domenica 10 novembre 2024

Recensione di "Verso l'abisso fischiettando" di Marco Presta, Einaudi editore.

 Recensione di "Verso l'abisso fischiettando" di Marco Presta, Einaudi editore.


"Alla oltraggiosa età di centotrentatre anni, Enrico ha polverizzato due record: è l’uomo più vecchio del mondo, e proprio per questo il più odiato. Gli altri nascono, vivono e muoiono, lui invece no, continua imperterrito a esistere. Per il resto del genere umano è un’ingiustizia, un sopruso, un problema da risolvere in fretta. Tra programmi di protezione, attentati e complotti, nuove nipotine, amori tardivi e nude proprietà che non finiscono mai, la lunghissima esistenza di Enrico è sempre più in bilico sull’orlo dell’abisso. Ma lui, troppo vecchio anche per preoccuparsi, si siede in poltrona e fischietta, ci fa ridere e commuovere, rievoca le sue mille vite e respira a pieni polmoni tutto il tempo che gli rimane."

Una storia originale scritta non bene, ma benissimo. Del resto Presta è una garanzia. Possiede uno stile letterario che oserei chiamare -grintoso-. E anche con questo ultimo romanzo, dal ritmo incalzante, Presta fa centro. Racconta di Enrico un uomo di 133 anni che rappresenta, proprio per l’età che porta, la vera minoranza della nostra società. Una società che vede, però, Enrico come una minaccia, una società che si domanda sul come sia possibile che un uomo possa campare così tanto. Iniziano le proteste sotto la casa di Enrico, addirittura le minacce. Le persone vogliono capire, pretendono di vederci chiaro. E le domande sono tante: “Sarà, forse, frutto di un sortilegio? O peggio ancora di un esperimento?”
La verità è che Enrico rompe un equilibrio, quello che sta tra la vita e la morte. Perché Enrico non muore? Sarà forse la sua passione per la vita a renderlo quasi immortale?
Ed è proprio qui che sta la bellezza di questo romanzo: le riflessioni che suscita, le emozioni che Presta riesce a far provare al lettore. Quest’ultimo riflette, non può sottrarsi alle considerazioni e conclusioni che l’autore porta a galla, ovvero che l’uomo è tanto grande quanto piccolo. È forte quanto fragile.
Confesso di non aver ben compreso il finale, ma poco importa. La grandezza del libro è talmente tanta che il finale conta poco.



sabato 12 ottobre 2024

Recensione di "Non è una città per avvocati" di Mauro Sangiorgi Robin Edizioni.

 Recensione di "Non è una città per avvocati" di Mauro Sangiorgi Robin Edizioni.


"Marcello Prati è un avvocato pavese che ha ormai superato i quaranta. Vive la professione con disincanto e amarezza, trascinandosi fra le incombenze di studio, il bar dove è solito consumare i suoi pasti e il rimpianto per la fidanzata che lo ha lasciato per mettersi con un calciatore molto più giovane di lui. Quando la ragazza viene uccisa insieme al nuovo compagno, Prati viene accusato degli omicidi e capisce ben presto che l'unica occasione che gli rimane per salvare se stesso e il suo studio è quella di indagare personalmente per scoprire il vero assassino. La ricerca della verità si rivela però difficile e a Marcello viene in soccorso Claudia, il suo difensore, che lo aiuta nel tentativo di fare luce sull'intricata vicenda. Attraverso puntate nell'Oltrepò pavese e imprevisti ritorni a un passato più felice, la matassa verrà infine sciolta. Ma la salvezza faticosamente conquistata non sarà in grado di lenire l'amarezza lasciata da una storia dove, in fondo, a vincere non sono i buoni."

Una lettura molto piacevole. Una scrittura brillante a tratti effervescente. La storia cattura e coinvolge fin dalla prima pagina. Un noir semplice ma al contempo complesso. L’autore dipinge la provincia lombarda in modo implacabile, portando a galla l’ipocrisia e quel fastidioso perbenismo che non fa altro che aggiungere miseria alla miseria già esistente. Nulla appare come veramente è, ma del resto è anche vero che niente è come appare.
Il protagonista di questo piacevolissimo noir è un avvocato pavese che viene incolpato di duplice omicidio. Tutto sembra essere contro di lui. Il carattere curioso e poco arrendevole dell’avvocato lo porterà a indagare, o meglio a rovistare, tra le pagine della sua stesso passato. La verità non è così semplice, come non è facile compiere un viaggio dentro e verso noi stessi. Cosa troverà quando arriverà alla meta di quel tortuoso percorso?
Personaggi ben delineati, così come sono ben descritti i sentimenti e le emozioni. Perfetti gli “show, don’t tell”. Le descrizioni degli ambienti sono ottimi. Non manca nulla a questo romanzo noir. A dire il vero una cosa forse manca, anzi due: manca il successo che avrebbe dovuto avere (da tempo non trovavo un noir così ben scritto e accattivante) e manca la lettura da parte di molti avvocati, soprattutto quelli di provincia, quelli che credono di essere “giudici in terra, nel cielo e nel mare.”



sabato 7 settembre 2024

Recensione di "Correndo con le forbici in mano" di Augusten Burroughs edito Minimum fax

Recensione di "Correndo con le forbici in mano" di Augusten Burroughs edito Minimum fax

“La storia di Augusten Burroughs parte sparata a nove anni e non rallenta per tutta l'adolescenza, incastrata tra un grottesco insegnante di matematica alcolizzato, suo padre, e una madre sofisticata che sogna di vedere i suoi versi pubblicati sul New Yorker. Scorre davanti ai nostri occhi una galleria di personaggi esilaranti: Augusten, prima di tutto, con le sue giacche blu, il sogno glamour di diventare parrucchiere per dive o medico in una soap opera e la naturalezza con cui simula il suicidio per non andare a scuola; il dottor Finch, lo psichiatra che ottiene l'affidamento di Augusten e che vive in una casa tutta rosa con la moglie che sgranocchia croccantini per cani; i loro sette figli, così simili nella follia che ne accomuna i comportamenti da rendere impossibile capire chi tra loro sia biologico e chi adottivo; i pazienti che frequentano la «pink house» e che forse sono più sani dei suoi abitanti, o forse sono solo diversamente pazzi. Alternando commedia acida e teatro dell'assurdo, rendendo omaggio al Salinger del Giovane Holden e al giocoso sarcasmo di Vonnegut, Augusten Burroughs ha scritto un libro poetico e spiazzante, nel quale la commozione e il riso, più che alternarsi, piombano addosso al lettore assieme, lasciandolo stordito e incantato.”

Sarò severa!
Questo romanzo ha due possibilità: o piace o non piace. A parere mio non può esserci via di mezzo. E vi spiego perché:
è un’autobiografia e le autobiografie o piacciono o non piacciono. Vengono scritte sotto forma di aneddoti e gli aneddoti non possono essere fluidi. Sono divise per racconti che non si collegano l’uno all’altro. Ma veniamo a questo libro: il romanzo racconta l'infanzia dell'autore stesso. Un’infanzia che per molti versi risulta essere surreale, che spaventa, che lascia spiazzati. Tante sono le situazioni assurde, volgari e drammatiche. E poi c’è una parte che sfiora quasi la pedofilia che, però, sembra quasi essere, per come viene trattata, un fatto ordinario.
Per questo motivo il libro o piace o non piace. “Accettare” un libro del genere non è facile. Pensare che l’autore possa aver attraversato certe situazioni così terribili mette a disagio il lettore ponendosi la domanda: «Sarà vero?» E se fosse così, allora, le domande da porsi sarebbero altre... domande tristi con risposte ancora più tristi e disarmanti. Perché sulle -infanzie violate- non si può ridere.
Poi c’è un buon stile letterario, un’ottima scrittura, un ritmo incalzante che non cambia e rallenta mai. E poi c’è il titolo che è straordinario e i titoli straordinari “fanno vendere”.


mercoledì 21 agosto 2024

Recensione di “Mille papaveri rossi” di Sergio Badino, Edizioni Piemme

Recensione di “Mille papaveri rossi” di Sergio Badino, Edizioni Piemme.


“Cresciuto insieme agli amici Nina e Luigi in un paesino sulle colline del Monferrato, Piero trascorre infanzia e adolescenza tra la scuola e i giochi nei campi di grano. L'amicizia con Nina si trasforma con il tempo in un sentimento che coinvolge entrambi sempre di più, ma per l'Italia sono anni difficili; l'ascesa del fascismo e l'entrata in guerra a fianco della Germania nazista lo costringono a seguire una strada che non si sarebbe mai aspettato: dopo aver aiutato Nina e la sua famiglia a emigrare, Piero viene mandato al fronte. Ed è in un campo di papaveri, che gli ricorda il profumo di casa, e con nel cuore l'amore per Nina, che incontra il soldato "con la divisa di un altro colore".

Una scrittura precisa e scorrevole. Ottime le descrizioni, straordinari gli -Show, don't tell-. Una storia commovente nella quale è un piacere immergersi, dove i protagonisti e i coprotagonisti sono completamente caratterizzati. L’autore dipinge una storia con grande maturità. Le tematiche storiche vengono affrontate con profondità fornendo spunti di riflessione non solo ai giovani lettori, a cui questo libro è dedicato, ma anche a quelli meno grandi. La voce di De André che canta -La guerra di Piero- accompagna ogni pagina. E a volte sembra persino di udire le voci squillanti di Ninetta e Piero.


domenica 18 agosto 2024

Recensione de "I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa, Feltrinelli Editore

Recensione de "I miei giorni alla libreria Morisaki" di Satoshi Yagisawa, Feltrinelli Editore.


"Jinbōchō, Tokyo. Il quartiere delle librerie e delle case editrici, paradiso dei lettori. Un angolo tranquillo e fuori dal tempo, a pochi passi dalla metropolitana e dai grandi palazzi moderni. File e file di vetrine stipate all'inverosimile di libri, nuovi o di seconda mano. Non tutti lo conoscono, più attratti da Ginza o dalle mille luci di Shibuya. Di sicuro Tatako – venticinquenne dalla vita piuttosto incolore – non lo frequenta assiduamente. Eppure è qui che si trova la libreria Morisaki, che appartiene alla sua famiglia da tre generazioni. Un negozio di appena otto tatami in un vecchio edificio di legno, con una stanza al piano superiore adibita a magazzino. È il regno di Satoru, l'eccentrico zio di Tatako. Entusiasta e un po' squinternato, dedica la sua vita ai libri e alla Morisaki, soprattutto da quando la moglie lo ha lasciato. L'opposto di Tatako, che non esce di casa da quando l'uomo di cui era innamorata le ha detto di voler sposare un'altra. È Satoru a lanciarle un'ancora di salvezza, offrendole di trasferirsi al primo piano della libreria. Proprio lei che non è certo una forte lettrice, si trova di colpo a vivere in mezzo a torri pericolanti di libri e minacciosi clienti che continuano a farle domande e a citarle scrittori ignoti. Tra discussioni sempre più appassionate sulla letteratura moderna giapponese, un incontro in un caffè con un timido sconosciuto e rivelazioni sulla storia d'amore di Satoru, scoprirà pian piano un modo di comunicare e di relazionarsi che parte dai libri per arrivare al cuore. Un modo di vivere più intimo e autentico, senza paura del confronto e di lasciarsi andare."

Una romanzo da -senza infamia e senza lode-. Purtroppo la storia banale e a tratti improbabile non permette al lettore di provare emozioni e spunti di riflessione. Buone le descrizioni e le caratterizzazioni dei personaggi che, però, non bastano per rendere coinvolgente la lettura.



domenica 28 luglio 2024

Recensione de "Le api non vedono il rosso" di Giorgio Scianna, Einaudi editore

 Recensione de "Le api non vedono il rosso" di Giorgio Scianna, Einaudi editore.


“Una sera come tante Giulio torna dall'ufficio, e davanti al cancello della sua casa di Pavia trova ad aspettarlo una frotta di giornalisti. Dall'altra parte dell'Italia un'auto ha travolto e ucciso una bambina, sebbene nessuno la stesse conducendo. Era una macchina a guida autonoma, e l'ingegnere che si è occupato del progetto è proprio lui. Fino a un istante prima Giulio era un marito e un padre qualunque, con un lavoro sicuro, una famiglia che gli voleva bene e lo aspettava a casa per cena: adesso è al centro di un assedio. I litigi con la moglie, le discussioni con i ragazzi che nel frattempo diventano sempre più adulti, la cronaca cittadina che mormora e soprattutto la strategia difensiva da preparare con l'avvocato. E così, mentre Tania cerca di salvare il loro matrimonio, mentre Chiara si chiude in se stessa e Ale si prende cura di uno dei bambini in difficoltà a cui fa da allenatore di calcio, Giulio si ritrova all'improvviso nell'occhio del ciclone. Chi è il responsabile di quella morte: il conducente o il progettista? Quando inizia il processo, i suoi colloqui con il giudice sono un duello psicologico, un botta e risposta e insieme una strettissima danza a due. Tra ritmi serrati da romanzo processuale e il racconto intimo di una famiglia di fronte alla prova più difficile, Scianna affronta argomenti inesplorati, che hanno a che fare con l'etica del futuro, l'intelligenza artificiale e le zone d'ombra delle nostre responsabilità individuali.”

Un’idea originale e accattivante, una scrittura fluida e chiara, uno stile letterario consono alla storia, personaggi e ambienti ben caratterizzati… tutto questo fa di questo romanzo, un ottimo romanzo.
E non solo. Quello che fa grande questo libro sono le descrizioni delle emozioni, che sono tante e tutte contrastanti.
“Di chi è la colpa quando la colpa non c’è?” ma soprattutto trovato il colpevole il caso si risolve?
L’autore pone il lettore davanti a tanti interrogativi. Ribalta la vita del protagonista e della sua famiglia che da un momento all’altro è sulla bocca di tutti. Tutti giudici. È sempre necessario trovare il colpevole. Non sarebbe meglio capire, invece, il motivo per il quale le cose accadono?
Non so se esistano auto così avanzate come la Chandra ma credo che in futuro questo potrebbe essere possibile. L’idea mi spaventa. Quello che accade a Giulio nel romanzo (quindi nella fiction), potrebbe anche accadere a noi nella vita reale. E purtroppo nella vita reale esistono i social…


lunedì 15 luglio 2024

Recensione di "Eredità nera" di Sabrina De Bastiani e Daniele Cambiaso, Fratelli Frilli Editori.

Recensione di "Eredità nera" di Sabrina De Bastiani e Daniele Cambiaso, Fratelli Frilli Editori.


“Genova, giugno 2015. Bruno Sartori è un insegnante quarantenne introverso e solitario, la cui vita è stata segnata irrimediabilmente dall’incidente stradale che l’ha reso orfano quando era giovanissimo. Vive a Genova in compagnia dell’anziano e burbero zio Cesare, che una mattina scompare senza lasciare traccia di sé. Bruno non immagina che andando alla sua ricerca scoperchierà un passato oscuro di cui non aveva mai minimamente avuto sentore. Mentre l’indagine dei carabinieri fatica a individuare una pista, Bruno riceve strane telefonate e viene pedinato. Ad aiutarlo finalmente a riannodare i fili della misteriosa vita parallela dello zio è Andrea Rovera, sottufficiale dei carabinieri poco incline a seguire i regolamenti e le etichette. Scavare nel passato della famiglia Sartori per Bruno e Andrea significa muoversi tra Genova e Torino confrontandosi con alcune delle pagine più controverse della storia italiana del Novecento, svelare segreti che qualcuno vorrebbe restassero celati per sempre e per i quali è disposto a uccidere. Significa, però, anche imprimere una svolta alla propria esistenza e, forse, per la prima volta aprirsi a un sentimento mai vissuto prima. Nonostante un passato intriso di sangue. Nonostante un’eredità nera come la morte.”

Ho sempre guardato i libri scritti a quattro mani con una certa perplessità. Mi sono sempre ricreduta per il libri della coppia Novelli-Zarini e quelli della coppia De Bastiani-Cambiaso. Loro riescono a confezionare dei romanzi gialli ben strutturati e soprattutto ben scritti. Non è una cosa scontata. Ogni scrittore ha un proprio stile, il rischio di far uscire qualcosa di poco leggibile è sempre dietro l’angolo quando si scrive in due. Loro invece ci riescono. E ci riescono proprio bene.
In questo caso con -Eredità nera- ci sono riusciti benissimo. Una trama ricca di colpi di scena che mischia passato e presente, dove niente appare come è e nulla è come appare.
Una storia carica di misteri, per tanti versi drammatica, ambientata in una Genova e in una Torino che, per come vengono descritte, incantano il lettore.
Pagina dopo pagina l’adrenalina sale e la curiosità si raddoppia.
Ottime le descrizioni degli ambienti, magistralmente caratterizzati i personaggi. Un giallo che lascia il segno… un segno profondo.



sabato 29 giugno 2024

Recensione di "Mio marito" di Maud Ventura SEM Società Editrice Milanese

 Recensione di "Mio marito" di Maud Ventura SEM Società Editrice Milanese


“La protagonista di questo romanzo è una donna ancora innamorata del marito dopo quindici anni vissuti insieme. I due sono sulla quarantina e formano una coppia perfetta: due figli brillanti, una grande casa, successo sociale. Ma sotto questa apparente felicità coniugale lei cela una passione morbosa nei confronti del marito, mentre lui sembra accontentarsi di una relazione serena e distaccata: i suoi baci sono veloci e il corpo nudo della moglie non lo eccita più. Per dimostrare a se stessa che il marito non la ama – o almeno non abbastanza – lei inizia a spiare ogni suo movimento, cercando i segni del disamore. Dal lunedì alla domenica annota metodicamente le sue "colpe" e immagina i dolori da infliggergli, le trappole da tendergli, gli inganni per metterlo alla prova. Di fronte alle altre donne che le sembrano sempre più belle di lei, deve essere la più ordinata, la più in forma, la più desiderabile. Ridiamo, ci preoccupiamo, ci identifichiamo e non sappiamo a cosa porterà questo faccia a faccia coniugale mentre la tensione sale a ogni pagina.”

Per quanto molte pagine di questo libro facciano sorridere, il romanzo è profondo.
Una scrittura fluida e precisa che pone il lettore davanti alle dinamiche di coppia. Dopo tanti anni, inevitabilmente, la passione cambia, non è più quella avvertita durante il fidanzamento. Tutto si trasforma soprattutto dopo l’arrivo dei figli. Ma come cambia e soprattutto cosa resta? L’autrice mostra un punto di vista interno a un matrimonio, forse il suo punto di vista? E questo, purtroppo, per me è il limite del romanzo: se non la si pensa come lei la lettura suscita una certa tristezza. E la tristezza nasce nell’apprendere che esistono donne che si sentono così poco all’altezza dei loro mariti da tenere un diario segreto dove poter dare sfogo alle proprie ansie e angosce. Invece di affrontare il dialogo preferiscono soffrire il silenzio. Il bisogno d’amore le costringe a tradire per sentirsi amate. Forse, però, è proprio questo l’intento dell’autrice: farci conoscere questa parte di mondo femminile. Sicuramente il libro fa riflettere e costringe il lettore a interrogarsi sulle dinamiche di coppia.
Quest’ultimo, però, non troverà le risposte. Alla fine della lettura avrà solo una conferma, ovvero che la gelosia non porta mai a nulla di buono.



domenica 23 giugno 2024

Recensione di "Parole riflesse" di Elisabetta Violani, edizioni Echos Group Italia.

 Recensione di "Parole riflesse" di Elisabetta Violani, edizioni Echos Group Italia.

“Parole riflesse, è una raccolta di racconti, alcuni di ispirazione autobiografica, che rispecchiano l’attuale momento storico, la società che ci circonda e gli eventi della vita, a volte banali, a volte imprevedibili e folli. Tuttavia, per la maggioranza degli esseri umani, l’esistenza consiste in una quotidianità ripetitiva e monotona che per essere affrontata necessita di forza e coraggio. Il tono vivace della prosa si alterna a quello tragicomico, per lasciare spazio a momenti malinconici o di forte critica sociale. L’autrice tratta gli argomenti più disparati, passando da profonde analisi psicologiche individuali a tematiche universali che riguardano l’umanità intera.
Secondo una visione caleidoscopica dell’esistenza, la vita è degna di essere vissuta se non si tradisce mai sé stessi raggiungendo quella consapevolezza che permette di rapportarsi con gli altri in maniera diretta ed empatica e quindi di amare, nonostante tutto. “Conosci te stesso” e “Diventa ciò che sei”, affrontare sempre e comunque il viaggio per realizzare sé stessi, sono forse gli scopi che danno un senso al tutto, assieme alla ricerca della bellezza che non esiste là dove non c’è il bene.”

Cantava Luigi Tenco: “Una vita inutile vivrai se non farai di te quel che vuoi…” questo è il messaggio che la Violani lancia nel suo ultimo libro. Con una prosa precisa e sottile l’autrice narra la vita in tutte le sue sfumature. L’ironia accompagna il lettore pagina dopo pagina in questa raccolta di racconti. Un'ironia profonda che porta a galla un arcobaleno di emozioni. La Violani scrive con -intelligenza emotiva- perché coinvolge intimamente il lettore che focalizza la sua attenzione sia sull’individuo che sulla società. Come gestiamo le nostre e altrui emozioni? Siamo veramente quello che vogliamo essere? Ci conosciamo davvero e, soprattutto, ci accettiamo per come siamo? Vogliamo tutti la bellezza eppure la nostra società sembra prodigarsi più per il male che per il bene. Il male può esistere dove c’è bellezza? È su questi temi che l’autrice ci porta a riflettere, solleticandoci dentro per spingerci a connetterci con noi stessi e con i nostri sentimenti. Da sempre la Violani si distingue per la sua capacità di entrare nell’animo umano in modo tragicomico. In questo ultimo romanzo, però, si è superata.


domenica 2 giugno 2024

Recensione di "Per un'ora d'amore" di Piergiorgio Pulisci Piergiorgio Pulixi, edito Rizzoli.

Recensione di "Per un'ora d'amore" di Piergiorgio Pulisci Piergiorgio Pulixi, edito Rizzoli.


“Il legame tra un padre e una figlia è qualcosa di sacro che niente e nessuno dovrebbe spezzare. Maria Donata aveva promesso al suo, Italo, che, per quanto fosse andata lontano da casa, avrebbe sempre trovato un modo di ritornare. Quando però viene uccisa, con indosso un abito da sposa che non le apparteneva, è Italo ad abbandonare la pace delle sue vigne nel sud della Sardegna e volare a Milano, dove la vita aveva portato Maria Donata, per prendersi cura del nipotino Filippo “Pippo” di due anni e scoprire cosa possa essere accaduto alla figlia. Dopo otto mesi di indagini infruttuose, l’omicidio però rischia di essere archiviato e Italo ha un’unica speranza: il criminologo Vito Strega. Già dai primi accertamenti, la sua squadra ha il sospetto che questa morte sia collegata a una serie di femminicidi che stanno scuotendo la città: un disegno criminale più ampio e oscuro, nel quale nessuna donna sembra essere al sicuro.”

Uno stile letterario preciso che dà vita a una narrazione non lineare che crea suspense e mostra diverse prospettive della storia. Un romanzo carico di situazioni, temi e luoghi che, pur sovrapponendosi, non generano confusione ma si completano perfettamente.
Un componimento -forte- ambientato in una Milano spietata, violenta e carica di crudeltà, dove i personaggi, ben caratterizzati, risultano essere tutti diversi soprattutto nell’animo. L’autore mostra una grande capacità riuscendo a calarsi nei meandri più scuri dell’essere umano dove gioia e dolore si mischiano, così come il bene e il male. Un’opera carica di attualità che affronta un tema difficile e delicato, quello della violenza di genere. Un argomento difficile e pericoloso da trattare. Pulixi lo fa senza cadere nella retorica, nel banale e nel -già detto-. Interessa e travolge il lettore con misura e delicatezza conducendolo passo dopo passo a quella disarmante quotidianità che sembra impossibile debellare: la -violenza contro le donne-.
Argomento trattato in tutte le sue forme: dall’annientamento della soggettività sul piano psicologico, economico e sociale, fino arrivare ai barbari omicidi.
L’autore ci fa amare, fin dalle prime pagine, Donata Seu, una ragazza tranquilla che dalla Sardegna va a vivere a Milano insieme al suo piccolo Filippo, senza sapere che proprio a Milano troverà la più brutale delle morti. Così come la troverà il padre di Donata, non nel fisico ma dentro -nel cuore-. Perché un femminicidio non riguarda solo la vittima ma anche tutti i suoi affetti.
Pulixi tratta questa striscia di sangue, che sembra non aver mai fine, con profondità d’animo. Per trattare un argomento di spessore come la violenza di genere non basta avere talento e non basta nemmeno conoscere la psicologia femminile. Serve avere cognizione e competenze sulle dinamiche sociali e sul patriarcato. Non basta leggere i giornali di cronaca, non basta dire: -Io sono contro-. Pulixi mostra tutto questo, spazia tra cultura e conoscenza di queste disarmanti dinamiche sociali che portano a epiloghi disperati.
Un romanzo giallo che non è solo un romanzo giallo. Questo libro è un noir che ci pone davanti a una domanda: nasciamo buoni e poi crescendo la società che ci circonda ci insegna il male? Oppure è solo una questione genetica che disegna la nostra indole?



giovedì 16 maggio 2024

Recensione de "La famiglia perfetta" di Shalini Boland, Newton Compton editori.

 Recensione de "La famiglia perfetta" di Shalini Boland, Newton Compton editori.


"Quest’anno, per le vacanze estive, Beth e Niall Kildare hanno deciso di fare le cose in grande: si scambieranno la casa con Renzo e Amber Mason. I Kildare e i loro figli trascorreranno l’estate nella stupenda villa italiana dei Mason, mentre questi ultimi la passeranno nell’accogliente cottage dei Kildare nel Dorset. La villa sulla Costiera amalfitana è davvero incredibile, e i Kildare si godono giornate all’insegna del sole e delle nuotate in piscina. Ma proprio quando sembra che nulla possa guastare la vacanza, Beth scopre in fondo a un armadio una vecchia foto che ritrae Niall insieme ad Amber Mason. I due si conoscevano già? E se è così, perché suo marito non gliel’ha detto? Beth decide di chiedere direttamente a Niall, ma l’atteggiamento elusivo del marito la fa andare su tutte le furie, tanto da spingerla ad allontanarsi per recuperare la calma. Quando ritorna alla villa, trova Niall riverso sulla terrazza della piscina. Morto. Chi può aver fatto una cosa simile? E, soprattutto, lei e i bambini sono in pericolo? La vacanza da sogno si trasforma così nel più spaventoso degli incubi…”

Un romanzo giallo molto accattivante.
La narrazione si sviluppa in prima persona, attraverso l’alternarsi di due voci femminili, quella di Beth e Amber, le due protagoniste. La Boland è molto abile nel passare da un personaggio all’altro. Lo stile narrativo è semplice e il ritmo è rapido e incalzante. Le descrizioni degli ambienti e la caratterizzazione dei personaggi sono pressoché perfetti. Un giallo carico di luci e ombre. Amore e odio si alternano così come il dolore e la gioia. Ottimi tutti gli show, don't tell. La Boland sa come arrivare al lettore toccando le sue corde più sensibili portando a galla emozioni contrastanti.
“La famiglia perfetta” risulta essere un ottimo giallo grazie anche ai dialoghi così precisi, curati e mai ripetitivi. Vivace e dettagliata la descrizione dei due mondi, quello di Amber (costiera amalfitana) e quello di Beth (Inghilterra). L’autrice descrive magistralmente le dinamiche tossiche che possono instaurarsi in una coppia. Ottimo il finale che risulta essere conforme alla trama e nello stesso tempo inaspettato.
“L’amore non è semplicemente un sentimento. È una cosa fisica, tangibile. Una cosa terribile”
Forse… o forse no, aggiungo io.



domenica 28 aprile 2024

Recensione de "La storia della casa dei sogni" di Silvio Zenoni edizioni Leucotea.it.

Recensione de "La storia della casa dei sogni" di Silvio Zenoni edizioni Leucotea.it.


“Un ragazzo che desidera trascorrere l’ultima notte con la sua amante, un poeta in cerca della parola per concludere la sua opera, un contadino che vuole vedere per l’ultima volta il suo paese. Questi e altri sono i personaggi che abitano la casa, un particolarissimo hospice per malati terminali dove “coloro che sono affetti da patologie polmonari possono fumare all'impazzata, i cardiopatici possono correre per tutto il giardino, i diabetici rimpinzarsi di ogni tipo di dolci”. In questo luogo estremo e paradossale approda Anna, una cartomante sensitiva che stravolgerà per sempre la storia della casa e i destini degli ospiti, vaticinando avvenimenti felici.”

Con una scrittura chiara e frizzante, l’autore ha confezionato un piccolo romanzo che arriva al cuore fin dalle prime pagine. È la storia di un hospice dove, al contrario di quello che normalmente viene da pensare quando si parla di queste strutture, la protagonista è la vita. E non la morte. La vita che fa sognare, la vita che ha ancora da argomentare e desiderare. Ambienti ben descritti. Personaggi caratterizzati in modo empatico che prendono il lettore per mano e lo conducono nelle loro vite e desideri. Non basta la diagnosi infausta che è stata fatta a loro per convincerli a morire prima, a considerarsi già morti. Con la morte ci giocano grazie alla complicità che hanno avuto e che ancora hanno con la vita. E poi c’è Anna, personaggio favoloso. Anna e le sue carte che mescola, dosa e usa con cura.
Non è facile trattare di certi argomenti così come ha fatto Zenoni. Ci vuole una buona dose di intelligenza emotiva, coraggio e determinazione. Il rischio di cadere nel banale poteva essere dietro l’angolo ma l’autore è riuscito a proseguire sempre dritto percorrendo una strada che gli era ben chiara fin dall’inizio senza prendere mai svolte brusche e improvvise. Svolte che avrebbero potuto deludere il lettore. Anzi, l'autore stupisce il lettore pagina dopo pagina, soprattutto con un finale inaspettato.
-La storia della casa dei sogni- è un romanzo utile, un romanzo che nonostante l’argomento fa sorridere. È un abbraccio caldo. Un abbraccio che profuma di vita.



domenica 21 aprile 2024

Recensione di "Io sono Marie Curie" di Sara Rattaro, edizioni Sperling & Kupfer

 Recensione di "Io sono Marie Curie" di Sara Rattaro, edizioni Sperling & Kupfer

Parigi, 1894. Mentre si immerge nelle intricate ricerche per la sua seconda laurea in Matematica, dopo aver conseguito quella in Fisica, Marie s'imbatte in Pierre, un animo affine in grado di decifrare la sua mente complessa. Tra loro nasce un connubio di intelletti straordinari, uniti dalla sete di conoscenza e dalla volontà di esplorare insieme gli enigmi dell'universo. Tuttavia, Marie fin da giovane si rivela essere una donna particolare: rifiuta il destino di moglie tradizionale, respingendo l'idea di confinarsi tra le mura domestiche. Per lei, l'amore per la scienza è un compagno di viaggio nel sogno comune, un'ossessione che la guida lungo un percorso inedito. Quando si ritrova improvvisamente sola, costretta a confrontarsi con l'ostilità dell'ambiente scientifico maschilista e conservatore, inizia una battaglia per affermare la sua identità e il suo ruolo nel mondo. La vita di Marie prende così svolte inaspettate, mettendo alla prova la sua forza e la sua determinazione. Tra avventure misteriose e sfide personali, la scienziata che avrebbe successivamente conquistato ben due premi Nobel si trova a lottare non solo contro le forze della natura, ma anche contro un'epoca che fatica ad accettare il genio femminile.”

In questo romanzo Sara Rattaro racconta la storia di Marie Curie. Lo fa con cura, passione e amore. Scrive con determinazione e con una finalità ben precisa, ovvero accendere un riflettore sulla figura di Marie Curie, una donna straordinaria, una scienziata che ha posto il suo lavoro al centro della sua esistenza. La Curie non è stata solo una donna intelligente ma anche una donna coraggiosa. Una donna che non ha avuto paura di affermare ciò che pensava, che è riuscita a tenere testa a un mondo, quello della scienza, governato da uomini, la maggior parte dei quali non la rispettavano in quanto scienziata, ma la giudicavano in quanto femmina, essere inferiore agli uomini.

Un’esistenza tutta meno che facile quella della Curie che, però, ha saputo gestire con intelligenza e fermezza. Ha rischiato la vita pur di studiare in Polonia, una terra in cui, in quei tempi, era proibito alle ragazze di farlo. In seguito ha sacrificato la sua salute pur di scoprire la radioattività. Ha amato profondamente la sua famiglia, suo marito (Pierre Curie) e le sue figlie. E, anche dopo la morte di Pierre, continuerà ad amare...

La Rattaro sceglie di raccontare questa storia in prima persona, usando una penna delicata, limpida e misurata. Le parole sono ben dosate, anche quando vengono affrontati gli argomenti scientifici. Già dalle prime pagine si percepisce il rispetto che l’autrice porta per Marie Curie, per quello che è stata, per quello che ha trasmesso, per quella forza dirompente che l’ha contraddistinta nell’ambiente scientifico.

Nello scrivere questi tipi di storie, il rischio di cadere nel banale e nel già detto è dietro l’angolo. La bellezza di questo romanzo sta nella bravura della Rattaro che anche questa volta è riuscita a dipingere emozioni attraverso l’uso delle parole. Gioia, dolore, abbandono, sconforto sono descritti così bene che il lettore li condivide con i suoi personaggi. Sono pagine straordinarie che raccontano una storia straordinaria. Pagine che andrebbero portate sui banchi di scuola. Le giovani leve dovrebbero poter dire: “Io so chi è Marie Curie. Una donna che affermava che la vita non è facile per nessuno. Ma che importa? Dobbiamo avere perseveranza e fiducia in noi stesse. Dobbiamo credere di essere dotate per qualcosa e questo qualcosa dobbiamo scovarlo.”









sabato 6 aprile 2024

Recensione di "Chi dice chi tace" di Chiara Valerio, edizioni Sellerio.

Recensione di "Chi dice chi tace" di Chiara Valerio, edizioni Sellerio.


“Scauri, affacciato sul Tirreno, è l’ultimo paese del Lazio, un posto né bello né brutto, con una sua grazia scomposta. Qui negli anni Settanta si trasferisce Vittoria, è arrivata assieme a Mara, forse l’ha adottata, forse l’ha rapita, si dicono tante cose. Vittoria, con la sua risata che comincia bassa e finisce acuta, è una donna distaccata e affabile, accogliente ed evasiva; ha comprato una casa nella quale tutti possono entrare e uscire, ha aperto una pensione per animali quando in paese i veterinari si preoccupano solo di mucche e conigli. Vittoria non ha mai litigato con nessuno, non ha mai cambiato taglio di capelli. La sua generosità è inesauribile, alcune sue abitudini sono diventate moda comune. Il paese non la capisce, eppure si sente attratto da lei.
Vittoria viene ritrovata morta nella vasca da bagno, uno stupido incidente, una fine improbabile. Il paese accetta, perché sa capire le disgrazie e tace, Lea Russo invece no. Lea, che fa l’avvocato, ha un marito, due figlie e una vita ricca di impegni, è sempre stata affascinata da Vittoria. Non vuole accontentarsi di ciò che ha avuto sempre davanti agli occhi. Vuole capire come è morta Vittoria, e chi era davvero. Ciò che emerge della donna, del suo passato insospettabile, spinge Lea Russo lungo un sentiero su cui è difficile avanzare, e dal quale è impossibile tornare indietro. Qui scopre l’evanescenza dell’identità, la sua e quella di tutti. Qui scopre, senza riuscire a contarle, quante sono le facce della violenza. Storia nera di personaggi, indagine su una provincia insolita, ritratto di donne in costante mutazione. In Chi dice e chi tace niente rimane mai fermo, le passioni, le inquietudini, le verità e gli enigmi, i silenzi del presente e il frastuono del passato: tutto sempre si muove, tutto può sempre cambiare.”

Uno stile, oserei dire, rapido. Forse troppo rapido. L’autrice scrive come se avesse fretta di annotare pensieri e concetti sulla carta. Forse ha paura di dimenticare? Non usa la punteggiatura nei dialoghi e il suo modo di narrare ricorda le “chiacchiere” davanti ai banconi del bar, quelli dei genitori davanti alle scuole o di due che se la raccontano seduti su una panchina. Riproduce il parlato quotidiano. Il suo quotidiano, quello di Scauri inserendo, a volte, frasi dialettali. L’amore per il suo paese lo si tocca con mano, così come l’orgoglio di appartenere a quella terra che le ha dato i natali. Una storia narrata con una grande capacità di sintesi che, a mio parere, fa venir meno le emozioni. Sono state diverse le volte che leggendo ho perso il filo. Sicuramente ha una sua logica narrativa, altrimenti questo romanzo non sarebbe stato candidato allo Strega e tanto meno sarebbe finito nella -dozzina- di quei romanzi che ora si disputano uno dei più importanti premi letterari. Una storia di vita carica di dubbi, dolori, certezze e di verità taciute. Siamo veramente quello che appariamo? E soprattutto ci piace quello che siamo?
"Chi dice e chi tace" è un romanzo che ti mette davanti a un bivio: ti piace o non ti piace?
Potrei rispondere: forse. A dire il vero, pensandoci bene, se fosse stato scritto diversamente, mi sarebbe piaciuto molto. Ogni scrittore ha un proprio stile. È lo stile che fa la differenza. E lo stile come un libro, come un film… come un vestito o piace o… non piace.


sabato 23 marzo 2024

Recensione de "La custode del miele e delle api" di Cristina Caboni - autrice Garzanti Libri.

Recensione de "La custode del miele e delle api" di Cristina Caboni - autrice Garzanti Libri.


“Angelica non è mai riuscita a mettere radici. Non ha mai voluto legarsi a niente e nessuno, sempre pronta a fuggire da tutto per paura. C'è un unico posto dove si sente a casa, ed è tra le sue api. Avvolta dal quieto vibrare delle loro ali e dal profumo intenso del miele che cola dalle arnie, Angelica sa di essere protetta e amata. È un'apicoltrice itinerante e il miele è la sola voce con cui riesce a far parlare le sue emozioni. Perché il miele di lavanda può calmare un animo in tempesta e quello di acacia può far ritrovare il sorriso. E Angelica sa sempre trovare quello giusto per tutti, è il suo dono speciale. A insegnarglielo è stata Margherita, la donna che le ha fatto da madre durante l'infanzia, quando viveva su un'isola spazzata dal vento al largo della Sardegna. Dopo essere stata portata via da lì, Angelica ha chiuso il suo cuore e non è più riuscita a fermarsi a lungo in nessun luogo. Ma adesso il destino ha deciso di darle un'altra possibilità. C'è un'eredità che l'aspetta là dove tutto è cominciato, su quell'isola dove è stata felice. C'è una casa che sorge fra le rose più profumate, un albero che nasconde un segreto prezioso e un compito da portare a termine. E c'è solo una persona che può aiutarla: Nicola. Un uomo misterioso, ma che conosce tutte le paure che si rifugiano nei grandi occhi di Angelica. Solo lui può curare le sue ferite, darle il coraggio e, finalmente, farle ritrovare la sua vera casa. L'unico posto dove il cuore può essere davvero libero.”

Uno stile letterario efficace, elegante, a tratti poetico che porta a galla emozioni, sentimenti, stati d’animo. Una storia delicata intrisa d’amore, di speranza e determinazione. L’autrice parla della sua passione per la natura e del suo legame con la terra. Racconta la sua dedizione al lavoro di apicultrice. I riferimenti al miele sono interessanti e ben inseriti nella trama.
Un intreccio ben congegnato che descrive la forza dell’amore che tutto muove e tutto salva.

domenica 10 marzo 2024

Recensione di "Tra il silenzio e il tuono" di Roberto Vecchioni Einaudi editore.

 

Recensione di "Tra il silenzio e il tuono" di Roberto Vecchioni Einaudi editore.

“C’è un’età della vita in cui si può trovare una voce pura: una voce tra il silenzio e il tuono. Non c’è un altro modo per parlare di sé, forse, quando guardarsi indietro, e dentro, è lo stesso movimento.
E tutto, proprio tutto – le gioie, i dolori, la scoperta dell’amore come quella della morte – è in noi con la stessa forza. Attraverso le lettere di un ragazzo che cresce e di un misterioso nonno, Roberto Vecchioni ha scritto il suo romanzo più intimo e struggente.”

Svariati silenzi e altrettanti tuoni. E questo ciò che si legge in questo romanzo. Cosa c’è in mezzo, cosa c’è tra il silenzio e il tuono? Forse la vita, sicuramente l’amore, il dolore descritto con grande maestria. E come potrebbe non esserci “maestria” quando si parla di Vecchioni?
Cinquantatré lettere, cinquantatré episodi che catturano il lettore ponendolo davanti a una disarmante verità, a una realtà abbagliante. Passato e presente mescolano le carte e, a volte, quelle stesse carte le confondono. Non è un vero romanzo epistolare o perlomeno non lo è nel senso vero del termine. C’è Vecchioni che scrive e narra al nonno, che non gli risponde mai, gli eventi più significativi della sua vita, raccontandoglieli mentre accadono. Lo troviamo a dieci, quindici, trenta, ottant’anni. Troviamo la sua infanzia, la sua giovinezza, il suo amore per lo studio, in particolare per il greco. Racconta delle sue canzoni, dei suoi compagni di viaggio, delle sue donne, dei suoi amori e delle sue canzoni.
E poi ci sono le lettere indirizzate a personaggi come Corrado Augias, al monsignor Ravasi, ad Arnoldo Mosca Mondadori, al comandante dei vigili urbani di Milano… giusto per citarne qualcuno. E in queste lettere affronta i più svariati argomenti: dagli ingorghi stradali a Schubert.
Tutte scritte con dedizione, con cura, con passione.
Uno studente che affronta gli esami che poi diventa un professore che sale in cattedra, che si trasforma in un cantautore che sale su un palco, un marito che ama la moglie e i suoi figli, un uomo che si ammala… ma, soprattutto, un uomo che passa attraverso il dolore più atroce, quello della morte di un figlio.
Vita interiore ed esteriore vissuta tra tuoni e silenzi. Si legge la gioia, si osserva il pianto, si ascolta il lamento. Tutti particolari della vita che Vecchioni ha piacere di condividere con il lettore. E quest’ultimo non può che sentirsi simile a lui. Buttiamo via il nostro tempo cercando di essere migliori degli altri ridicolizzandoci e banalizzandoci, perché il confronto, spesso, brucia sulla pelle. Perdiamo di vista il fatto che solo l’amore può salvarci, può zittire il rumore che viene da fuori, chiudere le bocche di chi chiacchiera producendo suoni ma non parole. Solo l’amore può salvarci dall’oscurità e dall’abbandono. Credo che sia proprio questo il messaggio che, attraverso questo libro, Vecchioni vuole lanciare e lasciare. In fondo provare dolore e provare gioia ci rende umani, ci rende vivi. Spesso questo ce lo dimentichiamo, come scordiamo il fatto che “venire al mondo è stata proprio una gran botta di culo”.
“Nessuna fine ti addormenti l’amore”, scrive Vecchioni mentre parla del figlio che è partito per quel lungo viaggio.
E così deve essere.


lunedì 19 febbraio 2024

Recensione di "Immemòriam" di Giulia Depentor, Feltrinelli Editore

Recensione di "Immemòriam" di Giulia Depentor, Feltrinelli Editore


"Visitare i campisanti, leggere le lapidi, osservare le foto dei defunti sono attività piene di sorprese e un modo per conoscere culture e popoli. "In questo libro, una sorta di atlante cimiteriale, vi porterò con me in giro per l’Italia a visitare cimiteri e luoghi legati alla morte, e ve ne racconterò storie, misteri, aneddoti e tradizioni. Andremo di fronte alle tombe di personaggi famosi, esploreremo cimiteri abbandonati su cui circolano strane leggende, ripercorreremo eventi della storia italiana, indagheremo su delitti rimasti senza colpevoli e racconteremo vicende quasi dimenticate.” Se è vero, come dice qualcuno, che i cimiteri sono luoghi fatti dai vivi per i vivi e dove i morti in realtà c’entrano poco, è anche vero che tutte le storie, anche quelle apparentemente insignificanti, meritano di essere raccontate. E le storie, nei cimiteri, non finiscono mai."

Questo libro non poteva che entusiasmarmi. La mia “passione” per i cimiteri è ben nota a tanti. Ognuno, in fondo, ha le proprie di passioni. E il mio ottavo libro parla proprio di questo: della vita nei cimiteri…
Giulia Depentor con una scrittura chiara e al contempo frizzante narra di tombe, di cappelle funebri, di cenotafi, lapidi, loculi, mausolei, sarcofaghi, sepolcri, urne…
Lo fa con disinvoltura senza cadere nella banalità e senza essere mai troppo didascalica. Non ha la presunzione di insegnare ma semplicemente di condividere quello che ha appreso girovagando per cimiteri su e giù per l’Italia e anche all’estero.
Sono tante le cose che racconta e vado a citarvene qualcuna.
Ci narra che a Napoli, oltre al più famoso cimitero delle Fontanelle, è presente quello delle 366 fosse, dove i defunti venivano sepolti in una buca differente l’una dall’altra a seconda del giorno in cui morivano.
Ci rende edotti del fatto che esistono cimiteri dove non c’è nemmeno una croce, dove i morti sono indicati solo da un numero, come nel cimitero del manicomio abbondonato di Volterra.
Ci spiega che Garibaldi voleva essere cremato ma che, in un primo momento, la cremazione fu impedita, perché il governo italiano voleva mostrare la sua salma…
Stimola la nostra curiosità quando narra che alcune delle mummie meglio conservate al mondo non si trovano al Cairo e nemmeno a Torino nel museo Egizio, ma a Palermo in una cripta.
Insomma, in poche parole Giulia, come me, crede che i cimiteri siano in grado di raccontare la vita, le storie di chi ha oltrepassato il ponte, quello che attraverseremo tutti.
Parla di uguaglianza davanti alla morte, perché la morte “livella” tutti come afferma Totò nella sua poesia ‘A livella’. Antonio De Curtis affronta con ironia e leggerezza il tema della morte, ricordando come al di là delle professioni e posizioni che occupiamo in vita, davanti all’ultimo passo siamo tutti uguali e umani.
Giulia Depentor ha scritto un libro di “nicchia”, questo è vero, ma gli appassionati dei cimiteri sono molti di più di quello che si pensa. Io nei cimiteri respiro la vita e soprattutto do alla vita il valore che merita e credo che questo sia così anche per l’autrice.


venerdì 2 febbraio 2024

Recensione di "Un caldo mortale" di Nora Venturini, Edizioni Mondadori.

Recensione di "Un caldo mortale" di Nora Venturini, Edizioni Mondadori.


“Ci troviamo a Torvajanica, luogo noto ai romani per i continui episodi di violenza - risse, spaccio, aggressioni... Ma quando il commissario Raggio arriva sul posto con il suo vice Milillo scopre che la vittima, Davide Jodice, è un cittadino incensurato, un operatore sanitario a cui nessuno poteva voler fare del male. Un uomo mite che viveva solo con il suo cagnolino, insieme al quale aveva l'abitudine di fare lunghe passeggiate sulla spiaggia non ancora affollata, al mattino presto o di sera tardi. È così che ha incontrato il suo assassino?”

Una scrittura precisa per una storia in cui tutto quadra. Il racconto risulta essere magistralmente costruito, anche il più piccolo dettaglio ha un significato ben preciso. Ambienti perfettamente descritti, dialoghi ben articolati, soprattutto quelli con l’inflessione dialettale. Fin dalle prime pagine il lettore capisce di essere davanti a un racconto giallo intrigante dal ritmo incalzante. Personaggi veritieri di un’umanità disarmante con pregi e difetti.


sabato 20 gennaio 2024

Recensione di "Semina il vento" di Alessandro Perissinotto, Edizioni Piemme

Recensione di "Semina il vento" di Alessandro Perissinotto, Edizioni Piemme


"Braccio 6, nel reparto di massima sicurezza di un carcere del Nord Italia. Sulle labbra, la dichiarazione di innocenza; tra le mani, il giornale che ritrae in prima pagina il corpo senza vita di sua moglie. Su consiglio del proprio avvocato, Giacomo decide di raccontare la propria vicenda, l'inevitabile serie di eventi che lo ha condotto in quella cella. E così torna all'epoca in cui, per riuscire a sopravvivere a Parigi, alternava il lavoro di curatore di mostre per bambini, a quello di cameriere. Era in quel periodo che aveva conosciuto Shirin. Non l'aveva trovata subito bella, almeno non nel senso consueto del termine; era stato attratto piuttosto dalla storia che i suoi occhi sembravano celare, da quel profondo distacco verso chi le stava accanto, come se per lei la vita vera fosse altrove. Ci sono amori che iniziano all'improvviso, con notti memorabili, il loro invece era nato con la lentezza inesorabile delle cose fatte per durare. L'innamoramento, il matrimonio e poi la decisione che avrebbe cambiato le loro vite per sempre: lasciare Parigi per trasferirsi a Molini, sulle montagne piemontesi, nel paese dove lui era nato. Ma nessun luogo è al riparo dal vento dell'odio, dal fanatismo delle religioni, dall'arroganza del potere, dall'intolleranza strisciante. Così il paradiso aveva cominciato a scivolare verso l'inferno, prima piano, poi sempre più rapidamente, fino ad arrestarsi lì, in quella cella, con il tormento del ricordo d'un amore reso perfetto dalla morte."

Con uno stile chiaro l’autore tratta un tema molto delicato. Mostra una città e i suoi abitanti così operosi e uniti nel promuovere idee razziste. Lo fa in maniera esemplare perché scevro da giudizi. Con eleganza e cura, Perissinotto affonda la penna per portare a galla l’ostilità e l’odio verso chi “non è come noi”, verso l’estraneo, quello che viene considerato l’intruso, quello che dovrebbe tornare “a casa sua”.
Il ritmo narrativo, per tutta la durata del romanzo, è in una tensione crescente, mentre risulta lenta la narrazione. Ciò può risultare fastidioso ma in realtà è necessario per fare in modo che il lettore comprenda la storia di Shirin, la straniera, quella che sicuramente prima o poi sbaglierà.
Shirin è forte, è brava, talmente brava che riesce a controllare la rabbia.
«Così brava ad esprimere tenerezza con le parole, Shirin era, al contrario, totalmente incapace di tirar fuori la rabbia. La collera le si cristallizzava nell’iride e cresceva dentro».

L’esclusione dell’altro, il cercare sempre il difetto nell’altro, travolgerà anche Giacomo, il marito di Shirin. Il loro matrimonio incomincerà a vacillare. Il giudizio altrui prenderà il sopravvento mettendolo al tappetto.
«Tra due persone, anche i silenzi posseggono sfumature di senso. Avevamo conosciuto i silenzi degli innamorati e entrambi sapevamo che quello che calava tra noi non lo era… L’amore non era scomparso, ma né io né lei avevamo voglia di cercare, schiacciati com’eravamo dal peso delle scelte sbagliate.»

Un romanzo che fa riflettere su quanto sia dannoso il giudizio degli altri, soprattutto quando è basato sull’ottusità, sulla chiusura mentale e sull’ignoranza.
Le scelte narrative dell’autore risultano essere originali e, soprattutto, utili per non far calare mai l’attenzione del lettore.



domenica 14 gennaio 2024

Recensione di "Mio fratello rincorre i dinosauri" di Giacomo Mazzariol Giacomo Mazzariol, edito Giulio Einaudi Editore.

Recensione di "Mio fratello rincorre i dinosauri" di Giacomo Mazzariol Giacomo Mazzariol, edito Giulio Einaudi Editore.


"Hai cinque anni, due sorelle e desidereresti tanto un fratellino per fare con lui giochi da maschio. Una sera i tuoi genitori ti annunciano che lo avrai, questo fratello, e che sarà speciale. Tu sei felicissimo: speciale, per te, vuol dire "supereroe". Gli scegli pure il nome: Giovanni. Poi lui nasce, e a poco a poco capisci che sì, è diverso dagli altri, ma i superpoteri non li ha. Alla fine scopri la parola Down, e il tuo entusiasmo si trasforma in rifiuto, addirittura in vergogna. Dovrai attraversare l'adolescenza per accorgerti che la tua idea iniziale non era così sbagliata. Lasciarti travolgere dalla vitalità di Giovanni per concludere che forse, un supereroe, lui lo è davvero. E che in ogni caso è il tuo migliore amico."

La storia è raccontata da Giacomo, l’autore di questo romanzo straordinario. Straordinario per la sua singolarità, per la capacità di far sentire il lettore parte integrante di una storia, quella della disabilità, la vera protagonista di questo libro. E ci riesce benissimo, lo fa in maniera divertente e leggera, attraverso le più svariate emozioni. Narra di suo fratello Giovanni, un ragazzo affetto dalla sindrome di Down. Di lui racconta la sua gioia di vivere, mostra la vita vista dai suoi occhi, attraverso una comunicazione non sempre chiara ma affascinante. Giovanni è un concentrato di genialità, di gesti unici e istintivi carichi di amore verso la quotidianità, verso quello che spesso viene dato per scontato. A modo suo Giovanni grida, a volte sussurra, a volte disarma, come quando torna a casa tutto felice e annuncia di essersi sposato. Insegna Giovanni. Insegna quando ruba il cappello a un barbone e scappa via, quando in mezzo alla piazza trascina tutti in un ballo. Insegna ad amare la vita, insegna come andrebbe vissuta la vita, come un Supereroe. Perché lui è questo: un eroe proprio super.
Giacomo Mazzariol sa scrivere, su questo non c’è dubbio. La costruzione dei dialoghi è perfetta, reale, così come i dubbi, le frustrazioni, le paure le angosce che mostra. Reali sono le gioie, l’allegria che un “ragazzo Down” sa donare.
Giacomo Mazzariol, però, non sa solo scrivere, non sa solo usare le parole. Giacomo sa emozionare attraverso le parole. Non c’è pagina di questo romanzo che non lo dimostri.
Conosco questa sindrome, so cosa toglie e cosa lascia. Conosco il sentimento d’affetto che, coloro che ne sono affetti, riescono a tirare fuori. Conosco l’amore che sanno donare, so benissimo quale siano le loro attenzioni verso il prossimo. Per loro i regali si fanno sempre, non solo a Natale. E sanno cogliere nelle piccole cose, quello che di grande c’è.
Viva Giacomo. E viva suo fratello Giovanni.