro poetico e spiazzante, nel quale la commozione e il riso, più che alternarsi, piombano addosso al lettore assieme, lasciandolo stordito e incantato.”
Sarò severa!
Questo romanzo ha due possibilità: o piace o non piace. A parere mio non può esserci via di mezzo. E vi spiego perché:
è un’autobiografia e le autobiografie o piacciono o non piacciono. Vengono scritte sotto forma di aneddoti e gli aneddoti non possono essere fluidi. Sono divise per racconti che non si collegano l’uno all’altro. Ma veniamo a questo libro: il romanzo racconta l'infanzia dell'autore stesso. Un’infanzia che per molti versi risulta essere surreale, che spaventa, che lascia spiazzati. Tante sono le situazioni assurde, volgari e drammatiche. E poi c’è una parte che sfiora quasi la pedofilia che, però, sembra quasi essere, per come viene trattata, un fatto ordinario.
Per questo motivo il libro o piace o non piace. “Accettare” un libro del genere non è facile. Pensare che l’autore possa aver attraversato certe situazioni così terribili mette a disagio il lettore ponendosi la domanda: «Sarà vero?» E se fosse così, allora, le domande da porsi sarebbero altre... domande tristi con risposte ancora più tristi e disarmanti. Perché sulle -infanzie violate- non si può ridere.
Poi c’è un buon stile letterario, un’ottima scrittura, un ritmo incalzante che non cambia e rallenta mai. E poi c’è il titolo che è straordinario e i titoli straordinari “fanno vendere”.
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