domenica 18 marzo 2018

Recensione di "Come foglie" , di Alessandro Marenco, edizioni Pentagora

Recensione di "Come foglie" , di Alessandro Marenco, edizioni Pentagora
E' un romanzo che porta alla luce luoghi bui, quasi infrattati, di una Valbormida che non c'è più ma che ha avuto un enorme peso storico.
Il romanzo è tratto da una storia vera... e che storia.
Si potrebbe dire che questo romanzo è quasi tutto al femminile. Ciò non vuol dire che l'uomo non compaia, anzi compare eccome. Compare come quello che porta i pantaloni, che purtroppo a volte tira giù scoprendo quanto basta per soddisfare i suoi brutali istinti. Compare come soldato, compare per uccidere, compare facendo venire a galla la parte che non vorrebbe avere ma che invece ha: la debolezza.
Per quanto le donne, come dice lo stesso autore: “... hanno un destino, ed è tutto e niente. Non basta fare volume, fare peso. Le donne fanno cose che non pesano”, l'uomo da questo romanzo esce perdente. Perdente perché ha bisogno di essere perdonato. La donna no.
E' un romanzo che parla di Teresa, classe 1889, che viene al mondo “nel quieto ripetersi dei giorni e delle stagioni, nella speranza quotidiana di sopravvivere al tempo, di superare un altro giro di macina indenne”. Una donna che rifiuta il cambiamento rimanendo ancorata al suo bosco, ai suoi animali, al suo orto e ad una vita che è tutto meno che vita, ma lei questo non lo sa. A cosa serve sapere?
E' la storia di Anna, classe 1913, figlia di Teresa, partorita al pascolo proprio come partoriscono le capre. Anna viene al mondo ed è buona fin da subito, “Certo aveva pianto e urlato, ma non più di tanto.” Anna però subisce il fascino del cambiamento che nell'aria incomincia a farsi sentire. Anna andrà a lavorare in fabbrica, a Ferrania. E lo sanno tutti che una volta che una donna va a lavorare in fabbrica diventa “mossa” e sfrontata.
La fabbrica Ferrania nasce dal niente in mezzo ai boschi, ed è fin da subito un grande tentativo di avanguardia, produttività e benessere sociale anche se subirà pure lei, come tutta l'Italia, i danni del fascismo. Così dovrà subirli Anna che riuscirà a resistere più di tanti uomini. Anna ha solo una colpa: quella di essere stata violentata. La violenza la vive come una colpa perché è l'unica cosa che può fare per andare avanti. Così avanti da farle partorire un bambino “figlio di nessuno”. Perché se non hai un padre sei figlio di nessuno. Anna dimostrerà il contrario.
Alessandro Marenco, con una grande sensibilità ed un eccezionale stile letterario, scatta una fotografia su un Italia “femmina”, una di quelle foto in bianco e nero sulle quali scendono lacrime, perché davanti a tanto dolore si può solo piangere. La fotografia però rimarrà indenne da quel passaggio di lacrime perché l'amore cura sempre tutto. L'amore che il lettore imparerà da Anna che perdonerà chi quel giorno nel bosco le tolse la verginità: “... se non ci perdoniamo tra di noi, da chi dobbiamo aspettare il perdono? Chi altro possiamo perdonare?”
Leggetelo questo romanzo, fatevi un regalo, vi aiuterà a ricordare che “Il tempo è una macina che gira, non c'è sasso o nocciolo che resista: prima o dopo, un giro per volta, si sgretola tutto, tutto si trasforma. Polvere, indistinta, omogenea.”
Essere consapevoli di questo vi aiuterà ad essere migliori.


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